Siccome c’è chi si vanta di aver dato a Manfredonia un teatro, senza averne titolo alcuno, penso sia giunto il momento che io vi racconti la vera storia di quel teatro, all’interno della più complessiva ristrutturazione della Scuola Media “Perotto” di Manfredonia. Forse la meglio attrezzata della Puglia.
La storia che io racconto riguarda un impegno lungo circa dodici anni ed ha interessato sette amministrazioni comunali, cinque sindaci (Castriotta, Sinigaglia, Dicembrino, Prencipe, Campo) e due Commissari prefettizi (Ricucci e Ciliberti).
Appena arrivato alla direzione nella Scuola Media “N. Perotto” di Manfredonia, un giorno di novembre 1990, ebbi come un’illuminazione che mi portò presso lo studio dell’ing. Michele Cannito, da me conosciuto come membro del Consiglio circoscrizionale che presiedevo, e dopo aver girovagato un pomeriggio intero nel suo ufficio, rovistando tra i tanti rotoli sparsi qua e là, ne ho trovato uno che conteneva un riferimento alla scuola “Perotto” e gli chiesi cos’era. Lui mi rispose che quel rotolo non conteneva niente d’importante, sicuramente niente che riguardasse una ristrutturazione, ma era solo un progetto di adeguamento dell’impianto elettrico della mia scuola, richiesto dal Comune e mai richiamato.
Io, pur perfettamente ignorante di questioni edilizie, ma con una certa testardaggine, gli chiesi di farmi vedere i termini dell’incarico e, quando ne lessi il dispositivo, mi accorsi che in realtà esso, pur riferendosi effettivamente alla sola revisione dell’impianto elettrico, aggiungeva la frase conclusiva: “ed altri adeguamenti previsti dalle nuove norme”. E da qui io non ho più abbandonato il campo ed alle perplessità dell’ing. Cannito risposi con la cocciutaggine di un mulo e, quando lui mi disse che quel progetto era stato abbandonato per disinteresse del Comune, gli risposi che avrei risollevato io quell’interesse, che quel progetto si poteva riprendere ed ampliare perché alla necessità di un nuovo impianto elettrico erano sopraggiunte esigenze e norme relative alle aule speciali, alla dotazione di spazi per le attività d’integrazioni degli alunni diversamente abili (L. 517/77), nonché all’abbattimento delle barriere architettoniche. Ed aggiunsi: “Fidati di me, mettiti a lavorare per fare della mia scuola una istituzione al passo coi tempi. Io, da parte mia m’impegno, fin da ora, a fare in modo che il tuo lavoro venga adeguatamente riconosciuto”.
Con qualche perplessità e molto scetticismo, l’ingegnere Cannito prese a lavorare ed io ne approfittai per far sì che, per una volta, un tecnico potesse avere l’apporto del “padrone di casa”, anche se le idee che di volta in volta gli portavo, relative alle esigenze didattiche e funzionali della mia scuola, lo costringevano a fare e rifare continuamente i suoi disegni ed i calcoli. Poi andai all’attacco delle amministrazioni e dei tecnici comunali, sperando che la politica non mi mettesse il bastone tra le ruote e di occasioni ne hanno avute e non posso sottacere che, non poche volte, hanno fatto di tutto per guastarmi l’impresa, accusandomi di volere la luna nel pozzo. Ma io non feci altro che incalzarli, perché volevo arrivare all’approvazione conclusiva del progetto, ben sapendo che le amministrazioni comunali si lamentano tanto che i soldi per le opere non arrivano, ma intanto spessissimo non hanno pronto alcun progetto esecutivo per chiedere e riuscire ad ottenerne il necessario finanziamento; ed anche ero consapevole che dello stanziamento (quattromila miliardi di lire) messo a disposizione dalla legge Falcucci (1986), destinato alla ristrutturazione delle scuole del Sud, erano stati richiesti ed ottenuti dai Comuni meridionali soltanto 386 milioni.
Ma il primo importante blocco avvenne proprio al momento di ottenere l’approvazione del progetto da parte della Giunta. Dopo diverse riunioni, nelle quali gli assessori rimandavano la decisione, l’assessore ai LL.PP. uscì dalla sala di Giunta e mi disse: “Vedi Italo, il progetto per essere approvato non può portare il nome dell’ingegnere che l’ha redatto, perché lì dentro ci stiamo scannando, ognuno volendoci mettere un proprio protetto. Allora per adesso non ti meravigliare se approviamo il progetto, senza decidere il nome del tecnico che curerà la sua stesura definitiva, poi vedremo più avanti cosa fare.”
Accettai, ma non sentendomi a mio agio nei riguardi di chi aveva lavorato tanto, senza garanzia alcuna di riconoscimento. Comunque l’Amministrazione comunale decise l’approvazione del progetto e, dopo un lungo tormento, approvò anche il nome dell’ingegnere; così rimaneva soltanto da fare la richiesta di finanziamento alla Cassa Depositi e Prestiti.
Eppure, incredibilmente, quest’ultima decisione non riusciva a trovare la luce, per tre anni. “Ma perché?”, mi chiedevo. Allora mentre me lo chiedevo, misi sotto scacco l’intera Amministrazione Comunale, con ripetute assemblee dei genitori degli alunni, petizioni di protesta da parte di tutti i docenti della scuola, e stimolando numerosi articoli di giornale che mettevano in evidenza la fatiscenza della “Perotto” ed i rischi per l’incolumità e la salute degli alunni. Fu perfino coniata una frase significativa della situazione, stampata su tutte le lettere intestate della scuola: “IL GRANDE DELLA PEROTTO NON PUÒ CADERE A PEZZI”. Dopo tutto questo e i numerosissimi incontri, non tutti tranquilli, con gli amministratori della città, venni infine chiamato, con urgenza e riservatamente, da un altissimo dirigente del Comune, che mi disse: “Il progetto andrà avanti, la scuola si farà. Finora abbiamo salvaguardato un’altra scuola, in cui insegna un nostro assessore, preoccupato che, se la tua scuola sarà così bella come l’abbiamo approvata, la sua avrà una notevole riduzione di alunni e potrebbe anche chiudere… Ma noi allora non immaginavamo tutto quello che sarebbe successo: le assemblee, le firme e tutto il resto. Dunque è stato deciso: la scuola si farà, ma tu non dirlo a nessuno, e soprattutto non agitare più le acque, perché sarebbe un rischio anche per te!”
Ed io me ne sono andato felice, ma molto deluso pensando che la politica non sempre punta a risolvere i problemi della città, anche perché l’altra scuola avrebbe potuto risolvere le sue esigenze strutturali percorrendo le stesse strade lecite che avevamo percorso noi.
Un discorso a parte merita il teatro della Scuola Media “Perotto” di Manfredonia, che ha richiesto un notevole impegno da parte del tecnico compilatore. Quando abbiamo steso la relazione giustificativa per il Ministero della P.I. abbiamo lamentato che il Preside ed i professori non potevano mai incontrare tutt’insieme gli alunni (circa 900); affermato che la scuola non è scuola senza teatro e le altre attività di spettacolo; che la nostra scuola era stata prescelta e finanziata, nell’ambito della sperimentazione del “Progetto autonomia”, anche perché svolgeva molte attività di recitazione. Nella relazione allegata al progetto ed inviata al Ministero della P.I. dicevamo tutto questo e, tuttavia, si affermava che una volta ottenuta la struttura per le attività teatrali, la scuola avrebbe messo volentieri il nostro auditorium a disposizione delle altre scuole e associazioni locali, per manifestazioni artistiche e/o culturali.
Sebbene mi dispiaccia per lo scippo perpetrato ai danni della mia ex scuola, di una struttura cui ho dedicato molti anni della mia vita professionale, sono fiero di avere contribuito in ogni caso a dotare la città di un bellissimo teatro. Ma nei miei anni d’impegno non avrei mai immaginato che di tale magnifica struttura non avrebbero fruito né la mia né le altre scuole della città, le associazioni culturali e la cittadinanza; soprattutto ch’essa dovesse di fatto essere destinata ad un uso privato, aperta a pochi e, il più delle volte, dietro pagamento.
Spero di aver dato, con gli ultimi elementi, anche la possibilità di compiere un atto di verità, che possa servire affinché la nostra città possa giustamente valorizzare una struttura pubblica di incommensurabile valore formativo, da mettere a disposizione non di pochi, ma dell’intera nostra comunità.
Italo Magno
Conoscendo Italo sono certo che qianto scritto corrisponde tutto a verità; peccato solo che abbia tanti nemici e specialmente proprio fra quelli che gestiscono il teatro e che sono diventati qualcuno grazie a lui senza riconoscerglielo. Fino a qualche anno fa stavano rintanati in un mezzosottano vicino al corso e adesso sono diventati il padreterno! Almeno un pò di riconoscimento verso il fautore della struttura.