Martedì 16 Luglio 2024

I sette misteri della politica manfredoniana (di S. Cavicchia)

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Prima parte.

Per capire il presente della lotta politica a Manfredonia è necessario anche rifarsi al passato, a questi ultimi vent’anni ed a ciò che, nascosto e sotterraneo, si è mosso ed è rimasto latente ed indefinito nella coscienza e conoscenza cittadina. Le storie di vita sono un metodo qualitativo di indagine molto usato in antropologia e sociologia per individuare tendenze di fenomeni collettivi, quale è la lotta politica, e la loro rappresentazione. Utilizzando questa prospettiva metodologica si pone l’attenzione su sette storie, sette misteri politici, con una analisi molto sintetica dato che per una loro piena comprensione è fondamentale sia l’apporto che potranno e vorranno dare gli stessi protagonisti delle vicende, sia l’immaginario collettivo, poiché le storie personali si intrecciano necessariamente con quelle cittadine e pubbliche. Anche per consentire qualche risposta perché domande in tal senso vengono direttamente dai sipontini.

IL CASO GAETANO PRENCIPE: PERCHÉ NON SI RICANDIDÒ A SINDACO NEL 2000?

Era il 1995 e la scelta del candidato Sindaco da parte del centro sinistra cadde su Gaetano Prencipe poiché fu ritenuto elemento catalizzatore di un elettorato plurimo ed, in quel momento, più vicino e rispondente ai sentimenti della mobilitazione cittadina contro l’inquinamento dell’Enichem e per la difesa della salute. A suo sostegno si attivò l’Ulivo, costituito prevalentemente da un gruppo di giovani cittadini, per lo più autonomi e svincolati dai partiti, che animarono la città con un fermento ed una vitalità nuova, esprimendo partecipazione, contenuti e proposte di rinnovamento, speranze. In competizione con altri due forti candidati e schieramenti politici, Prencipe conquistò l’Amm. Com. al primo turno con oltre il 50%, ottenendo più voti della sua coalizione. Il Consiglio Comunale, di conseguenza, fu formato da 15 consiglieri della maggioranza di centro sinistra e 15 dell’opposizione. Si determinò cosi una situazione politica oggettivamente fragile. Il suo operato amministrativo fu condizionato da questa precarietà: gradualmente i partiti ridiventarono centrali, a scapito di quella forza innovativa del movimento dell’Ulivo che l’aveva portato alla vittoria elettorale già al primo turno. Perciò, pur realizzando alcune importanti iniziative ed impostandone altre, il suo lavoro rimase incompiuto, sia nel programma sia nell’innovazione politica, scontentando soprattutto il nuovo che l’aveva sostenuto. Alla scadenza del mandato nel 2000 non si ricandidò. Oggi Campo, suo successore, e Bordo ci dicono che in realtà non era comunque ricandidabile per valutazioni negative del suo operato da parte del partito di maggioranza e della coalizione, senza indicare le ragioni politiche e programmatiche di tale negatività. Perché, visto che furono soprattutto i partiti a condizionare e determinare la sua politica?

IL RITIRO DALLE PRIMARIE 2010 DI FRANCO LA TORRE.

Alla scadenza del secondo mandato sindacale di Campo il candidato naturale a subentrargli era Franco La Torre, perché Vice Sindaco e perché un accordo politico, più o meno esplicito, in tal senso, dato che La Torre era espressione politica del mondo cattolico progressista, l’altra tendenza costituente il partito. Ciò nonostante si fecero le primarie poiché nel frattempo Angelo Riccardi aveva deciso di candidarsi a Sindaco. Franco La Torre si preparò a questa avventura, aprì una sede in Corso Manfredi, dove iniziò a promuovere incontri pubblici di approfondimento culturale e programmatico sui problemi della città. Aveva un sostegno che gli veniva essenzialmente dal mondo cattolico progressista e da ex democristiani, alcuni dei quali, tuttavia, quando il confronto cominciò a farsi più forte, lo abbandonarono, passando all’altra sponda. Era difficile in queste condizioni proseguire, però Franco La Torre continuò con decisione perché, comunque, aveva un sostegno percentualmente rilevante. E poi bisognava dimostrare a se stesso ed alla città il proprio valore di leader, non sulla carta o nelle segreti stanze, ma nel pieno di una contesa sentita e partecipata. All’improvviso ci fu un grave episodio di intimidazione su cui le indagini della polizia non portarono ad alcun chiarimento. Quella fu una ferita, tuttora aperta, alla persona e alla famiglia, al suo gruppo politico di riferimento, alla società e alla democrazia manfredoniana. Il partito che tipo di solidarietà espresse pubblicamente per quella vicenda così umanamente sconvolgente?

IL SILENZIO ASSORDANTE DI PAOLO CASCAVILLA SULLA POLITICA A MANFREDONIA

È, forse, l’enigma più incomprensibile. Nel 1995 era il più importante politico sostenitore di Gaetano Prencipe. Tra i fondatori dell’Ulivo a Manfredonia, molto vicino anche alla Chiesa Locale, con una storia di lungo impegno nella promozione culturale e sociale, nel volontariato, nel giornalismo, nel sindacato CGIL, nella politica sempre a fianco prima del PCI e poi del PDS-DS-PD, un politico, quindi, molto attivo e presente. Tanto che era stato proposto come candidato non eletto alle regionali nell’apposito listino bloccato. Ciò nonostante non ebbe alcun ruolo nella giunta Prencipe. Perché, non gli fu mai proposto un incarico o lo rifiutò? Oltre dieci anni fa fu chiamato direttamente da Campo a svolgere l’attuale incarico di Assessore che detiene ininterrottamente da allora, dopo le improvvise dimissioni di Salice. Da allora è sempre lì, senza aver mai partecipato ad alcuna competizione elettorale, ed essersi, quindi, politicamente esposto. Perciò appare piuttosto misterioso il suo silenzio assordante sulla politica locale in questo decennio, il suo non fare mai valutazioni politiche sulla situazione della città, sulla gestione del suo partito di riferimento e sulla lotta tra i gruppi dirigenti. Sembra essersi chiuso nel fortino dell’Assessorato, e muoversi più come un alto funzionario, un direttore generale, che come politico, che è il ruolo formale, sociale e pubblico assegnatogli. Sembra estraneo alla complessiva gestione amministrativa ed a tutte le altre problematiche della città, che non siano quelle specifiche del Piano Sociale di Zona. Dalle vicende di inquinamento ambientale a quelle del contratto d’area, dai comparti così degradati al rischio di speculazione edilizia in movimento mediante l’individuazione di nuove aree in cui spostare e/o aggiungere volumetrie, dalla sanità inadeguata alla perdita progressiva dell’ospedale a Manfredonia, si assiste ad un suo silenzio incomprensibile. Eppure è chiaro a tutti che tali problematiche hanno un riflesso ed una ricaduta (e come!) sul disagio e sulle questioni sociali nel nostro territorio, le quali sono strettamente collegate al quadro generale di vita della città, dal modo in cui si fa politica al clientelismo imperante ed alla riduzione di spazi di democrazia e di partecipazione sociale attiva nella nostra comunità, tutte questioni che un tempo da politico impegnato aveva sempre posto.

Continua nella seconda parte.

Silvio Cavicchia

Sociologo e Ricercatore Sociale del Centro Studi e Ricerche “Eutopia”

silviocavicchia@libero.it

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