Ci sono due questioni sottintese nel dibattito sulle elezioni regionali in provincia di Foggia che vanno rese il più possibile esplicite poiché rappresentano le basi, le leve per la conquista di una nuova forza complessiva della Capitanata: la diffusa illegalità e l’autonomia territoriale. A tutti è chiaro come l’illegalità diffusa, micro e macro, locale e di importazione, e, soprattutto, organizzata, è un ostacolo enorme alla possibilità di sviluppo del territorio. La prima rappresenta la palla al piede più grande che trascina sempre più a fondo la società dauna. Non è semplicemente una questione di ordine pubblico e di controllo del territorio da parte dello Stato, o di garantire sicurezza ed incolumità ai cittadini (diritto costituzionale inalienabile), come tradizionalmente veniva intesa. È diventata, oggi, in Capitanata, una questione sociale e, quindi, più grande, complessa e nuova: incide sulla mentalità e sulla cultura antropologica, sul modo di sentire e vivere dei cittadini, sulla politica, con interessi ed interconnessioni poco chiari e nascosti che ne inquinano il senso più profondo, sull’economia, dato che ne rappresenta una fetta consistente, oltre che accentuarne gli effetti mal sani e deformanti, sul livello istituzionale ed ideologico e sul sistema dei valori su cui si fondano le istituzioni ed il comportamento delle persone. Tale questione non riguarda solo la Daunia ma, ovviamente, l’intera regione e il territorio italiano. Tuttavia in ogni territorio assume una specificità che va capita ed individuata per poterla affrontare e sconfiggerla, o almeno tenerla ai margini.
CONTRO LA LEGALIZZAZIONE DELLA ILLEGALITÀ
Purtroppo c’è una tendenza a “legalizzare l’illegalità”, se è vero come è vero che, addirittura, una parte dell’economia illegale, è stato statisticamente, ufficialmente, istituzionalmente inserita nel PIL (Prodotto Interno Lordo) italiano su indicazione della CEE. Bella contraddizione logica e morale c’è in tale messaggio che si insinua nelle nostre coscienze e che rafforza quel processo di “legalizzare l’illegalità”, anche a livello personale, per paura, per stanchezza e passività o, peggio ancora, perché la si ritiene fisiologica, normale, imbattibile. Come si fa, infatti, a combattere qualcosa che è considerato fisiologico ed accettato istituzionalmente? Nessuno dei candidati alla presidenza della Regione Puglia ne ha parlato esplicitamente né l’hanno fatto le varie forze politiche. È evidente, tuttavia, come questa questione va posta come premessa, priorità, con precise proposte ed impegni di soluzione nell’elaborazione di un qualsiasi programma per lo sviluppo della Capitanata, anche perché è talmente complessa ed intrecciata che non può essere affrontata realmente senza la partecipazione sociale attiva dei territori stessi. In tal senso sono le amministrazioni comunali a dover impegnarsi direttamente non solo con la costituzione di appositi organismi, ma, soprattutto con la pratica di deliberazioni trasparenti e controllabili socialmente, contro ogni tipo di favoritismo e di inquinamento dell’onestà.
Nel prossimo articolo sarà approfondito il ruolo dell’autonomia territoriale per lo sviluppo della Capitanata.
Silvio Cavicchia
Sociologo e Ricercatore Sociale del Centro Studi e Ricerche “Eutopia”
silviocavicchia@libero.it
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