E’ in edicola l’opera teatrale, U ppummenére, di Pasquale Ognissanti (alias Pascalonia). L’autore non è nuovo a questo tipo letterario nel dialetto sipontino; di lui si hanno U sutténe, spesso scopiazzato in malo modo, U ciucce mBaradise, poesie, atti unici e farse, tutti portati sulla scena dai ragazzi delle scuole elementari. Come lo stesso autore pone in risalto, l’opera è una commedia, ma non tanto, che rispecchia, sì, i tempi passati, ma è, qui da noi, sempre attuale, tanto che il tempo è: “ieri, oggi. Domani?”, quasi a scongiurare una sorta di maledizione (o sortilegio) che affligge la nostra comunità, ma anche tutto il meridione d’Italia. La commedia si impernia sul personaggio di Filomena, ed il nome stesso è tutto un programma, amante del canto. E a Filomena piace cantare, ma, nello stesso, ella è oggetto delle brame del ganimede (pidocchioso arricchito) del paese. Il dialetto sipontino viene usato da Ognissanti come forma espressiva, come “lingua”, per meglio esprimere sentimenti e stati di fatto, come procedura letteraria, arricchendo, così, con un altro tassello, la cultura e la letteratura sipontina. E non sono pochi i lemmi e gli esiti che vengono riesumati dal letargo. E’ un’opera, pertanto, che oltre ad essere portata sulle scene, vale la pena di essere letta, per gustare in pieno l’humus e la vis dell’essere sipontino. Cogliamo l’occasione per informare pure che è in edicola presso il Papiro, la 2^ edizione del saggio “Il Teatro de Florio a Manfredonia”, già esaurito nella sua 1^ edizione.
Giovanni Ognissanti