di Pino Delle Noci
Si diceva che la politica era l’arte del compromesso. Se per compromesso s’intende l’accordo in cui, ciascuna delle parti, rinuncia a qualcosa, si può certamente affermare che, in passato, la politica interveniva per risolvere le controversie tra le organizzazioni sindacali e gli imprenditori: i “padroni”. A cavallo tra gli anni 60 e 70, durante le grandi lotte sindacali per la conquista dei diritti dei lavoratori, la politica svolgeva un ruolo di mediazione tra le esigenze degli imprenditori (padroni) e le richieste dei lavoratori.
All’ombra della dialettica tra sindacati, imprenditori e politica, le lobby e i comitati d’affari lavoravano alla manipolazione e all’asservimento di pezzi delle istituzioni. Il “manus manum lavat” e il “do ut des” diventano i “virus” che contagiano uomini delle istituzioni, partiti e perfino le organizzazioni sindacali. Le prime avvisaglie si manifestano con lo scandalo loockheed nel 1976. Il caso arrivò a coinvolgere il presidente della Repubblica Giovanni Leone e l’ex presidente del Consiglio Mariano Rumor. Sotto pressione crescente, il governo Moro si dimise e il presidente della Repubblica sciolse in anticipo le Camere. Finì in galera il ministro socialdemocratico Mario Tanassi e fu costretto alle dimissioni il suo collega DC Luigi Gui. L’accusa era di aver incassato mazzette dagli americani perché l’Italia acquistasse i grandi aerei da trasporto di truppa Hercules, i famosi C-130.
La vicenda non impensierì più di tanto i partiti mentre le lobby e i comitati d’affari escogitavano nuove strategie per affinare il marchingegno delle mazzette e della corruzione.
I capi e capetti dei partiti e perfino delle organizzazioni sindacali, piuttosto che spendersi nell’esercizio del controllo e del contrasto, della denuncia e della lotta al malaffare e alla corruzione, stringevano rapporti “confidenziali” con i comitati d’affari, in cambio di privilegiate sistemazioni di famigliari e affini, senza rinunciare a “corposi oboli” vincolati a contropartite. Rapporti che nel tempo fanno saltare ogni vincolo di rappresentanza e rappresentatività, provocando lo svilimento del ruolo della politica nell’arte della mediazione: il compromesso.
Una grande vittoria per le lobby e i comitati d’affari che, grazie alle loro disponibilità finanziarie, possono occupare il parlamento eleggendo e foraggiando i loro rappresentanti. Si passa dall’arte del compromesso all’artifizio della compromissione.
Dopo circa vent’anni dalla scandalo loockheed, scoppia tangentopoli. La politica delle compromissioni, dopo un paio d’anni di sbandamento, affina le sue strategie. La partitocrazia per combattere le velleità di qualche magistrato zelante e onesto che scoperchia le pentole del malaffare, inventa il sistema della “fondazioni”: una sorta di bancomat, fuori da obblighi e controlli, per partitocrate ed affini. Si rigenerano i Greganti e i Frigerio mentre si rimette in moto la girandola delle poltrone, per gli incarichi di sottogoverno, assegnate ai soliti noti. L’assegnazione delle poltrone non presuppone meriti e capacità ma semplicemente appartenenza a questa e/o a quella corrente partitica.
Dopo gli scandali lookheed e tangentopoli, che hanno provocato dimissioni e perfino suicidi, non è azzardato ipotizzare che la mafia, mutandosi da coppola e lupara in colletti bianchi, sia entrata ad occupare il parlamento. A certificarlo sono diverse sentente che colpiscono uomini delle istituzioni e, in particolare a sentenza definitiva di Dell’Utri: Marcello Dell’Utri per 18 anni, dal ’74 al ’92 è stato il garante “decisivo” dell’accordo tra Silvio Berlusconi e Cosa nostra e “la sistematicità nell’erogazione delle cospicue somme di denaro da Marcello Dell’Utri a Gaetano Cinà sono indicative della ferma volontà di Berlusconi di dare attuazione all’accordo al di là dei mutamenti degli assetti di vertice di Cosa nostra” (dal fattoquotidiano.it).
Il parlamento approva leggi truffaldine che, fortificate dall’impunità parlamentare, consentono di nominare i parlamentari per sperperare denaro pubblico e svendere il patrimonio intellettuale, finanziario, immobiliare, storico, artistico, culturale, paesaggistico e naturale che il mondo intero ci invidia. Referenti mafiosi, corrotti e concussi, che infettano il parlamento, sono coinvolti in scandali di vario genere. Per questi signori, solo in qualche caso rarissimo è stata data l’autorizzazione a procedere. Per molti vige ancora quella impunità che consente loro di sedere tra i banchi dove si decidono le sorti del bel Paese Italia. Gli ultimi grandi scandali acclamati, in ordine di tempo, sono “expo” e “mose”, dove girano fiumi di miliardi pubblici. Gli F35, a differenza dei C 130, non fanno scandalo a causa di leggi deroga e legittimazione di assurde procedure contrattuali.
Nell’Italia alla rovescia e con un popolo “assuefatto” nessuno avverte più il dovere di rassegnare le dimissioni.
Ciononostante, “la casta” manifesta insofferenze. C’è sempre qualche magistrato che continua ad indagare sulla trattativa Stato Mafia, su corruzione e concussione, utilizzando ancora lo strumento delle intercettazioni. La casta, a tutti i costi, deve adottare un’altra strategia: la normalizzazione.
Bisogna far rientrare nella “normalità” anche le azioni illegali compiute nei palazzi. Bisogna agire sulle riforme istituzionali e costituzionali attraverso la manipolazione della legge elettorale e la riforma della giustizia. Una giustizia alle dirette dipendenza della politica che, a sua volta, possa decidere chi, dove, quando e come indagare. Un progetto ambizioso che si può realizzare con due manovre: la riconferma del capo dello stato e la nomina di un “vecchio” con le sembianze del “giovane”.
Operazione perfettamente riuscita. La trattativa Stato mafia viene ingabbiata per motivi che tutti conoscono. Alla più alta carica dello Stato si lascia decidere le nomine, con criteri alquanto discutibili, dei presidenti del consiglio. Prima Monti e poi Letta sostituito con il “vecchio con sembianze di giovane”, mai eletto dai cittadini e condannato in primo grado dalla Corte dei Conti per danno erariale. Un ottimo lasciappassare per un incarico di tale prestigio. La più alta carica dello Stato, scientemente ignora la forza politica vincitrice delle elezioni e giustifica la sua proroga nel palazzo: “per il bene del paese”. Non si capisce di quale paese e di quale bene. Non certamente del paese dei disoccupati, dei sottoccupati, dei precari, dei lavoratori che perdono il posto di lavoro, degli imprenditori onesti, vessati e tassati fino a portarli al fallimento che, in molti casi, scelgono il suicidio.
Gli ingredienti ci sono tutti per passare alla fase operativa. La normalizzazione è in fase di realizzazione. Si rivedono il pregiudicato e il ”vecchio con sembianze di giovane” per affinare la strategia.
Questa legge elettorale di super nominati “sadda fare”, per scongiurare che qualche “comico” possa interferire nel progetto della normalizzazione. Subito dopo aver acquisito il potere assoluto bisogna mettere mano alla riforma della giustizia. Bisogna “inertizzare” qualsiasi tentativo di indagini sulla “casta”, loro referenti nelle istituzioni e perfino i famigliari.
La politica normalizzata avrà una scadenze? Quanto durerà questo ulteriore massacro e svendita del patrimonio pubblico, intellettuale, storico, artistico, culturale, paesaggistico, naturale e immobiliare del nostro paese? Agli italiani non sono bastati vent’anni di slogan vuoti e truffaldini?
Riflessioni sulle contraddizioni del Bel Paese Italia: mentre Papa Francesco apostrofa le mafie, queste si alimentano attraverso la istituzionalizzazione del precariato, dell’assistenzialismo, della falsa informazione, dei privilegi e delle impunità con il consenso…
Pino Delle Noci
Carissimo,Pino Delle Noci.
Le tue riflessioni sono un ” tornare alle origini ” di una storia a dir poco infinita del malaffare tutto made in Italy !!
Mi piace tanto il riferimento al baffetto da sparviero che,con la sua lunga manovalanza alle dipendenze del partito e anche come ” delfino ” di un uomo come il grande E.Berlinguer,ha saputo tessere la sua lunga padronanza della poltrona romana. La gente ha memoria corta e facilmente dimentica o difficilmente ricorda i tanti danni causati ala paese da atteggiamenti e politiche di alcuni membri eterne del nostro parlamento che …ancora oggi,ci onorano della loro presenza !
Parlare…sempre e comunque parlare……basti che si parli e non si dica nulla….tanto per parlare….!!! Questa è stata per anni , per certa gente e una certa politica,la vera politica del non cambiare …NULLA !!!!!!!!
Cittadino, Delle Noci,spero tanto che anche noi e voi del Movimento di Liberazione 5 stelle,non si faccia latro che parlare e parlare per poi……..concludere ….NULLA !!!!!!!!! La storia e i futuri giovani, non ce lo permetterebbero e non ce lo perdonerebbero !!!!!!!!!a
Sacrosanta descrizione…. nell’analisi del malaffare aggiungerei anche la separazione della responsabilità tra politica e dirigenza amministrativa, se non vado errato provvedimento escogitato da un certo baffetto.
Ritengo che tale atto abbia maggiormente alimentato il fenomeno del malaffare… in quanto separando le responsabilità a più soggetti è difficile trovare il vero responsabile…
Prima ci si rivolgeva all’eletto rappresentante ed era lui che chiedeva spiegazioni a chi di dovere… oggi ci si limita a rispondere che è il funzionario-dirigente preposto…. che ne pensi Delle Noci.