Il mercato ittico nella bufera delle polemiche. Sotto accusa la gestione di quella struttura di servizio al settore pesca indubbiamente, nonostante le tante difficoltà che lo attraversano, uno dei settori portanti dell’economia quanto meno locale. Polemiche che emendate delle strumentalizzazioni, inesattezze e posizioni di parte, hanno evidenziato, in ogni caso, aspetti che minano la credibilità e dunque la funzionalità di quello che doveva essere il supporto tecnico per valorizzare e sviluppare un settore tanto importante. Tanto che, al tirar delle somme, nasce del tutto obbligata la domanda: ma è proprio necessario mantenere in vita il mercato ittico?
L’interrogativo niente affatto provocatorio si pone tanto più pressante, dopo le ultime vicende che hanno messo in evidenza situazioni che se possono apparire del tutto “ordinarie” nella storia del mercato ittico di Manfredonia, sono la dimostrazione di come quel mercato, almeno così come è impostato, non ha un grande avvenire.
La nuova struttura mercatale che si erge alquanto maestosa tra il Viale Nazario Sauro e la banchina di Tramontana del porto storico della città, venne inaugurata, dopo un lungo e travagliato iter di costruzione, nel 2004. Un impianto articolato nei suoi servizi di supporto all’attività principe cui era destinato, la commercializzazione del prodotto ittico conferito innanzitutto dalla marineria locale. Un mercato moderno erede di quello adiacente al Largo Diomede costruito negli Anni trenta per dare ai pescatori un riferimento competente che valorizzasse il lavoro di pesca. E per i circa sessant’anni che seguirono ha svolto quella delicata e fondamentale funzione, l’amministrazione curata dal Comune. Man mano che la flotta peschereccia si è infoltita e ammodernata, cambiati i metodi di pesca e sviluppate le esigenze commerciali, quella struttura è divenuta non più rispondente alla realtà andatasi formando. I bilanci amministrativi hanno cominciato a colorarsi di rosso. I deficit puntualmente coperti dalla pubblica amministrazione comunale.
La causa di quella deriva sempre più consistente, venne attribuita alla struttura divenuta fatiscente e non più rispondente a fronteggiare le ormai dilatate esigenze dei pescatori e degli operatori commerciali nel frattempo cresciuti di numero e di portata economica. Furono questi i riferimenti che fecero maturare il progetto di un nuovo, grande, moderno, funzionale mercato ittico. Che finalmente, come detto, venne inaugurato con grande clamore e tante speranze, ora è ormai un decennio.
La nuova struttura mercatale non ha tardato molto per mettere a nudo le profonde problematiche del settore fino ad allora adombrate dall’alibi del vecchio mercato. Problematiche che hanno avuto il loro punto focale nella commercializzazione dei prodotti ittici. Troppo pochi rispetto alla capacità produttiva della flotta peschereccia e a quel punto per sostenere i costi del mantenimento del mercato.
Secondo gli ultimi rilevamenti, sono poco più, a volte anche meno, di una cinquantina le barche che conferiscono il pescato al mercato ittico. Le restanti unità preferiscono i grossisti che legittimamente fanno lo stesso lavoro del mercato ittico ma con dotazioni più snelle e quindi con evidenti minori costi. Lo squilibrio è forte e lampante. La realtà delle cose attesta chiaramente che i pescatori preferiscono il privato a ragione delle procedure dirette e immediate, i realizzi alla mano. Le gravi conseguenze sono quelle venute al pettine.
L’esperienza fin qui vissuta dice che il mercato ittico rimane una bella illusione. Tutto quel panorama di attività inerenti alla commercializzazione del pesce a cominciare da quello semilavorato o stoccato per calmierare i prezzi, si è dissolto come nebbia in riva al mare. Le difficoltà di gestione andatasi sempre più acuendo, le perdite non più ripianabili dalla pubblica amministrazione (cioè i cittadini), impongono decisioni drastiche. Come appunto quella di rinunciare al mercato ittico. A meno che…
A meno che non siano gli stessi pescatori a gestirselo in proprio: sarebbe la soluzione più logica e pratica. Una prospettiva senza alternativa visto che la cuccagna del pantalone comunale è finita e i bandi per la ricerca di operatori terzi che vogliano gestire questo mercato non se ne trovano. Il pallino della situazione è nelle mani dei pescatori che devono decidere cosa vogliono fare da grandi.
Michele Apollonio
Perchè ci nascondiamo dietro al dito? I pescatori, da sempre, non fatturano tutto il pescato e non hanno intenzione di farlo! Nel vecchio mercato ittico, l’astatore dichiarava il prezzo del venduto (in lire) troncando di netto le ultime tre cifre e su questo veniva calcolato l’aggio per il comune! Poi è venuto il consorzio ed ha preteso di riscuotere l’aggio, maggiorato, sull’intero valore del pescato e del venduto, con l’obbligo conseguente per il pescatore di fatturare per l’intero importo e balzo improvviso in aumento del suo volume d’affari e del reddito. Il Consorzio lo imponeva per aumentare il proprio introito e permettere di sostenere i suoi stratosferici costi del personale dipendente. Magari, lo dico non avendo prove, lo imponeva con ricatto di denuncia alla Finanza, e ha visto allontanarsi tutti, pescatori e commercianti.
Il mercato ittico di Manfredonia è il classico esempio di struttura pubblica ad interesse esclusivo di pochi privati. Badate bene gli unici a non fare i propri interessi sono i pescatori o tutti quelli che conferiscono il pescato. Una struttura dove esclusi i pescatori che lasciano il 6% del fatturato, la rimanenze degli utilizzatori privati non caccia un euro ne di affitto ne di percentuale sul ricavato. Fino a qualche anno fa se vi capitava di entrare d’estate potevate trovare tranquillamente pinguini con la sciarpa al collo nei corridoi, tranto era bassa l’aria condizionata. Mentre d’inverno i termosifono era sempre accesi anche nei giorni festivi ,si poteva poteva girare in costume tanto il caldo. Senza parlare di persone che girano intorno alla struttura solo perché sono amici degli amici degli amici degli amici dei nostri cari POLITICI AMMINISTRATORI di questa e della vecchia amministrazione.
completamente inutile come il porto turistico.
Inutile perché il porto commerciale è uno dei meno sorvegliati del mondo!
Il pesce viene portato fuori con qualsiasi mezzo, e vengono elusi fisco e controlli sanitari, in quanto viene generalmente venduto in nero e nelle strade. Immaginate la finanza che chiede la fattura a certi rivenditori dei mercatini…pagano quasi sempre in contante. Io arrivo ti do il pesce e tu mi dai il danaro contanti, come avviene per la droga e le sigarette di contrabbando. Per forza il mercato deve fallire, poi abbiamo amministratori che pensano a tutto tranne che ad amministrare per il bene pubblico.