Giovedì 5 Dicembre 2024

La demografia ballerina di Manfredonia

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La popolazione di Manfredonia va diminuendo. La gente, i giovani vanno via. Emigrano in terre più ospitali e promettenti. Il deficit è dell’ordine delle migliaia di unità, ben oltre i cinquemila abitanti che hanno portato il totale intorno alle 53mila presenze. Un numero che sarebbe ancor più ridotto se si considerasse che tanti manfredoniani risultano qui residenti ma in realtà sono fuori e chissà se mai torneranno. In ogni caso si è ben lontani da quel 59.286 abitanti del 1990. La punta massima raggiunta da Manfredonia. Un ascensore demografico che nel corso della secolare esistenza della città, ha funzionato in salita e in discesa, marcando con i numeri le caratterizzazioni delle varie epoche attraversate. A cominciare da quei circa 3.210 manfredoniani che abitavano la nostra città nel 1450, ha ricordato Nicola De Feudis, presidente della Società di cultura “M. Bellucci” in una conversazione tenuta nel 1982. Che divennero 1.935 l’anno dopo a seguito del terribile e sanguinoso sacco dei Turchi della città. Per divenire nel 1921, trecento anni più tardi, 14.703, e superare trenta anni dopo, il raddoppio, 31.391, dei quali, annotava De Feudis, 1.114 temporaneamente assenti (emigrati), 6.421 analfabeti e 1680 ultrasessantenni. Altro exploit demografico nel 1971 quando l’incremento fu del 22,5 per cento che portò gli abitanti a 47.521, di cui 2.736 emigrati, 3.998 analfabeti e 3.912 ultrasessantenni. Un crescendo continuato che nel 1986 toccò le 57.777 unità. Manfredonia si presentava in piena espansione economica, pienamente in linea con la decisa tendenza di sviluppo che ha contrassegnato non solo i precedenti decenni, ma il secolo scorso. Il boom demografico lo si è avuto dopo gli Anni cinquanta. Il censimento generale del 1961 dava una popolazione di 38.723 unità (19.240 maschi, 19.483 femmine), che nel censimento di dieci anni più tardi, salirono a 47.521. Circa diecimila abitanti in più per la maggior parte scesi dalla vicina Monte Sant’Angelo. Il 1974 segnò lo sfondamento dei cinquantamila abitanti: esattamente 51.204. Cominciava a farsi sentire l’”effetto industria” dovuto essenzialmente all’insediamento del quarto polo petrolchimico di Macchia (lo stabilimento Anic divenuto poi Enichem) e alla costruzione del porto industriale (2milioni e mezzo di merci trafficate). Con l’incremento della popolazione si ebbe anche un forte impulso all’attività edilizia. Si registrò parimenti un consistente rialzo complessivo del costo della vita. La curva ascendente si mantenne tale fino al 1990 quando la popolazione, malgrado la decurtazione di 2.087 unità della frazione Zapponeta divenuta Comune autonomo nel 1976, sfiorò il tetto delle sessantamila anime. A quel punto ci fu l’inversione di tendenza. La drammatica chiusura dello stabilimento Enichem innescò una serie di defaillance che determinò una profonda crisi economica. Specchio di tale situazione fu il calo verticale della popolazione residente. Che non apparve in tutta la sua crudezza grazie alla presenza degli stranieri extracomunitari. Nel 2.000 erano iscritti 439 stranieri, di cui 39 minorenni, 5 nati qui. Il maggior numero viene dal Senegal 169, dalla Tunisia 69, dall’Albania 49, dal Marocco 42, ma ce ne sono anche di provenienti dalla Macedonia, dalla Cina, dall’India. All’inizio del Terzo millennio Manfredonia contava una popolazione di 57.864 abitanti, distribuita fra 16.502 famiglie e 17 “convivenze”: caserme, case di riposo, conventi, ecc. Con il genere femminile prevalere, a conferma della tendenza storica, su quello maschile: 29.043 contro 28.821.  Il saldo tra nati e morti era ancora a vantaggio dei primi: 647 e 400. In calo i matrimoni: 385 contro i 456 dell’anno prima. In chiesa sono stati 430, l’anno precedente 347. Aumentati i matrimoni in municipio: da 26 a 38. In crescita separazioni e divorzi. Una città, una popolazione in profonda trasformazione sempre più lontana da una vissuta tradizione. La demografia sipontina sempre più ballerina con numeri niente affatto gratificanti. Anzi. Le speranze di ripresa, sulla scorta dell’esperienza passata, erano riposte nella nuova industrializzazione annunciata con grande rilievo. Che è arrivata ma che è sfumata malamente facendo ulteriormente precipitare la situazione socio-economica di Manfredonia preda ormai di una profonda crisi acuita da non meno perniciose disavventure politico-amministrative. Ma questa è storia attuale vissuta giorno per giorno con la segreta speranza che accada qualcosa di illuminante che riporti Manfredonia su un binario realistico, più consono alle sue tradizioni e alle legittime aspirazioni, al passo dei tempi che corrono.

di  Michele Apollonio

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