“Mi chiamate presidente? Io voglio essere chiamato il Sindaco della Liguria. Scrivetelo”. Con questo biglietto da visita Marco Bucci, nuovo governatore della Liguria, entra in scena dopo la vittoria contro Andrea Orlando, credo il miglior competitor che il centrosinistra poteva schierare in una partita che sembrava vinta ai nastri di partenza. E invece no, il centro destra ha avuto la meglio penso per due ragioni di fondo. La scarsa affluenza alle urne, con la metà degli elettori che non va a votare e quelle ataviche patologie di un centrosinistra spampanato, più bravo a non trovare la quadra che a fare sintesi. La differenza di qualche migliaio di voti rispetto a circa un milione e 400 mila elettori ha fatto il resto. Senza voler sminuire qui la vittoria del centrodestra, raggiunta sul filo di lana, va detto che sono stati fondamentali i voti dell’ex governatore Giovanni Toti, travolto da un’inchiesta di corruzione poi patteggiata con due anni e un mese di lavori socialmente utili. Ma sono state parecchio utili anche le preferenze del bacino elettorale in quel di Imperia, ancora feudo di Claudio Scajola, anch’egli noto alle cronache giudiziarie nel tempo andato per aver ignorato (ma guarda un po’) di avere acquistato un appartamento nel cuore di Roma di fronte al Colosseo di cui non sapeva niente, vicenda dalla quale sarà poi assolto perché il reato era prescritto. Se la memoria non mi inganna ricordo anche che qualche anno dopo sempre Scajola non riuscì a farla franca beccando una condanna di due anni per aver favorito la latitanza dell’ex parlamentare di Forza Italia, Amedeo Matacena, deceduto nel 2022, fuggito all’estero per evitare l’arresto dopo una condanna per concorso esterno in associazione mafiosa, vicenda tuttora al centro di una nuova raccapricciante inchiesta. Giusto per la cronaca va detto che proprio Genova, la città di cui Bucci è stato sindaco per due mandati, ha girato le spalle votando a piene mani dall’altra parte. Questi i fatti nudi e crudi. E in Puglia? Qui Michele Emiliano, sempre un osso duro per il centrodestra, ha riordinato la sua Giunta blindando così l’ultimo anno del suo secondo mandato. Direi che lo ha fatto con una volée in parte sorprendente, trasferendo la delega aurea della sanità dalle sue mani in quelle del vice presidente Piemontese e passando il bilancio al neo assessore Fabiano Amati, sino a pochi mesi fa vera spina nel fianco della Giunta. Il colpo va a segno senza troppi mal di pancia perché, si sa, in queste cose il Governatore della Puglia ci sa fare come un abile croupier. Al momento resta fuori dal governo il Movimento 5 Stelle. Toccherà a Giuseppe Conte dire da che parte stare, probabilmente dopo la costituente che si terrà a fine novembre, il cui esito – azzardo – sarà favorevole a Conte e non a Beppe Grillo, diventato oggi, è il caso di dire, il “ Conte Ugolino” di quella un tempo era la sua creatura. Va anche detto che Emiliano coltiva l’idea di riaggregare la compagine dei 5 Stelle proponendo loro la nomina del vice presidente del Consiglio Regionale. Sul piano politico l’arrivo di Piemontese nel ruolo chiave della sanità conferma quello che mi pare un asse collaudato nel centrosinistra pugliese. Il vice presidente della regione può considerarsi l’uomo forte del Pd. Conosco bene il personaggio e trovo che sia cresciuto molto. Tattico e misurato, ferrato politicamente, Piemontese è il nuovo punto di equilibrio interno alla coalizione, considerati i rapporti di buon vicinato con Mario Furore, parlamentare europeo, coordinatore dei 5 Stelle in Capitanata, fedelissimo di Conte. Non è difficile quindi scorgere in queste coordinate l’apertura alla successione di Emiliano con Antonio De Caro, giunto a Bruxelles con un bottino di preferenze davvero incredibile. Verrebbe da dire Les jeux sont faits, rien ne va plus! Ovviamente se si concentra l’attenzione nei Palazzi del territorio non è difficile cogliere sbavature e tensioni anche nel campo largo. A Palazzo Dogana, sede della Provincia, il Presidente non fa più mistero di voler correre per un seggio alla Regione, scelta che ha creato molti dissapori tutti interni al Pd. Ma Nobiletti è determinato e può contare sulle buone relazioni sia con Emiliano sia con De Caro. Quanto al Comune di Foggia perdura quell’impasse nella maggioranza che va mostrando molti limiti dopo il primo anno di governo trascorso a contar le stelle. Il rapporto della sindaca con il Consiglio è sempre più turbolento. D’altro canto di fatti, di risultati concreti, di obiettivi messi a sistema, “nada de nada” direi per usare un’interiezione spagnola. Spiace sottolinearlo ma è così. Prosit!
di Micky dè Finis