L’idea di ricordare tutti i morti il 2 Novembre, in un’unica ricorrenza, risale al secolo IX grazie all’abate benedettino Sant’Odilone di Cluny. Da allora, ogni anno la “festa dei morti” viene celebrata in questo giorno. Manfredonia ha delle antiche tradizioni legate al culto dei morti connesse al rito religioso della messa funebre e all’accompagnamento a piedi del feretro al cimitero. Questa lunga e radicata consuetudine cittadina terminò il primo gennaio 1988, con deliberazione di Giunta Comunale. Un’altra antica e importante consuetudine, tutt’oggi presente, è quella di recarsi al cimitero nella settimana precedente la commemorazione del 2 Novembre per rinfrescare e spolverare le lapidi dei propri cari, adornandoli con piante e fiori freschi. Nel percorrere i lunghi e profondi corridoi, visitando i sepolcri più vetusti del Cimitero di Manfredonia, si scorgono le foto in bianco e nero e le scritte dipinte dei nomi e delle date. Taluni risalgono ai periodi del secolo scorso e delle due Guerre Mondiali, situati nelle cosiddette catacombe. Nel tempo i parenti hanno conservato nella tomba familiare i resti di genitori e figli, circoscrivendo in uno spazio limitato le diverse storie, legate ai ricordi di famiglia. Nel tempo il Comune di Manfredonia ha provveduto a realizzare altre strutture contenendo centinaia di loculi. Ad oggi sono disponibili poco più di 80 loculi, circa 300 già assegnati, i restanti sono insufficienti a soddisfare il fabbisogno di quasi 400 decessi all’anno con la nuova dotazione. Quindi occorrerebbe con urgenza espletare nuovi bandi e costruire altri loculi. Essi rappresentano la memoria storica che non ha mai fine fin tanto che resterà nei cuori e nella mente delle nuove generazioni. Il poeta Ugo Foscolo nella sua opera “I Sepolcri” sosteneva che le tombe sono l’incarnazione della memoria. Sono il simbolo dei valori civili di un popolo e travalicano il tempo. Il ricordo del defunto presso i vivi è la garanzia dell’affetto dopo la morte ed è portatrice dei valori civili perché conserva le tradizioni di un popolo e stimola a mantenersi fedeli ad esse. Nel tempo, si preservano le tradizioni della commemorazione dei defunti anche nelle nuove generazioni. Sovente gli studenti universitari rientrano nei paesi natii, gustando gli usi e costumi che riaffiorano nei racconti dei nonni e zii e nei sapori dei dolciumi preparati ad hoc. Come il tipico dolce “u grene i murte” con grano cotto, chicchi di melograno, cioccolato, mandorle tostate, pezzettini di fichi secchi, vincotto di uva o di fichi d’India. Credenza popolare vuole che nella notte tra il giorno di Ognissanti e il 2 Novembre, i morti ritornino sulla terra per far visita alle case dei propri parenti, dove le Anime di Purgatorio “l’Aneme u Priatorje” trovano preparata la tavola imbandita con pane e acqua per rifocillarsi durante il loro girovagare. In un bicchiere con acqua si poneva una palma benedetta. Questo antico rito popolare è in disuso da molti anni. Invece si è accolto, anche a Manfredonia, quello anglosassone di Halloween in cui i ragazzi travestiti da fantasmi e mostri, girovagano per le strade, intonando il verso: “dolcetto o scherzetto” e spaventando i malcapitati. Il consumismo da troppo tempo ha preso il sopravvento, distorcendo alcuni riti come quello della “cavezétte de l’aneme i murte” che un tempo i fanciulli usavano appenderla ai piedi del proprio letto. La notte di Ognissanti, i defunti l’avrebbero riempita di doni. In realtà erano i genitori che preparavano la calza dei morti che riempivano con noci, castagne lesse o arrostite, fichi secchi, melacotogne, carrube, melograno, cachi “legnasande alla vainille”, cioccolato ed altro. Questa usanza è scomparsa da molti anni, sostituita da calze confezionate piene di cioccolatini, pasticcini e giocattoli, acquistati nei bar, supermercati e mercatini occasionali. Le antiche tradizioni del nostro territorio andrebbero riproposte nelle scuole e parrocchie, rieducando i giovani al rispetto e facendo rivivere la memoria storica e i valori civili decantati da Foscolo.
di Grazia Amoruso