Non posso non sottolineare, dopo decenni di abbandono da parte dello Stato di questo pezzo di terra, che solo negli ultimi anni si avverte una presenza qualificata di uomini e donne delle istituzioni impegnati in prima linea alla lotta al crimine organizzato ed al suo potere di penetrazione, con attività di indagine rilevanti e con condanne esemplari.
Si tratta di uomini e donne che credono nel proprio lavoro e che si dedicano a farlo senza secondi fini.
Dalla lettura degli articoli di stampa relativi all’inchiesta “Giù le mani” di Manfredonia: al netto delle questioni penali rilevate e di quello che sarà l’esito del processo che vede coinvolte le persone oggetto di provvedimenti dell’autorità giudiziaria, mi preme sottolineare gli aspetti politici della vicenda e le sue possibili conseguenze.
Come tutti sanno, avevo più volte ribadito che durante il mandato amministrativo a guida dell’ex Sindaco Rotice, per una serie di elementi inconfutabili era facile comprendere che il passo per determinare un nuovo scioglimento era solo questione di “politica giudiziaria”, ma nella sostanza stavamo ben oltre le motivazioni del precedente scioglimento.
L’inchiesta “Giù le mani”, conferma ampiamente le mie previsioni e non scongiurano affatto un provvedimento preventivo, anzi ci sono tutti gli elementi per determinare un esito mortale per Manfredonia con un nuovo scioglimento.
E in tutto questo l’ex Sindaco Rotice insieme al suo manipolo di sodali cosa fa? In maniera assolutamente paradossale, invece di assumere un ruolo responsabile e preoccupato, si lascia andare ad esternazioni di esaltazione dell’esito dell’inchiesta, quasi a far immaginare una sua partecipazione operativa diretta. Si sta arrivando al punto tale che qualcuno dei suoi sarebbe pronto a spergiurare che alla guida dell’elicottero che sorvolava la città a partire dalle ore 5.00 circa del mattino era proprio lui.
Una delle tecniche di comunicazioni più utilizzate da Rotice è quella di distorcere la realtà. Da una parte ci invita a chiedergli scusa e dall’altra, preso da un delirio compulsivo di comunicazione, ci fa sapere: “che ha immediatamente adottato provvedimenti ed allontanato i soggetti coinvolti in questa inchiesta e tutti quelli che mostravano situazioni di opacità.”
Chiaramente le dichiarazioni sono prive di fondamento e non meriterebbero alcuna considerazione, se non un buon pernacchio di bocca e di petto…. come nel film “L’oro di Napoli”, indirizzata al nome di fantasia del “Duca Maria Sant’Agata dei fornai”
Sarebbe invece il caso di soffermarsi su quello che sta emergendo, per comprendere, al netto di tutte le altre vicende più volte denunciate, che le indagini della Guardia di Finanza hanno consentito di far emergere come, nei confronti dell’amministrazione comunale appena insediata, vi fossero da subito rilevanti forme di condizionamento da parte della locale criminalità organizzata di stampo mafioso, oltre il discutibile criterio del più probabile che non. In questo caso ci sono evidenti elementi che consentano di individuare la sussistenza di un rapporto tra l’organizzazione mafiosa e gli amministratori dell’ente comunale. (Cons. St., sez. III, 10 gennaio 2018, n. 96; id. 7 dicembre 2017, n. 5782).
Sempre a leggere quello che emerge dall’inchiesta, e volendo considerare la giurisprudenza conforme al paradigma legislativo di cui all’art. 143, comma 1, del d. lgs. n. 267 del 2000, nel testo novellato dall’art. 2, comma 30, della l. n. 94 del 2009, siamo probabilmente in presenza di elementi «concreti, univoci e rilevanti», che assumano valenza tale da determinare «un’alterazione del procedimento di formazione della volontà degli organi amministrativi e da compromettere l’imparzialità delle amministrazioni comunali e provinciali», aspetto, quest’ultimo, che riveste carattere essenziale per l’adozione della misura di scioglimento dell’organo rappresentativo della comunità locale”.
Il passato viene utilizzato con la solita ipocrisia politica, volta a far credere di stare dalla parte giusta e a poter richiamare ingiustamente alla vergogna i passati amministratori.
È importante ricordare che nella passata esperienza di governo, gli amministratori coinvolti nello scioglimento del Consiglio Comunale di Manfredonia per infiltrazioni mafiose non sono mai stati sfiorati da nessuna inchiesta né da alcun provvedimento giudiziario.
Situazione assolutamente, imparagonabile a quella che ha visto coinvolta quella mandata a casa con raccolta di firme di 13 consiglieri comunali, che in questo caso Rotice dovrebbe ringraziare uno per uno, per avergli fatto evitare anche un probabile provvedimento di incandidabilità, con il paradosso tutto italiano che ci sono amministratori, a cui non è stato addebitato alcunché, per ragioni di mancata vigilanza non possono essere candidati. Mentre nel caso dell’ex Sindaco Rotice attivamente impegnato nelle vicende contestate nell’indagine, seppur senza la contestazione di alcun reato, può serenamente candidarsi.
In una città smarrita, in preda alla sfiducia, con la consapevolezza di una ritrovata presenza dello Stato, bisogna trovare la forza di un sussulto, la voglia di riscatto, di un nuovo protagonismo. La politica, deve ritornare ad occuparsi dei problemi della gente, deve provare a disegnare un futuro di speranza per Manfredonia. Le persone di buona volontà, di qualsiasi classe sociale o professione, non possono solo gridare allo scandalo o pubblicare considerazioni moralmente condivisibili, per lavarsi la coscienza con pochi like, devono contribuire al cambiamento, alla possibilità di riscatto della nostra comunità. Non possiamo pensare di cambiare le cose stando perennemente alla finestra o peggio dando lezioni sui social a chi prova a farlo.
In un contesto così difficile, bisogna scegliere da che parte stare, con coraggio.
Angelo Riccardi