Siamo a marzo. Fra alcuni giorni (il 20) entrerà la primavera, la stagione della rinascita della natura dopo l’inverno. Il risveglio dal lungo letargo, quando tutto riprende vita e colore. È la stagione del rinnovamento e della speranza. Per Manfredonia, i manfredoniani, questa primavera acquista un significato particolare: si accende la speranza per il rinnovamento politico-amministrativo della città, una rigenerazione che cancelli il lungo e tormentato letargo che ha prodotto guasti incalcolabili di difficile, ma non impossibile recupero. Le premesse fin qui emerse per quel cambiamento non solo di marcia, ma essenzialmente di mentalità nell’approccio alle tante, troppe problematiche accumulatesi irrisolte, non autorizzano a pensare alla primavera manfredoniana. A quell’autogoverno mal interpretato tant’è che per la seconda volta in questi ultimi cinque anni, la città è commissariata per intervento prefettizio. Le amministrazioni regolarmente elette, spazzate via con ignominia e tanto danno per il territorio. Il che vuol dire che i propri cittadini non sono stati capaci di sostenere il governo della città, di saper amministrare una comunità che nella sua storia, anche non lontana, ha saputo fare grandi cose. Poi ad un certo punto si è come persa, ha smarrito la retta via e imboccate vicoli oscuri. Le mazzate sono state terribili e incalzanti. Le ferite troppe e sanguinanti. A partire dalle attività produttive andatesi assottigliando (due aree industriali fortemente ridimensionate, la pesca più che dimezzata) con conseguente perdita di posti di lavoro e pesanti ripercussioni sul composito settore commerciale (negli ultimi tre anni hanno chiuso 188 attività) e naturalmente sul reddito complessivo. La reazione a tale deprimente stato di cose si può riassumere nella conclamata fuga in massa della gente da queste sponde del golfo adriatico che mantengono intatte le promesse mal raccolte e considerate dai residenti. C’è bisogno di una primavera. Di una nuova stagione di ripresa di una città, un territorio che ha tanto da offrire. Manca chi si occupi e preoccupi di mettere ordine e riprendere i discorsi positivi e costruttivi lasciati intonsi, trascurati se non dimenticati. Per tanti versi un oltraggio contro natura cui occorre rimediare. L’opportunità offerta dalle elezioni amministrative ancora una volta arrivate in soccorso dei manfredoniani nella speranza che ne facciano buon uso. Dalla osservazione di quanto affiorato sino ad ora, e siamo a quattro mesi dall’apertura della crisi amministrativa ad appena meno di due anni dal suo insediamento, e a tre mesi dalle elezioni (l’otto e nove giugno) non pare che le cose si mettano per il meglio. Non c’è alcun segnale chiaro e certo sul rinnovo del governo cittadino. Si sta procedendo a tentoni. Penoso e allarmante a crederci, ma pare manchino le persone che abbiano qualità, prestigio e competenze per un ruolo indubbiamente impegnativo e gravoso. Si avvertono gli echi (perché ufficialmente alla luce del sole e al vaglio della pubblica opinione non emerge nulla) di un gran movimento, di un soffuso brusio ma privi di un qualsiasi punto fermo. Men che meno si parla di programmi (realistici e attuabili) e di progetti realizzabili. Tutto rimane in una liquidità impressionante. La politica, quella vera robusta e credibile, latita. Saltati quei capisaldi alla base del buon fare popolare. Un sussulto la città l’ha avuto con il carnevale, ma rimane pur sempre una manifestazione assestante, incisiva fin che si vuole ma pur sempre un carnevale. Manfredonia ha ben altro su cui fondare il proprio sviluppo. Rimangono neglette le questioni di fondo che possono cambiare le cose da così a così come il porto, le Zes, lo stesso turismo. Sono alcuni degli esempi di riferimenti strutturali fondamentali per creare le basi di una economia sostenibile che può portare lontano. Ma occorre svegliarsi, agire con lucidità e lungimiranza, superare e annullare quell’isolamento nel quale il territorio sipontino è stato lasciato precipitare colpevolmente. È ora di creare le premesse di una nuova primavera.
di Michele Apollonio