Domenica 24 Novembre 2024

Anche afgani e ucraini agli scavi di Siponto

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Volpe: il Parco archeologico un ponte fra culture diverse e lontane

«IL PARCO archeologico di Siponto un esempio di una grande sperimentazione che stabilisce una diretta correlazione tra archeologia e storia e dunque tra antiche e nuove civiltà»: l’archeologo Giuliano Volpe, coordinatore scientifico degli scavi nel Parco archeologico di Siponto, ha aggiunto al progetto archeologico, un progetto di integrazione culturale. «Una nuova stratificazione costituita da nuove figure provenienti da civiltà diverse, da luoghi lontani, che cercano di stabilire una connessione tra la storia di questi luoghi e la loro» annota Giulio Volpe, professore all’Università di Bari, alludendo ai trenta profughi tra afgani, ucraini, egiziani che hanno lavorato fianco a financo con gli archeologi e gli studenti italiani impegnati a riportare alla luce le vestigia della Siponto romana e medievale.

UNPROGETTO di progresso civile avviato con la determinante collaborazione della Caritas diocesana di Manfredonia attraverso la struttura operativa della “Casa della Carità”, un luogo di solidarietà che tra le varie e diverse attività che svolge in favore dei bisognosi, dei fragili, vi è anche quella di ospitare immigrati provenienti da Paesi africani. «L’opportunità di poter operare nel Parco archeologico di Siponto – spiega don Luciano Vergura, direttore della Caritas – è valsa ai nostri profughi per accostarsi alla storia del luogo e ad avviare un cammino di integrazione per una nuova vita di speranza».

HUSSEIN Mohammed Taki è un mediatore culturale 61enne arrivato in Italia dall’Afghanistan in aereo attraverso i corridoi umanitari della Caritas italiana; così la giovane Farzana Shakeeb assieme ai genitori fuggiti dall’Afghanistan, studia economia all’Università di Foggia; Yulia Trasiuk è invece scampata alla guerra in Ucraina dove era impiegata in una fabbrica di giocattoli: alcune schegge di una umanità martoriata che a Manfredonia ha trovato respiro di vita. «A Siponto – osserva don Luciano – a contatto con i millenni di storia hanno riscoperto la forza e il senso del futuro: il patrimonio culturale come elemento di pace e di incontro fra culture diverse».

PER TANTI versi un ritorno al passato. L’antica Siponto era infatti un porto aperto sul mondo come fanno bene intendere numerosi frammenti di anfore e assimilati di fabbricazione africana rinvenuti negli scavi della zona del porto. «Oggi – chiarisce – il professore Volpe – l’area archeologica è a qualche centinaio di metri dal mare, separata dalle ville della moderna Siponto; ma al tempo della sua fondazione il mare arrivava fin sotto le mura della città». Un po’ come successo per Manfredonia: Il mare che lambiva le mura angioine della città sveva, è stato tirato indietro con la costruzione della banchina di Tramontana e del Lungomare Nazario Sauro.

«IL PORTO di Siponto – prosegue Volpe – aveva una importanza strategica, era infatti il porto di imbarco del grano prodotto nel Tavoliere. Gli scavi ci hanno restituito una serie di tracce di grandi magazzini di età medievale sovrapposti a quelli di età romana a dimostrazione dell’uso continuo del porto». Ancora oggi, con le dovute trasformazioni evolutive, nella città erede di Siponto, il porto costituisce un riferimento fondamentale di sviluppo commerciale e dunque culturale di Manfredonia.

  Michele Apollonio

 

 

 

 

 

 

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