Grande e vigorosa mobilitazione guidata da don Ciotti e l’arcivescovo Moscone
Uno tsunami di gente, di giovani e ragazzi. Una manifestazione popolare così non si era mai vista. Almeno cinque mila, più verosimilmente seimila persone hanno risposto alla mobilitazione promossa dal Coordinamento provinciale di Libera in collaborazione con l’arcidiocesi di Manfredonia-Vieste-Sangiovanni Rotondo, per manifestare contro la mafia. Hanno attraversato con alla testa don Ciotti e l’arcivescovo Moscone, le strade della città issando striscioni e cartelli con slogan contro la mafia e bandiere, tante bandiere di Libera, delle scuole dei sindacati, delle associazioni culturali e sociali. Uno spettacolo straordinario per la lunghezza del corteo (oltre un chilometro) e l’intensità partecipativa.
E che sia stata scelta Manfredonia come sede della manifestazione è oltremodo indicativo per il messaggio che si è voluto lanciare dalle rive del golfo ad un vasto territorio nel quale i segni della mafia sono marcati con grande evidenza. Non solo ben cinque comuni (Monte Sant’Angelo, Mattinata, Manfredonia, Cerignola e Foggia) marchiati dallo scioglimento per infiltrazioni mafiose, ma tanti omicidi e azioni criminali che alzano un’ombra cupa e malefica.
Pertanto a sfilare per le vie della città, nelle loro variegate espressioni di uomini e donne e dunque studenti, lavoratori, disoccupati, non sono stati soltanto i manfredoniani ma anche folte rappresentanze, dei comuni viciniori Zapponeta, Mattinata, San Marco in Lamis, Foggia con i rispettivi sindaci, per Manfredonia era presente la Commissaria Prefettizia, ma anche provenienti da diverse località della Puglia rappresentata dal presidente della Regione, Emiliano. «La Regione Puglia – ha dichiarato – è qui in silenzio per restituire fiducia nelle Istituzioni. Manfredonia vuole lasciare alle spalle un passato complicato dal quale sta tentando di uscire attraverso i sistemi democratici».
Una risposta eloquente del pensiero e della volontà dei cittadini. «C’è bisogno di segni, di messaggi importanti e potenti» ha osservato il presule Moscone. «Manfredonia – ha soggiunto – ha bisogno di un buon governo, di sana imprenditoria, di educazione di qualità. Occorre rompere – sollecita – l’alleanza perversa tra politica, economia e socialità segnata dalla mancanza di lavoro e forme di sostentamento. Occorre innescare – invoca – alleanze positive. Non manchi il coraggio di denunciare e reagire. Occorre parlare della mafia per sconfiggere questo cancro che ci divora e impoverisce. Testimoniare la bellezza della cultura che proviene dal Vangelo e dalla Costituzione»
Vibrante, appassionato, toccante l’intervento di don Ciotti dal palco in Piazza Duomo gremita come non mai «Questa terra – afferma – può rinascere, certo. La politica deve fare il suo. I giovani devono avere certezze per il lavoro, è la base per la rinascita. Non solo prendere – annota – parte, ma sentirsi parte del processo rinnovativo. Il male esiste – spiega – e va affrontato e il primo passo è quello di riconoscerlo e il suo nome è – scandisce – mafia. Tra le insidie che gratificano la mafia, don Ciotti indica la violenza culturale. «È la più dura da sconfiggere perché penetra in profondità nel tessuto sociale, nei comportamenti. Il male – avverte – non è solo di chi lo commette ma anche di chi guarda e non vede, di chi assiste e non fa nulla». Ma rileva anche come «nella politica, nella economia, nella cultura ci sono uomini e donne onesti e puliti, ma ci sono anche persone con grave deficit etico, cioè di responsabilità».
Ricorda don Ciotti l’elenco dei morti ammazzati dalla mafia e di quelli dei quali non si è saputo più nulla. I parenti sono nella piazza e don Ciotti li invita sul palco per un ideale abbraccio cui si unisce la folla con un lungo fragoroso applauso.
Michele Apollonio