Si aspettava la bella politica, fatta da persone capaci vogliose di far emergere il meglio della città con la sua popolazione, troppo a lungo vessate e strumentalizzate, si ritrovano invece entrambe sprofondate in un vortice di malefatte inestricabile, un indecoroso teatrino tragicomico che oltre al danno gravissimo aggiunge una indecorosa e immeritata beffa. Quest’ultima esperienza amministrativa si è rivelata disastrosa sotto tutti i punti di vista come del resto attesta le battute finali tutte ancora da decifrare. Così che mentre la città brucia, i responsabili ai vari livelli fanno finta di niente e continuano a belligerare rinfacciandosi responsabilità e comportamenti che non hanno più senso. Manfredonia non riesce a riemergere, almeno non ce l’ha fatto fino ad ora, a mettersi alle spalle tante scelleratezze che l’hanno prostrata. Quando nel novembre 2021 i manfredoniani sono stati chiamati a decidere il nuovo indirizzo politico cittadino, hanno fatto una scelta che pareva la più sensata. Un nome nuovo, si disse; un uomo fuori della politica mercanteggiata, si disse; un candidato su cui fare affidamento, si disse. Un candidato che si presentava con tanto di programma che proclamava innovazione, cambiamento, trasparenza. Si disse. Una resilienza complessiva che ha fatto presa. Si pensava che fosse la scelta giusta per rilanciare un territorio proteso sul golfo adriatico non solo politicamente e dunque economicamente e socialmente, ma anche e forse soprattutto moralmente, da far dimenticare e superare i disastri patiti e per contro recuperare il tempo, il troppo lungo tempo perduto, ma sarebbe meglio dire “rubato” e con fraudolenza tant’è che è dovuto intervenire addirittura lo Stato per cercare di raddrizzare una storia maledettamente piegata al malaffare. Insomma si confidava che Gianni Rotice, ingegnere, imprenditore edile, esperienza alla presidenza di Confindustria Foggia, lontano dalla politica praticata (anche se vicino ai politici), fosse l’uomo giusto al momento giusto. Prevalse in una campagna elettorale alquanto convulsa, grazie ad una propaganda serrata e soprattutto alla sponsorizzazione aperta e vantata di Forza Italia del leader Giandiego Gatta da poco salito al Parlamento italiano. Le note positive del nuovo sindaco si fermano qui. Quelle che sono andate emergendo sin dalle prime battute della nuova compagine amministrativa, smentiscono clamorosamente le splendide “premesse-promesse” della campagna elettorale. Man mano che l’azione politica si addentrava nelle complesse problematiche della città ci si rendeva conto che la realtà vissuta si manifestava ben diversa da quella prospettata. Il mondo politico e la popolazione si rendevano conto che ci si era imbattuti in una grande illusione. Alle sempre più evidente incapacità di gestire la cosa pubblica, si sono aggiunte mortificanti vicissitudini personali finite anche sulle tv nazionali. Il primo tassello a traballare è stato quello riferito alle elezioni alla Provincia di Foggia nelle quali Rotice ha platealmente tradito la liason con FI e Gatta, votando un candidato delle Lega concorrente di quello di FI. Le cose sono andate progressivamente precipitando. Situazioni imbarazzanti che l’ormai Dominus assoluto della situazione, blindato dal personale “cerchio magico”, ha cercato di volta in volta di tamponare con una girandola di assessori più proni ad un incondizionato “yes man”. Per contro lievitava l’opposizione in aula mente in città la popolazione manifestava sempre più insofferenza all’immobilismo amministrativo. In particolare le categorie economiche, schiacciate da politiche vessatorie, formalizzavano la protesta con denunce alle competenti autorità. Rotice e seguito precipitati in pieno smarrimento esistenziale e morale blandito illusoriamente con selfie, sorrisi, post logorroici senza senso. Fino a qualche giorno fa. Quando il latente conflitto tra “roticiani” e “azzurri” è emerso clamorosamente. Il casus belli occasionale (i motivi di rottura sono tanti), una delibera riguardante un grosso progetto plurimilionario su Mezzanone, portato alla chetichella in giunta nei giorni della Festa patronale, che tre assessori non hanno voluto votare. L’inizio della fine. Un assessore di “Città Protagonista” si è dimesso, mentre dei due di FI, uno ha preferito accasarsi con Rotice, mentre l’altro, il vicesindaco, è stato estromesso dalla giunta. La reazione è stata quella di porre fine ad una sceneggiata non più sostenibile. E aprirne un’altra convulsa, confusa, con colpi di scena continui che è difficile intravvedere dove porteranno. Le prospettive insomma non accennano a niente di buono.
Michele Apollonio