LA QUIETE dopo della tempesta, è l’atmosfera leopardiana che si respira a Manfredonia dopo il terremoto che ha devastato l’assetto dell’amministrazione Rotice. Un terremoto ai massimi livelli della scala politica, in fase di assestamento. La prospettiva più gettonata è quella della fine della travagliata e inoperosa esperienza amministrativa dell’imprenditore Rotice. Gli “azzurri” defenestrati fanno fronte comune con l’opposizione per trovare il modo di sgambettare il sindaco-padrone e porre fine ad un apparato di governo della città già più volte rimaneggiato e strutturalmente instabile. Una situazione fortemente aggravatasi dopo che il partner Forza Italia è stato spazzato via come un inutile fardello. Quel partito era l’unica forza che aveva nella politica ufficiale i riferimenti operativi. Superando non poche critiche, si era assunto l’onere della paternità
dell’operazione “Rotice sindaco”, e aveva reso possibile la scalata al Palazzo San Domenico cuore del governo della città, dell’imprenditore Gianni Rotice a digiuno di politica ma famelico di conquiste, gratificazioni e onori. Una illusione di cui il leader di FI Giandiego Gatta paga il maggior prezzo.
UN PROGETTO che non è andato come probabilmente si immaginava. Sono stati continui, perentori, circostanziati, i rovesci e le carenze di una compagine amministrativa che si è retta essenzialmente di proclami vuoti di contenuti e di azioni concrete fortemente contestati e denunciati dai partiti di opposizione e essenzialmente della gente, in particolare dalle categorie economiche sempre più in affanno. Una situazione che emerge a chiare lettere dalle accuse reciproche scagliate con virulenza dialettica dagli ormai ex alleati di amministrazione. Una situazione che oltre al danno amministrativo della città e dei suoi cittadini, aggiunge un indecoroso e umiliante spettacolo fuori concorso.
ESEMPIO eclatante è quello di Libero Palumbo, assessore dimissionario, passato dagli onori degli altari sui quali era stato posto da Rotice e compagni con abbracci e lodi (ricambiati) per il suo meritorio operato, alla polvere delle accuse «di mancato confronto e condivisione con gli indirizzi della Giunta». Illuminante anche se tardivo, il riscontro di Giuseppe Basta, esautorato da vice sindaco, sulla politica di Rotice: «Quella fatta al chiuso nelle stanze a farsi consigliare da qualche assessore del suo “cerchio magico”, che anziché pensare alle reali e gravi problematiche della Città semina zizzania, calunnie, diffidenze. Quella che permette ad alcuni consiglieri e assessori di creare un clima di ostilità nei confronti di chi ha lavorato incessantemente, al solo fine di trarne benefici personali».
D’ALTRA parte, è lo stesso sindaco Rotice che dichiara: «Percorro le vie della città e raccolgo lamentele, ad esempio sullo stato del verde pubblico, della pulizia, del decoro urbano, della manutenzione viabilità e scuole, dell’operato della Polizia Locale, dell’erogazione puntuale dei servizi ai cittadini». Ma a chi lo dice?
PIU’ CHE una compagine amministrativa pensosa di una città alla deriva, un coacervo di casualmente aggregati l’un contro l’altro armato per difendere propri interessi. Una cuccagna che pare volga al termine.
Michele Apollonio
Per quanto riguarda la Polizia locale a mio parere e non modesto, in quanto ho un’età che mi permette di giudicare tranquillamente ciò che si vede ormai da anni in questa ex bellissima Città, questo è un ramo che si può benissimo potare considerato il loro operato quasi nullo che ha permesso a Manfredonia di diventare un porto franco e anarchico perché ognuno fa ciò che gli pare senza rispetto per il prossimo.
La parola da aggiungere nel titolo è, per caso, “DIMISSIONI”?