È UNA PASQUA di reale passione per i 67 dipendenti dello stabilimento DOpla a rischio di chiusura con tutte le conseguenze che non occorre immaginarle perché a Manfredonia di situazioni simili ce ne sono state e, come vediamo, continuano ad esserci. È uno stillicidio continuo di quel che resta di un contesto industriale faticosamente costituito con grandi elargizioni di fondi pubblici, andatosi sgretolando anche a causa dei tanti scippi perpetrati dal nord nei confronti del sud.
LA VICENDA della DOpla, uno stabilimento produttore di oggettistica casalinga in plastica e carta, leader di quella produzione, è molto simile a diverse altre poco conosciute perché avvenute nella più totale indifferenza di quanti avrebbero dovuto invece protestare. Così come stanno facendo a suon di sacrifici personali i 67 della DOpla. Il vulnus occulto è la doppia residenza a nord e a sud e naturalmente, per tate ragioni emergenti in quella irrisolta “Questione meridionale” che vede invariabilmente il sud soccombente.
LA CRISI dello stabilimento di Manfredonia è iniziata quando la DOpla di Treviso ha deciso di trasferire nel suo stabilimento di Casale sul Sile, non solo i macchinari di Manfredonia ma anche le maestranze addette. Di chiudere una fabbrica impiantata con i soldi del Contratto d’area a sua volta implementato per dare al Mezzogiorno la possibilità di riprendersi dalla atavica crisi. Cessare una fabbrica che andava bene, una eccellenza del settore, per puntellare quella del nord con macchinari vecchi di una quarantina di anni .
UNA OPERAZIONE che ha trovato la forte e corale resistenza delle maestranze alle quali si sono unite le rappresentanze istituzionali, dalle regionali alle provinciali alle comunali, che hanno fatto intendere chiaramente di opporsi alla perdita anche di quello stabilimento e relativi posti di lavoro, pronti anche a sostegni finanziari per una giusta soluzione del caso. La situazione non né semplice né chiara. C’è la Muzinich, una società di gestione fondi che insiste a voler portare al nord, i macchinari del sud con 15 operatori; e c’è una società del casertano, la Bava, che sarebbe disposta a prelevare lo stabilimento di Manfredonia.
UNA SITUAZIONE ingarbugliata che si è tentato di districare a Bari in un summit alla Regione presieduto dall’assessore al lavoro Leo Caroli, presenti tutti gli attori di questa storia allucinante. Due ore e mezzo di tentativi di trovare il bandolo di una matassa fortemente ingarbugliata, non sono bastati. Le parti si sono lasciate ognuna mantenendo la propria posizione. La partita tuttavia non è chiusa: Caroli prosegue la sua opera di mediazione tra la Muzinich e la Bava che mantengono le rispettive posizioni e le maestranze di Manfredonia che non accettano lo smembramento dello stabilimento e del trasferimento degli operatori. Le alternative sono dirompenti per tutti.
C’È TEMPO per decidere fino a martedì prossimo, per trovare una soluzione ad una vicenda che a questo punto ha poco di sindacale e di politico ma molto di morale: «a questo punto – è la richiesta comune – è necessario l’intervento del Governo per dare concretezza alle politiche dichiarate di supporto al Mezzogiorno. Qui non si tratta di implementare ma di lasciare quello che già c’è».
Michele Apollonio