LA DISCUSSIONE sullo sviluppo economico dell’area retroportuale incuneata nei territori dei comuni di Manfredonia e Monte Sant’Angelo che porta il nome di ZES, ha abbandonato le deleterie trincee campanilistiche per approdare su più consapevoli e ragionati piani di confronto che contemperino le rispettive esigenze non solo economiche ma anche e soprattutto la conservazione e tutela dell’ambiente e dunque della sicurezza e salute pubblica.
CARTINA al tornasole di questo nuovo responsabile corso, è indubbiamente la valutazione del progetto Seasif di cui si parla da almeno un anno senza che si sia capito granché sulla entità di quell’azienda (le notizie circolate sono sconvolgenti) e sulla natura delle attività che vuole impiantare nelle aree ZES e banchine portuali, nastri trasportatori compresi. Stando alle indicazioni contenute nella Relazione tecnica del progetto Seasif, le attività esposte sono: deposito carburante per 55mila mc; lavorazione di minerali bentonitici e polimetalli per due milioni di tonnellate anno; produzione e distribuzione di energia elettrica prodotta da una centrale elettrica; stoccaggio energia. Una serie di attività che in qualche modo ricordano il vecchio e malaugurato petrolchimico e non solo perché sarebbero occupate le stesse aree del sito, va ricordato, “SIN” in gran parte da bonificare.
MA IL RIFERIMENTO che taglia la testa al toro delle discussioni sull’uso delle ZES, lo fornisce il “Piano strategico delle ZES” che a quanto pare si trascura, se non lo si conosce affatto. In buona sostanza quel Piano detta le istruzioni sulla utilizzazione delle Zone economiche speciali, individuate e fissate nel rispetto delle vocazioni dei territori nei quali sono inserite. A ricordarlo e dunque ad esortare i due comuni a tenerne conto, è stato Gaetano Prencipe capogruppo di Molo 21, nel consiglio monotematico tenuto a Manfredonia.
«IL PIANO STRATEGICO della ZES elaborato dalla Regione Puglia nel 2018 – ha rilevato – inserisce le nostre aree nel più vasto Polo di sviluppo di Foggia, costituito da tutte quelle aree produttive e logistiche già esistenti, che vedono nel porto industriale (attorno al quale le ZES sono concepite) un possibile volano dello sviluppo. In particolare, in quel Piano si prevede la possibilità e la convenienza di avviare nelle aree dismesse dall’ex petrolchimico attività industriali connesse alla progettazione e produzione per l’agricoltura e l’industria agroalimentare e si individuano anche i singoli comparti su cui incentrare nuovi investimenti, e cioè attrezzature legate alla zootecnia e a lavorazioni lattiero casearie; macchine agricole; macchine per l’industria olearia ed enologica; macchine e impianti per la produzione del freddo, per i processi di frigoconservazione e surgelazione; logistica per la movimentazione di merci e prodotti, e altro». Che c’entra la Siasif?
LA REGIONE Puglia ha anche provveduto – ha ricordato Prencipe – a predisporre uno strumento congeniale di pianificazione partecipata, che è l’APPEA, previsto proprio per questa area dismessa. Uno strumento al quale i due Comuni hanno già pensato e fatto espressamente riferimento nel 2019 sottoscrivendo un apposito Protocollo. Dove è finito? Perché non si utilizza il Piano strategico delle ZES per pianificarne il giusto e sano sviluppo?
Michele Apollonio