Domenica 3 Novembre 2024

Manfredonia Centenario della Fondazione del Partito Repubblicano (quarta parte)

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Dopo la chiusura della sede del partito alla fine del 1925, si fermerà la lotta antifascista dei repubblicani e gli iscritti che si erano maggiormente esposti nei confronti del regime continueranno ad essere attentamente sorvegliati. Il potere poliziesco attuato dal regime fece in modo che in seguito all’emanazione delle Leggi fascistissime fosse del tutto soppressa ogni forma di protesta contro il fascismo (Fig. 1) Da allora in poi si stenderà una cappa oscura sulla società italiana e un bavaglio evidente in modo particolare sull’attività giornalistica. I giornali dell’epoca dovevano seguire particolari direttive che provenivano direttamente dall’Ufficio stampa della Presidenza del Consiglio, che imponeva oltre alle notizie da pubblicare anche la scelta delle relative fotografie. I quotidiani divennero i principali canali di propaganda del regime fascista e del suo Duce in particolare. Il quotidiano del Partito repubblicano La Voce Repubblicana sarà soppresso dalle autorità fasciste nell’ottobre del 1926. Gli altri giornali antifascisti seguiranno la stessa sorte. Nel frattempo nelle file del partito, a livello centrale, si creeranno dei contrasti tra l’On. Giovanni Conti e la corrente del partito che era a favore della creazione di una vasta coalizione antifascista. Gli esponenti della direzione del partito “ … ebbero difficoltà nel trovare una linea comune, si citarono riunioni nell’abitazione dell’avv. Michele Lanzetta o al mattino presso il caffè Costa in piazza Vittorio, si evocarono e si smentirono riunioni con esponenti dell’Unione socialista romana. Al fine anno la Questura negò in maniera lapidaria l’esistenza di una ripresa del Partito repubblicano”. 1

Fig.1 (rielaborazione arch. Michele Di Lauro) A sinistra la sede del Partito Nazional Fascista di Manfredonia, sede requisita dagli Anglo-americani durante la seconda guerra mondiale. In questo edificio, durante il regime, avvenivano le “purghe” nei confronti degli antifascisti. “ Per la storia l’addetto alle “purghe” nella nostra città durante il periodo fascista era un certo Alberto Cafarelli detto “Bebbè”, poi temuto guardiano della villa comunale cittadina.” così come riportato nel libro di Franco Rinaldi, Concerto Bandistico di Manfredonia, pag. 200. A destra si riporta una cartolina fascista del 1921.

 

Il governo di Mussolini si adoperò fortemente al fine di creare un regime repressivo. Come prima azione coartò la magistratura e le forze di polizia facendo in modo che le stesse divenissero lo strumento principale per garantirsi nel paese il controllo delle masse popolari. Dal 1926, anno che il deputato repubblicano Giovanni Conti definì “l’anno napoleonico”, fu creato un vero e proprio Stato di polizia. La demolizione, attuata dal fascismo, dello Stato di diritto fu realizzata anche attraverso l’eliminazione di tutte le cariche elettive, producendo effetti negativi di peggioramento delle condizioni della classe operaia e dei contadini. In questa maniera si produsse uno scollamento tra il regime e le classi popolari, che si sentirono escluse dalle decisioni politiche nel cui merito non potevano intervenire, in quanto i quadri politici erano imposti dall’alto senza alcuna possibilità di scelta attraverso libere elezioni. Gli oppositori al regime furono costretti ad attuare una politica di “sopravvivenza” per evitare le maglie repressive del regime. Tutti i partiti antifascisti erano divisi e frammentati al loro interno e tra di loro. I repubblicani si suddivideranno in due fazioni principali: una tradizionalista, con a capo l’onorevole G.  Conti, e un’altra che invece era favorevole ad accordi con gli altri partiti oppositori del fascismo e in modo particolare con i socialisti. Questi ultimi a loro volta erano divisi internamente in massimalisti e moderati, e in forte contrasto con entrambe le forze politiche suindicate si poneva il partito comunista. Molti tra i maggiori esponenti repubblicani optarono per l’esilio: Chiesa, Chiostrini, Facchinetti e Egidio Reale; tutti gli altri, tra cui gli avv. Oronzo Reale e Giovanni Conti, vennero attentamente sorvegliati e perseguitati e iscritti di conseguenza quale sovversivi nel Casellario Politico Centrale. Il partito, il primo gennaio 1927, comunicò ai propri simpatizzanti il suo trasferimento in Francia e la creazione di una nuova struttura di opposizione politica a Parigi.  Qualche mese dopo, il 28 marzo 1927, ci sarà l’adesione alla “Concentrazione d’azione antifascista” che era una aggregazione di partiti e movimenti antifascisti in esilio e che era formata oltre che dal PRI, dal PSI, PSULI, l’ufficio estero della CGIL di Bruno Buozzi e la Lega italiana dei diritti dell’uomo; a tale gruppo non partecipò, invece, il PCI. Dopo il trasferimento in esilio nella capitale francese della struttura del partito repubblicano, cesserà, come nel resto d’Italia, anche a Manfredonia la lotta pubblica al regime. I vecchi iscritti al partito saranno attentamente sorvegliati e in certi casi perseguitati. Solo i comunisti sipontini riusciranno ancora per un po’, almeno per il 1927, a distribuire clandestinamente le tessere del PCI, così come riportato dal senatore Michele Magno. In seguito saranno costretti a mascherare la struttura dell’organizzazione creando un circolo sportivo presso l’ex bar Miramare nei giardini adiacenti il castello angioino. Nell’estate del 1927 il comunista Michele Longo e altri antifascisti quasi tutti iscritti al PCI vennero tratti in arresto con l’accusa di svolgere attività sovversiva2.

 Sulla città si stenderà una cappa cupa di repressione che creerà una reciproca diffidenza tra la popolazione, dovuta alla continua serie di illazioni, soffiate e false informative, spesso pretestuose, ai carabinieri e al commissariato di polizia da poco istituito in città. I vecchi repubblicani sipontini cercheranno, vista l’impossibilità di attuare una lotta aperta al regime, di mitigare la triste situazione presente rifugiandosi in una aspettativa di una svolta futura che attuasse quelli ideali di libertà e democrazia a cui avevano sempre aspirato. L’avvocato Mario Simone*(Fig. 2), nella cui abitazione paterna si era costituito il primo nucleo criptico della sezione repubblicana di Manfredonia, abbandonerà la battaglia politica.

Fig. 2 Mario Simone e il padre Antonio in una istantanea degli anni ’30. Foto tratta dal libro “Mario Simone nel centenario della nascita” (1901-2001) di Michele Ferri, Nuovo Centro di Documentazione Storica Manfredonia, Ed. del Golfo, gennaio 2002, pag. 8. Nell’abitazione del commerciante Antonio Simone nacque il primo nucleo criptico del Partito Repubblicano di Manfredonia.

Lascerà l’attività di giornalista e cronista delle vicende politiche di Manfredonia per conto del soppresso giornale “La Voce Repubblicana”, ma non abbandonerà il giornalismo. Allestirà infatti numerose pubblicazioni: La Puglia Letteraria, La Puglia a Roma, Manfredonia e il Gargano, Abracadabra e altre, ma quasi tutte avranno vita breve. Ripiegherà sulla professione di avvocato iniziata presso lo studio del repubblicano Michele Lanzetta e in seguito si trasferirà in uno studio tutto suo in Via Crescenzio, nei pressi di Palazzo Koch, sede della Corte di Cassazione. Ma la professione non lo attirava e si dedicò, dopo la repressione del regime, soprattutto all’attività mai ininterrotta di saggista storico e scrittore. Ebbe in mente anche lui, come l’amico di partito Costantino Scardino, di andare in esilio, ma fu, come ebbe a scrivere anni dopo in una lettera indirizzata ad una sua amica, “..trattenuto in Italia dalla catena familiare.”3. Sorte diversa toccherà all’avv. Michele Lanzetta, presso il quale Mario Simone aveva effettuato il tirocinio quale procuratore. Essendosi compromesso, quale esponente di spicco del partito repubblicano nella capitale, subirà attacchi e persecuzioni che arrivarono anche alla radiazione dall’Ordine degli avvocati. Si vedrà quindi costretto ad abbandonare Roma perché la polizia politica lo sorvegliava attentamente, poiché sospettava che nella sua abitazione romana si tenessero riunioni di esponenti antifascisti, cosa del resto veritiera. Non si hanno notizie certe di assalti di squadristi fascisti al suo studio di Via Ripetta, cosi come nel caso dell’assalto, invece documentato, allo studio dell’onorevole Conti, ma è molto probabile che gli stessi siano avvenuti, almeno sotto forma di intimidazioni continue. Cadde in uno stato di estrema indigenza perché non riusciva più a proseguire la sua attività professionale in quanto, a causa dei suoi trascorsi repubblicani e antifascisti, venne meno la clientela del suo studio romano. Tornerà in Capitanata e preferirà soggiornare, invece che a Monte Sant’Angelo, a Manfredonia, città nella quale vi era un numeroso gruppo di repubblicani. Grazie al loro aiuto riuscirà a trovare lavoro come impiegato nella Lega degli agricoltori e nella Lega pescatori di Manfredonia. La sua situazione cambiò radicalmente alla caduta del fascismo, quando, nel novembre del 1943, verrà nominato dagli Anglo-Americani Commissario del Comune di Manfredonia e nel febbraio dell’anno successivo verrà eletto Sindaco.

Nella stessa cooperativa di pescatori lavorava come impiegato un altro repubblicano, Nicola Scardino. Anche a lui fu preclusa la sua originaria professione di fotografo, già dal maggio del 1923, quando devastarono lo studio fotografico che aveva da poco aperto assieme al fratello Costantino. Per fortuna continuerà nella sua attività di sarto e di impiegato presso la cooperativa di pescatori al mercato ittico. Proseguirà anche la sua amata attività collaterale di musicista della banda cittadina (Fig. 3).

Fig. 3 Vico del Gargano (1929). La Banda di Manfredonia diretta dal Prof. Salvatore Murgo (al centro con la paglietta) in giro per concerti. Accanto, sulla sinistra parzialmente dietro le spalle del direttore e senza berretto, Nicola Scardino. Foto tratta dal libro di Franco Rinaldi, Il concerto Bandistico di Manfredonia 1841-1995, vol. 1, Tip. Armilotta, 1997, pag. 65.

Proprio questa sua attività lo porterà ad avere altre vessazioni e intimidazioni da parte del P.N.F. cittadino, in modo particolare nei primi anni del regime.  A capo del fascio cittadino, imposto dall’alto, vi era infatti “..un factotumforestiero, dall’emblematico nome di una maschera secentesca; invadente, presuntuoso e balbuziente. Insinuatosi tra i Sipontini sotto il segno magico del littorio..”4, così viene descritto sarcasticamente il camerata Domenico Tartaglia . “… Come al solito, la mattina di ogni festa la banda scendeva dalla sede della sala delle prove del concerto in via S. Lorenzo 47 e si dirigeva sotto il Comune per il saluto al podestà della città eseguendo “La Marcia Reale” e “Giovinezza”. Nicola Scardino, musicante del concerto e suonatore in quel periodo di flicorno soprano, di idee repubblicane e sfegatato antifascista, ogni qual volta la banda si apprestava ad eseguire le due marcette metteva lo strumento sotto il braccio e si rifiutava di suonare. Poiché agli inizi del Regime c’era assoluto rigore per la disciplina invitato nella sede della dirigenza fascista locale, fu costretto a ingerire in alcune occasioni la purga (olio di ricino) per il suo atteggiamento antifascista.”5. Durante il fascismo infatti l’olio di ricino divenne uno degli strumenti di tortura fisica e psicologica più utilizzati dagli appartenenti alla “Milizia Volontaria per la Sicurezza Nazionale” più noti con il termine di Camicie Nere. Tale forma di tortura (la purga del sovversivo) era impiegata durante le spedizioni punitive dagli squadristi fascisti contro gli oppositori politici, a cui, dopo averli percossi, veniva somministrata con forza una cospicua quantità di olio di ricino (75 ml); gli oppositori che si ribellavano alcune volte venivano financo uccisi. Lo stesso onorevole Conti sperimentò la durezza degradante di tale tortura quando nel 1923 squadristi fascisti, dopo aver assaltato e devastato il suo studio in Campo Marzio 69 a Roma, lo percossero, gli legarono i pantaloni e lo costrinsero con la forza ad ingerire una bottiglietta di olio di ricino. L’avv. Conti dimostrando una indomita forza d’animo non diede loro soddisfazione e senza scomporsi minimamente chiese agli squadristi se avessero bisogno d’altro. Ovviamente anche a Manfredonia le camicie nere effettuarono la loro “campagna persuasiva” nei confronti degli antifascisti nelle sale della sede del Fascio della città. Molto probabilmente, anche se non documentato sufficientemente, furono molti coloro che subirono la purga del sovversivo: in modo particolare i comunisti ma anche i socialisti e i repubblicani che si erano esposti maggiormente nei primi anni del regime. Alcuni esponenti repubblicani subirono un forte ostracismo da parte del P.N.F., per cui molti saranno costretti a sospendere la loro attività professionale agli inizi degli anni trenta del Novecento, cosi come nel caso documentato dell’avv. Lanzetta. Altri, invece, vista l’impossibilità di contrastare efficacemente la dittatura fascista si “adegueranno” forzatamente al regime, aspettando momenti migliori per contrastarlo. F.sco Paolo Nicola Scardino risulta, dalla sua scheda del Casellario Politico Centrale, radiato dallo stesso nel 1934. La radiazione avveniva a seguito di decesso ovvero per il venir meno delle condizioni di pericolosità nei confronti del fascismo. Tale buon comportamento era dovuto spesso ad una maggior accortezza e astuzia politica al fine di evitare nuove misure repressive, nuove condanne; e, soprattutto, questa era una condizione indispensabile per poter svolgere meglio un’attività antifascista sommersa più efficace. Tant’è che questo suo lavoro sotterraneo gli permetterà di essere tra i più solerti partecipanti del Comitato di Liberazione Nazionale di Manfredonia dopo la caduta del regime.  Raffaello Di Sabato (Fig. 4) che nel frattempo si era laureato nel 1929 in Scienze Economiche e Commerciali presso il Regio Istituto Superiore di Scienze Economiche di Napoli, continuerà, anche se osteggiato dal regime, la sua attività culturale a favore della città. In tale ambito nel 1935 venne nominato Regio Ispettore ai monumenti, Scavi e oggetti d’Arte. Riuscì quindi ad ottenere la riapertura degli scavi di Siponto. Successivamente gli fu conferito l’incarico di Regio Ispettore Bibliografico per il Comune di Manfredonia. Tale incarico gli venne poi revocato a causa dei sui trascorsi giovanili contro il regime, per essere stato tratto in arresto per la sua attività antifascista in conseguenza di una “invettiva rimata”, alla fine del 1923. (Fig. 4) Raffaello Di Sabato, scrittore e storico repubblicano, riuscirà ad ottenere la riapertura degli scavi dell’area archeologica di Siponto che consentirono di riportare alla luce numerosi reperti d’inestimabile valore artistico. La foto lo riprende con alle spalle una colonna romana tuttora esistente ma alla quale è stata trafugato, anni addietro, il capitello romano in alto e sostituito in seguito con un brutto capitello in stile pseudo medievale.

Fig. 4 Raffaello Di Sabato, scrittore e storico repubblicano, rovine di Siponto con alle spalle una colonna romana tuttora esistente ma alla quale è stata trafugato, anni addietro, il capitello romano in alto e sostituito in seguito con un brutto capitello in stile pseudo medievale.

tutto il ventennio di avere contatti con gli altri esponenti repubblicani senza dare adito a sospetti di natura eversiva. Il ragionier Vincenzo Bissanti proseguirà la sua attività di banchiere nell’unico Istituto di credito presente in città e nel Gargano intero: la Banca Bissanti & De Padova.6  È d’uopo ricordare che, oltre all’ attività di banchiere, eserciterà anche quella di imprenditore; infatti assieme all’ingegner Salvatore Gatta creeranno una società edilizia che risultò appaltatrice, alla fine degli anni venti del Novecento, del primo lotto delle opere idriche di Manfredonia per conto dell’Acquedotto Pugliese. L’impresa finanzierà, a proprie spese, la realizzazione della prima fontana monumentale pubblica nei giardini antistanti (Parco della Rimembranza) il castello angioino. L’inaugurazione avverrà con grande entusiasmo da parte della cittadinanza ed ebbe come madrina la signorina Granatiero, nipote del commissario prefettizio Francesco Paolo Pagano, alla presenza del deputato Gaetano Postiglione, il 23 aprile 1929; la fontana verrà benedetta al termine della cerimonia dal vescovo di Manfredonia, Monsignor Pasquale Gagliardi7. L’ingegner Domenico Sapone, “l’amico Sapone”8 citato da Vittorio Delfino Pesce in occasione del discorso tenuto a Manfredonia nel 1921 per commemorare il XX settembre, progetterà e realizzerà nel 1926 insieme allo scultore foggiano Beniamino Natola il monumento ai caduti della prima guerra mondiale di fronte al rivellino del castello. Molti degli aderenti al partito saranno tra i protagonisti della vita politica e amministrativa della città dopo l’armistizio del settembre 1943. “Il fascismo per l’intero ventennio non riuscì né a realizzare il trionfo della dottrina, uniformando le coscienze, né a guadagnare l’uniformità dei comportamenti attraverso l’uso monopolistico della forza. Le opposizioni organizzate sopravvissero al terrore e alla violenza fascista..”9Manfredonia divenne spettatrice diretta della presenza di una opposizione al regime, poiché sarà partecipe silenziosa di un transito periodico, quasi sempre settimanale, di confinati alle isole Tremiti. I fascisti facevano attraversare, sotto stretta sorveglianza, i poveri segregati attraverso la via principale della città, Corso Manfredi, l’unica che allora conduceva al molo di levante dove venivano imbarcati per le isole diomedee. Bisogna tener presente che l’attuale Lungomare Nazario Sauro, all’epoca (anni ’30), era ancora in costruzione e sarà terminato, creando una colmata a mare insieme all’attuale Banchina di Tramontana, solo nel secondo dopoguerra, negli anni ’50. Per evitare contatti con la cittadinanza, il transito veniva effettuato nelle prime ore del mattino. L’arcipelago delle Tremiti divenne, tra il 1927 e il 1943, un luogo importante di confino, non solo politico. Infatti, tra il 1936 e il 1941, vi furono deportati anche numerosi Testimoni di Geova. La particolarità poco nota di questo luogo di confino, fu che divenne una colonia penale per omossessuali, che il regime dispregiativamente definiva pederasti e che furono alloggiati nella disabitata Isola di San Domino per separarli dai politici e sovversivi che erano invece alloggiati nell’Isola di San Nicola (in quest’isola, tra gli altri, vi fu confinato per qualche mese nel 1939 il socialista Sandro Pertini, futuro Presidente della Repubblica). La persecuzione contro gli omosessuali durante il fascismo fu spietata anche se per fortuna, diversamente dal nazismo, non vennero condotti nei campi di sterminio, assieme agli ebrei, rom ecc… Il confino su San Domino della comunità omosessuale durò pochi anni: con l’entrata in guerra nel 1940, il fascismo graziò tutti, ma solamente per spedirli al fronte, poiché comunque propagandisticamente servivano braccia per imbracciare gli “otto milioni di baionette” della retorica fascista del duce. (Fine quarta parte).

(a cura dell’arch. Michele Di Lauro, docente di Storia dell’Arte dell’I.S. “Roncalli-Fermi-Rotundi-Euclide” di Manfredonia) (Il materiale contenuto in questo articolo può essere riprodotto, in tutto o in parte, per scopi non commerciali, purché siano citati l’autore e la fonte)

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1 Ugo Mancini, 1926-1939 L’ITALIA AFFONDA, Ragioni e vicende degli antifascisti a Roma e nei Castelli Romani, Edizione Infinito, aprile 2015, pag. 103.

2 Michele Magno, Lotte sociali e politiche a Manfredonia (fino al fascismo), quaderni di “Risorgimento Meridionale”, diretti da Mario Simone, Tip. Salemi, Roma, pag. 113.

3 Michele Ferri, Mario Simone nel centenario della nascita, Nuovo Centro di Documentazione Storica Manfredonia, Edizioni del Golfo, gennaio 2002, pag. 16.

4 1921-1971 REPUBBLICANESIMO DI MANFREDONIA, edizione di “Risorgimento Meridionale” (direttore Mario Simone), Stampato nel 1972 per conto del C.E.S.P., Tipografia Laurenziana, Napoli, pag. 7

5 Franco Rinaldi, Il Concerto Bandistico di Manfredonia, vol.1, Tipografia Armilotta, 1997, pag. 65.

6 Maria Teresa Valente, https://www.statoquotidiano.it/20/09/2021/manfredonia-la-fontana-in-villa-torna-a-zampillare/885450/

7 Franco Rinaldi, https://www.statoquotidiano.it/31/05/2018/1929-inaugurazione-manfredonia-della-fontana-pubblica-nella-villa-comunale/625858/

8 La Voce Repubblicana, Quotidiano del Partito Repubblicano Italiano, Roma, 25 settembre 1921.

9 Ugo Mancini, op. cit. pag. 26

*Domenico Mario Simone (Marius Sipontinus) nato a Caserta il 15 dicembre 1901 e deceduto a Manfredonia l’11 ottobre 1975. Sarà tra i promotori assieme ai giovani mazziniani Lorenzo Garzia e Nicola Scardino della creazione della sezione del P.R.I. di Manfredonia nell’alveo della Federazione repubblicana pugliese, capeggiata dall’avv. Piero Delfino Pesce. Nel 1921 si iscrive alla facoltà di legge della Sapienza di Roma e quello stesso anno iniziò a collaborare con “La Voce Repubblicana” In seguito divenne assistente di Giovanni Conti presso la “Libreria Politica Moderna” sempre nella Capitale. Si laureò con una tesi sul pensiero criminalistico di Francesco Mario Pagano. Svolse il praticantato presso lo studio dell’avvocato Michele Lanzetta e in seguito ne apri uno suo nei pressi della Corte di Cassazione. A Roma organizzerà varie testate giornalistiche tra le quali la Puglia Letteraria, Abacadabra, La Puglia a Roma di cui fu caporedattore e alcune altre. Nel 1925 tornerà per un periodo a Manfredonia dove curerà il quaderno “Manfredonia e il Gargano” e contemporaneamente si adoperò insieme a Luigi Pascale per la formazione della Biblioteca Comunale di Manfredonia. Nel 1932 lascerà definitamente Roma per trasferirsi con la famiglia a Foggia e anche in questa città continuerà la sua intensa attività intellettuale fondando lo Studio editoriale Dauno. Dopo la caduta del regime riprenderà il suo impegno politico entrando a far parte del Partito d’Azione e sarà il promotore della Federazione provinciale del partito. In seguito, però, deluso, abbandonerà la politica per dedicarsi all’editoria. Nel ’46 divenne redattore ed editore della rivista “Puglia” e nel ’47 fondò la “Società Dauna di Cultura”. Continuerà negli anni ’50 e ’60 a curare e organizzare numerose attività editoriali. Va anche ricordata la sua lunga attività di giornalista iniziata con “La Voce Repubblicana” e durata oltre cinquant’anni sino alla sua morte avvenuta nel 1975.

 

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