Ho provato a soffermarmi ad osservare il pallottoliere che il centrodestra schiera in questa campagna elettorale in cui preannuncia, urbi et orbi, la vittoria a mani basse della coalizione nella disfida politica.
Nella scheda l’elettore che si riconosce nei principi di questo schieramento troverà, senza troppe sorprese, almeno quattro cerchi concentrici, variopinti al punto giusto per continuare ad attrarre la specie di riferimento, nel tempo un po’ dispersa e magari provare ad imboccare gli appetiti di quella parte ancor più consistente di italiani stabilmente residente nella pancia del Paese.
Non credo serva scomodare un archeologo per riconoscere bene le vestigia del sito, perché si leggono a prima vista tutti quei residui antropologici incontaminati delle idee che, da sempre, ne sorreggono le fondamenta.
È una sorta di cerchio magico che si apre con Forza Italia, pronta a riproporre il nome di Silvio Berlusconi che il prossimo 29 settembre compirà 86 anni, numero interessante nella simbologia numerologica perché indicherebbe, secondo gli esperti, il modo in cui gli angeli custodi comunicano con gli altri!.
A seguire c’è la Lega di Salvini che, strada facendo, ha cambiato molte cose dei suoi baluardi originari, tranne il riferimento al mitico Alberto da Giussano, leggendario personaggio del XII secolo.
Il terzo cerchio è quello di Giorgia Meloni e dei suoi Fratelli d’Italia. Anche qui lo sguardo nel passato sembra voler mantenere ferme ed inalterate le radici della casata. E difatti nel cuore del cerchio torna la Fiamma Tricolore, effige di quel che un tempo fu il Movimento Sociale Italiano.
Una nostalgia qui ricorrente che potrebbe anche servire a sdraiarsi in un cimitero di ricordi, in vero un tantino ingombranti almeno per chi conserva il bene della memoria.
Sbaglierò pure, ma la sensazione che oggi Fratelli d’Italia abbia rinnegato i valori un tempo prevalenti in quella che è stata la funzione della destra liberale in Italia ed in Europa, sdoganata da Pinuccio Tatarella, è forte.
Giorgia Meloni, questo il punto, ha fatto arretrare la formazione politica rispetto alla passata esperienza del PdL, più europeista ed atlantista e mai eurofobica. Evidentemente le acque di Fiuggi non sembrano aver avuto l’effetto sperato.
Ma torniamo al pallottoliere che si chiude con un quarto cerchio, disegnato da una mano di certo malferma quanto improbabile.
E difatti con il pronome Noi si svela la manovra di mettere insieme un po’ di tutto , da Toti a Brugnaro e Lupi, prospettando un avamposto che dovrebbe costituire, nell’idea originaria, la migliore offerta di stampo moderato.
Per raggiungere l’acrobatico scopo, in questo cerchio il simbolismo è assente per lasciare spazio ad un gioco cromatico e di nomi, tranne quel richiamo allo scudo crociato di quel che fu la Democrazia Cristiana, operando lo svuotamento semantico di una storia che ha raccontato e scritto ben altro.
Orbene tutto lascerebbe supporre che questa coalizione abbia i numeri per riprendere la guida del Paese dopo aver dato la spallata al Governo Draghi.
Ma se questo dovesse accadere come accreditano i sondaggi della vigilia, quale scenario si presenterà sul versante politico interno ed internazionale ?
È probabile che Giorgia Meloni, all’indomani del voto, presenti il conto agli alleati rivendicando per se la guida di Palazzo Chigi, con Silvio Berlusconi pronto ad assumere la seconda carica istituzionale dello Stato con la presidenza del Senato e Matteo Salvini nuovamente lanciato, a rotta di collo, verso il Viminale. Ai centristi sarebbero garantite postazioni di un certo peso, benché in seconda fila.
Si sa che l’idea del Quirinale accompagna da sempre i desiderata di Silvio Berlusconi, quindi serve a ben poco urlare per uno scandalo che non c’è. Probabilmente l’ex Cavaliere avrà pensato in buona fede al Colle, del tutto ignaro del principio “ mala fides superveniens non nocet “.
Nel programma, a parte le tradizionali ricette fatte di “ricchi premi e cotillon “ in tema fiscale, si leggono anche passaggi chiave per accelerare un cambio di passo nel sistema politico italiano, preannunciando la svolta presidenzialista inseguita da anni.
E qui si incrocia un primo scoglio periglioso perché, se il nuovo Parlamento dovesse approvare questa riforma, si avrebbe una nuova spallata al Paese – Berlusconi lo pensa intimamente – provocando così una discesa forzata dal Colle di Mattarella e la successiva probabile salita dello stesso Berlusconi sullo scranno più alto delle nostre Istituzioni.
Per evitare che questo accada, il centrosinistra , il terzo polo di Calenda e Renzi e i seguaci di Conte si preparano ad evitare quanto meno che la coalizione data per vincente raccolga una maggioranza superiore ai due terzi dei seggi del Parlamento, sbarrando così la strada al centrodestra nel tentativo di modificare con i propri numeri l’attuale impianto costituzionale da parlamentare in presidenzialista.
Personalmente non credo che il sistema presidenziale sia applicabile alla realtà italiana senza un stravolgimento della sua storia. E tuttavia anche qui vanno oggettivamente considerate opzioni diverse, come l’idea semipresidenzialista, molto in voga in diverse realtà europee, una forma di governo capace insomma di tenere assieme i principi del presidenzialismo senza trascurare la tradizione parlamentarista italiana.
Non da meno sul versante internazionale la vittoria del centrodestra cadrebbe senza contraccolpi. I rapporti inquietanti di Giorgia Meloni e dello stesso Matteo Salvini con il premier ungherese Viktor Orbán, sempre più attestato su posizioni illiberali e di destra nazionalista e populista, le stesse relazioni correnti con Marine Le Pen , sovranista di chiara impronta estremista con il suo Front National, senza dire del clima di sospetti generati dalle sospettose ingerenze di Putin per il tramite di Salvini nelle vicende politiche italiane, sono tutti fattori che rendono quanto meno difficile immaginare che una vittoria del centrodestra susciti sentimenti di serenità e di tranquillità a livello nazionale ed europeo, tenuto conto peraltro della crisi ancora divampante per il conflitto in Ucraina.
Torna quindi di attualità il rituale del Cerchio Magico, pratica medievale spesso applicata nella prassi politica italiana per quella sua attitudine, filosoficamente accertata nella sua descrizione icastica quanto umoristica, di tenere assieme gruppi di pressione e gruppi di interesse.
Una formula magica sulla carta efficace per riagguantare le chiavi del Palazzo ma che stento a capire come possa servire a risolvere i mali del Paese. Manca la garanzia di una buona ferramenta.
Provare per credere.
di Micky dè Finis