CENTOQUATTRO poesie corredate da note filosofiche: «Una raccolta di semplici e brevi componimenti “accumulo di immagini e scherzi filosofici”, attraverso cui alcune schegge di memoria, luoghi fisici e simbolici e volti cari, continuano a vivere nel cuore e nella mente». È il “Filosofare poetando” di Raffaela La Torre (Andrea Pacilli Editore, 317 pag. 15 euro), che schizza con rapide pennellate colorate una visione melanconica della vita che tuttavia si nutre di speranza e si apre alla possibilità di riscatti umani, a nuova palingenesi dell’uomo e del mondo. Un libro attraente che si segnala per la sua struttura originale e per le riflessioni che sollecita. Il tentativo è quello di mettere in relazione la parola poetica e il pensiero filosofico che insieme rappresentano le due modalità con cui raccontare la densità del vissuto umano, di fare filosofia a partire da semplici testi poetici. Che definisci “accumuli di immagini” e “scherzi filosofici”. Si, quando ripercorro con la memoria i luoghi dell’infanzia o, comunque, spazi vissuti come luoghi dell’anima, e ricordo persone care: a ogni testo poetico segue una breve riflessione filosofica sul tema posto, strutturata come “sfogliatina” per la velocità del gesto che la lettura richiede, come uno scherzo filosofico appunto. Il tuo “Filosofare poetando” lo dedichi a Maria Zambrano, figura di rilievo nel pensiero filosofico spagnolo ed europeo del ‘900. Questa donna caparbia, che ha lottato contro la dittatura di Franco e ha vissuto molti anni in esilio, si è posta in modo critico di fronte ai grandi pensatori del 900 (Heidegger, Nietzsche…) non per sminuirne il valore, ma per affermare che quel pensiero filosofico che da secoli si nutre di “logos”, di razionalità, è incompleto se non si avvale anche di tutto il resto che ci costituisce come persona: sentimenti, passioni, gioia, dolore, invidia, memoria….sono tutte espressioni intime della nostra esistenza, che compongono l’interezza del nostro essere “umani”, e giacciono nelle viscere, negli spazi più reconditi e nascosti dell’anima, tenuti a freno dalla razionalità imperante. Ma sono lì, come “saperi dell’anima”, pronte ad emergere… Quale quindi il messaggio di questo tuo lavoro. È senz’altro una visione dolente dello scenario contemporaneo e sulla complessità con cui si intrecciano questioni storiche irrisolte e problemi posti dalla rapida evoluzione tecnologica che ha stravolto le nostre vite contribuendo alla disumanizzazione in cui è precipitato il nostro tempo. Questioni pressanti come quella ecologica che chiama in causa la coscienza e la responsabilità nei confronti delle future generazioni; come la migrazione dei popoli, fenomeno storico-sociale che rappresenta la cifra più inquietante del nostro tempo; non ultima come la guerra armata ormai alle porte dell’Europa. Come uscirne. La centralità dell’umano, che è nell’uomo, e la consapevolezza della sua fragilità, richiama il pensiero del divino, sia pure razionalmente posto, che rappresenta, comunque la si pensi o si creda, indipendentemente da ogni vincolo dogmatico, un’ancora di salvezza, una speranza di serenità e pacificazione. Una necessità esistenziale.
di Michele Apollonio