Venerdì 5 Luglio 2024

Perché Dina Valente ha ragione?

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Siamo a Manfredonia, una città di provincia. Ci sono nato in questa città e ci ho vissuto fino ai 19 anni circa… poi come spesso accade in posti come questo si va a studiare altrove. Così il mio desiderio di fare del cinema mi ha portato a studiare a Bologna e rimanerci anche dopo la laurea per molti anni. Una storia comune a molti, una storia senza alcun valore d’esempio e senza neppure una ragione d’essere al momento raccontata.

Quindi non la racconterò in questa sede, e non servirà a spiegare la mia domanda iniziale.

Chi è Dina Valente e cosa rappresenta in questa cittadina. E’ stata una insegnante, ma sopra ogni cosa è stata ed è la “donna teatro” più amata, conosciuta e stimata in città.

E’ la persona che tutti coloro che desideravano avvicinarsi alla “forma” teatrale cercavano. Non me ne vogliano gli altri appassionati del teatro al quale comunque va il mio prezioso riconoscimento da cittadino per quella sterminata dedizione che da sempre mettono nel proprio voler essere teatro.

Dina Valente ha ragione quando afferma che in questa cittadina di provincia il teatro c’era. E io dico per fortuna. Non solo, c’erano anche i Teatri, quelli fisici.

C’erano i cinema, tanti. C’erano appunto.

Oggi di tutti quei luoghi non resta che un solo resistente cinema e il teatro comunale.

Quei luoghi sono stati tirati giù dalla smania di guardare avanti, di guardare al futuro che cancellava e diceva che il Cinema era morto e il teatro già da un pezzo continuava ripetutamente a morire.

Io figlio degli anni Settanta, adolescente negli anni Ottanta li ho visti sparire uno ad uno, senza che nessuno si incatenasse ai cancelli o provasse a mettere su una impresa per tenere vivo il desiderio, la passione del teatro prima ancora che il mestiere del teatro.

Si è lasciato che il destino del tempo divorasse anche i desideri dei cittadini più impegnati sul fronte artistico, di qualsiasi livello e di qualunque genere.

E questo è stato senz’altro il tempo che ha dato avvio a quel deserto che da oltre quindici anni noi Apocrifi andiamo cantando e stiamo provando a divorare per farlo fiorire.

Non si offendano per la parola deserto, non siamo ciechi. Conosco bene cosa è quel fare teatro per gli amatori, conosco quel popolo straordinario e multiforme che lo popola, ricco di talenti e di grande sapienza scenica.

Si offendano per il deserto, si offendano per tutti quei ragazzi che non sono riusciti, come spesso capita a noi, a fargli germogliare il desiderio di coltivare il proprio talento, non solo artistico, qui in questo angolo di sud.

Si offendano, come mi offendo io, quando la politica non sa essere all’altezza di quel popolo così dirompente che accetta sulla propria vita la scommessa di coltivare qui competenze e professionalità oltre che smisurata passione.

Si offendano per la distruzione di quei luoghi.

Come posso raccontare cos’era questa città senza nessun segno ancora in vita, solo foto in digitale in un eterno ricordo, in un continuo rito funebre di ciò che fu e di ciò che non diventerà mai?

Dina Valente ha ragione a ritenere che qui il teatro c’era prima dell’arrivo degli Apocrifi. Ci mancherebbe altro, c’era in tutto il mondo. Il teatro è dentro l’uomo stesso, ma non c’erano imprese teatrali, non c’erano, di questo ne sono certo. Non c’erano le flotte di ragazzi innamorati del teatro a tal punto che alcuni di loro lo inseguissero ovunque ma anche qui, investendo la propria vita facendolo diventare il lavoro che avevano a un certo punto sognato.

Viva il teatro e viva tutti coloro che tengono accesa l’attenzione su di esso.

Cosimo Severo

Regista e direttore artistico Teatro Bottega degli Apocrifi / Teatro Comunale Lucio Dalla

 

 

 

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