Il 5 settembre 1923 una squadra di giovani dell’avanguardia fascista provenienti da Foggia giunse a Manfredonia. Le ipotesi sul loro arrivo sono varie ma su La Voce Repubblicana del 6 settembre 1923 si ipotizza che la venuta in città sia adducibile a un dissidio tra i fascisti foggiani e l’Amministrazione di Manfredonia accusata di aver appoggiato la causa di Lucera nella questione del Liceo scientifico. La cittadinanza di Manfredonia si dimostrò fredda nei confronti degli squadristi foggiani, pensando che il loro arrivo non causasse i soliti incidenti. Tutt’altro: i fascisti, probabilmente incitati da elementi locali, incominciarono a commettere tutta una serie di abusi e violenze (Fig.1) additando in modo particolare i <<delinquenti repubblicani>>. Su La Voce Repubblicana del 6 settembre 1923 esce un articolo dal titolo “Repubblicani arrestati e schiaffeggiati a Manfredonia”, dalla cui lettura apprendiamo che: ad un giovane repubblicano è stato strappato il distintivo, ed essendosi questi ribellato insieme con un altro compagno, è stato trasportato al Fascio dove sono stati interrogati e invitati invano a denunziare gli altri affiliati (alla mano nera?) e poscia rinchiusi in una saletta del Fascio.
Quivi sono stati perquisiti e sono stati sequestrati una cartolina con l’immagine di G. Bovio e un temperino. Il possessore del temperino sarà condotto in caserma e rilasciato dopo molte ore, mentre l’altro verrà rilasciato subito. Nel paese regna, come in altre occasioni, un gran malcontento per le offese ad alcuni concittadini e per la spavalderia con la quale i fascisti intimidiscono la popolazione <<promettendo fior di bastonate>>. A seguito delle violenze, protestarono con forza numerosi reduci di guerra che, dopo un’aspra presa di posizione favorevole agli avanguardisti dei dirigenti della sezione combattenti della città, indirizzarono una lettera di solidarietà alla sezione repubblicana. La lettera scritta da <<un numeroso gruppo di combattenti, trinceristi, decorati, feriti e legionari fiumani>> verrà riportata su La Voce Repubblicana del 16 settembre 1923. A ciò si aggiungono i contrasti e gli scontri tra i fascisti sipontini, che si acuiscono sempre di più, tanto che un gruppo di dissidenti si costituirà in un fascio autonomo che però si scioglierà e rientrerà nel fascio ufficiale poco prima delle elezioni politiche del 1924. Il 6 aprile del 1924 hanno luogo le ultime elezioni politiche multipartitiche per il rinnovo della Camera dei deputati. Le elezioni avvengono sulla base della famosa legge Acerbo del novembre 1923. La campagna elettorale fu contrassegnata da un clima di intimidazione e sopraffazione, con numerosi episodi di violenze da parte del Partito Nazionale Fascista. Tutto questo verrà denunciato nella seduta parlamentare del 30 maggio dal segretario socialista Giacomo Matteotti. Come conseguenza del suo discorso di protesta Giacomo Matteotti fu rapito e assassinato da una squadra di fascisti capeggiata dal pluriomicida fascista Amerigo Dumini. In vista di quelle elezioni, a causa di evidenti difficoltà logistiche da parte dei partiti di sinistra, il PRI pugliese, che inizialmente sosteneva l’astensione, partecipò alla competizione a seguito di un nuovo orientamento della direzione del partito. L’obiettivo era, come scrive Simona Colarizi <<di costituirsi quale centro unificatore di tutte le forze democratiche antifasciste, e in primo luogo quelle combattentistiche, aprendo la sua lista alle candidature di Michele Lanzetta e Antonio Lauricella, entrambi mutilati di guerra, Egidio Reale, ex combattente di Lecce, Pasquale Carlo, decorato di guerra>>1. Per contrastare la campagna politica del P.R.I. le sue sezioni vengono assaltate e devastate, verrà impedita la vendita e la distribuzione dei giornali repubblicani, ai candidati repubblicani fu impedito di tenere comizi. Durante la campagna elettorale avvenne un grave episodio di violenza politica a Monte Sant’Angelo. L’avvocato Michele Lanzetta (futuro senatore socialista) (Fig. 2) era stato candidato alle elezioni nelle fila del partito repubblicano quale ex combattente, fuoriuscito dall’Associazione Nazionale Combattenti, che in Capitanata era capeggiata da Caradonna. Per contrastare la sua campagna elettorale arrivarono da più Comuni candidati fascisti. Tra questi arrivò in città il 26 marzo 1924, per tenere un comizio, il gerarca Giuseppe Caradonna, noto per essere stato a capo della squadra fascista che sparò e uccise il deputato socialista Giuseppe Di Vagno nel mese di settembre 1921. Al Lanzetta, così come ad altri antifascisti, fu ordinato di non uscire di casa; a tale ordine, ovviamente, disobbedì. Negli stretti vicoli cittadini, miliziani fascisti diedero la caccia a un noto esponente socialista chiamato Dianos e il Lanzetta <<..dopo essere stato costretto ad uno scontro a fuoco con gli squadristi di Giuseppe Caradonna (in tale circostanza rimane ucciso un ragazzo), viene tratto in arresto.>>2. Nel frattempo<<.. alla stazione di Roma era fermato il suo sodale, Mario Simone*, preposto alla campagna elettorale di Capitanata.>>3 Michele Magno, in riferimento all’evento, precisa che i fascisti <<spararono sulla folla uccidendo un dodicenne>>4 (un tal D’Apolito).
A Manfredonia, nello stesso periodo, la situazione politica è ancora più cupa. Sia i comunisti che i socialisti non riescono a svolgere la loro attività di propaganda elettorale. Solo la sezione repubblicana è in grado di svolgere un’azione di contrasto alla violenza e ai soprusi fascisti e il 4 marzo del 1924 appare su “La Voce Repubblicana” un articolo con relativo manifesto. Nell’articolo si evidenzia che gli iscritti e i numerosi simpatizzanti <<di questa cittadina adriatica hanno appreso con grande soddisfazione che il Partito Repubblicano ha deciso di svolgere una attiva azione politica presentando una lista di candidati che ha come alfiero Piero Delfino Pesce.>> L’articolo prosegue evidenziando l’impossibilità di tenere adunanze, anche perché il partito era senza sede dal tempo della Marcia su Roma, e quindi che un gruppo di amici ha votato il seguente ordine del giorno <<Salutiamo in quest’ora di passione la Direzione del P.R.I. che al di sopra di qualsiasi opposizione gialla rossa o nera al fascismo, ha diretto la lotta alle istituzioni monarchiche, origine di tutte le sciagure in special modo delle condizioni miserevoli del Mezzogiorno…. Incitiamo tutti gli amici di Puglia a propagandare fra i contadini, i marinai e gli operai il nostro programma di riscatto regionale bollando senza pietà i pseudo capi-popolo che dinanzi allo irrompere del fascismo non un esempio dettero di alta virtù civile preferendo il disonore al sacrificio, tradendo la causa di quei lavoratori cui avevan promesso pane e libertà.>>5 Durante la campagna elettorale, nei giorni precedenti le votazioni, agli antifascisti è estremamente rischioso svolgere propaganda politica. <<L’attività elettorale antifascista era quasi interamente svolta in clandestinità, come dimostrano telegrammi e messaggi inviati alla prefettura dal comune.>>6 Le elezioni saranno ridotte a una truffa a causa della presenza di militi provenienti da altri Comuni e in modo particolare da Cerignola, così come riportato da La Voce Repubblicana del 9 e 11 aprile 1924. Nei due articoli viene evidenziato che i rappresentanti socialisti e repubblicani furono espulsi violentemente dai seggi elettorali, con il risultato che furono attribuiti 3.300 voti ai fascisti e solo 9 voti all’opposizione: 3 ai socialisti, 3 ai repubblicani e 3 ai popolari, dati dagli stessi fascisti per dimostrare la regolarità delle votazioni. La vittoria truffa del Fascio, il 6 aprile 1924, e il consolidamento del potere fascista eliminarono a Manfredonia l’opposizione antifascista. Le lotte all’interno del Fascio locale invece continuarono fino al termine dell’anno successivo, quando a causa dei profondi dissidi interni, il prefetto si vedrà costretto a nominare un nuovo commissario al Comune. La scelta ricadrà sull’avvocato Domenico Farina, ben noto per essere stato la causa degli incidenti dell’aprile 1922. Nell’estate del 1925, poco prima della chiusura della sezione repubblicana, viene redatto un quaderno (edizione Tipografia di Osvaldo Bilancia di Manfredonia), elaborato da giovani oppositori al fascismo e presentato da Mario Simone. Nel quaderno vengono messe in evidenza le tristi condizioni sociali e politiche dell’epoca, auspicando un miglioramento e il <<benessere delle classi umili che, contro ogni avversità, danno ricchezza e decoro..>>. Con l’emanazione delle cosiddette Leggi fascistissime tra il 1925 e il 1926 cominciò la trasformazione dell’ordinamento giuridico del Regno d’Italia in Regime fascista. Tra queste bisogna ricordare in modo particolare la legge n. 2029 del 26 novembre 1925, più nota come <<legge contro la massoneria>> così come definita dai giornali fascisti dell’epoca. Celebre fu il discorso pronunciato da Antonio Gramsci alla Camera dei deputati il giorno della discussione del disegno di legge Mussolini-Rocco, il 16 maggio 1925, che voleva abolire la Libera Muratoria e indirettamente rivolto contro i partiti antifascisti. Il discorso verrà interrotto più volte dai deputati del PNF e soprattutto dallo stesso Mussolini. La celebre arringa in difesa dei massoni fu soprattutto una denuncia contro la deriva liberticida del fascismo. La legge assesterà il colpo definitivo al Grande Oriente d’Italia, dopo che da anni le squadre fasciste avevano attuato un sistematico piano di assalti e distruzioni nelle sedi delle logge massoniche in tutta Italia. Violenze che culminarono nella toscana “notte di San Bartolomeo”, tra il 3 e il 4 ottobre del 1925, quando a Firenze squadre fasciste uccisero i massoni Giovanni Becciolini, Gaetano Pilati e Gustavo Consolo. Molti repubblicani erano iscritti alla Massoneria, ad esempio il direttore del giornale La Voce Repubblicana, il deputato Giovanni Conti e, per rimanere in Puglia, Piero Delfino Pesce e il fratello Vittorio Delfino Pesce oltre allo scrittore Luigi Natoli, iscritto alla loggia “Pietro Giannone” di Foggia. Ma alla massoneria erano iscritti tanti alti esponenti del fascismo come ad esempio il gerarca cerignolano Giuseppe Caradonna. Tutto il quadrumvirato (Balbo, De Vecchi, De Bono e Bianchi) che organizzò e comandò la “Marcia su Roma” era composto da massoni. A Manfredonia, in conseguenza del clima di repressione, verrà scoperta e chiusa, dopo essere stata probabilmente assaltata e devastata così come nel resto d’Italia, una loggia massonica che aveva sede in città e di cui vi sono poche testimonianze documentali. L’unico collegamento che è possibile ipotizzare è quello relativo alla lettura della decorazione della cornice del portone d’ingresso dell’abitazione del commerciante repubblicano Antonio De Francesco (Fig.3). Dall’analisi iconografica, sulla sinistra emerge da un vaso un tralcio di edera che è il simbolo del partito repubblicano a cui apparteneva il De Francesco. Nella parte arcuata della decorazione sono presenti rametti di acacia di diverso tipo. Questi ultimi elementi decorativi sono un chiaro riferimento alla massoneria, visto che l’acacia è uno dei simboli più utilizzati dai massoni. Quindi si può di conseguenza ipotizzare che il De Francesco fosse un affiliato alla massoneria. A questa loggia sipontina è molto probabile che fossero iscritti, oltre a liberi muratori antifascisti, anche appartenenti al partito fascista, e questi ultimi avevano tutto l’interesse a che non venisse pubblicizzata la loro adesione alla loggia massonica. Anche la sezione del partito repubblicano di Manfredonia, l’unico partito ancora operante in città, presumibilmente alla fine del 1925 scompare come forza politica organizzata, così come riportato da Michele Magno7.
La repressione continuerà con l’emanazione di leggi sempre più liberticide. Alla fine del 1926 verranno costituite apposite commissioni provinciali che deliberavano l’allontanamento e il confino politico per tutti coloro che si ritenevano pericolosi per l’ordine pubblico. Durante il regime fascista furono perciò condannati al confino i più importanti intellettuali e politici antifascisti, costretti a recarsi in luoghi distanti dai loro paesi di origine. Come conseguenza delle leggi eccezionali anche Manfredonia non venne risparmiata dalla reazione poliziesca e giudiziaria. Nel mese di novembre del 1926, unico a Manfredonia, il repubblicano Francesco Paolo Nicola Scardino fu arrestato per offese al Capo del governo assieme a nove comunisti di altri Comuni della provincia. Per decisione della nuova Commissione provinciale di pubblica sicurezza verrà assegnato al confino per anni uno a Favignana, in Sicilia, con ordinanza del 22 novembre 1926. Proposto ricorso contro tale decisione, la Corte di Appello di Bari lo respinse in data 18 dicembre 1926. A distanza di pochi giorni, il 24 dicembre, Scardino verrà liberato, e nel mese di gennaio 1927 la pena sarà commutata in ammonizione. Al termine dell’attività processuale, nell’aprile del 1928, venne prosciolto dalle accuse contestate ed emessa sentenza di assoluzione. Fu però iscritto nell’elenco delle “persone da arrestare in determinate circostanze” e anche nella “Rubrica di Frontiera”. Nello stesso periodo il repubblicano Costantino Scardino (1884), fratello maggiore di Nicola, iscritto alla “Rubrica di frontiera”, riuscirà ad eludere la sorveglianza della polizia politica fascista.
Si travestì da prete e assieme al figlio Ottavio (Fig. 4) si recò in treno a Roma dove rimasero qualche settimana in clandestinità.
A Roma poterono contare sull’aiuto dell’amico avvocato Mario Simone che in quegli anni vi svolgeva attività professionale in collaborazione con l’altro avvocato repubblicano Michele Lanzetta, il quale aveva lo studio in via Ripetta e nella cui casa, sempre a Roma, si riunivano spesso esponenti antifascisti. Costantino Scardino (Fig. 5) riuscirà fortunosamente a raggiungere la Svizzera, da dove poi proseguirà attraversando la Francia ed infine sostando per un certo periodo a Barcellona. La città catalana, in quegli anni, era la meta preferita degli italiani che si recavano nella penisola iberica, tant’è che in essa vi risiedevano metà di tutti gli italiani presenti in Spagna. Costantino Scardino e il figlio si imbarcarono alla volta delle Americhe ed infine, dopo varie vicissitudini, si stabilirono a Città del Messico, così come del resto risulta dalla sua scheda dell’Archivio politico centrale (ANPI).
Nella capitale messicana vi erano numerosi “fuoriusciti” italiani, che vi affluiranno in modo particolare dopo la seconda metà degli anni ’20 del Novecento. Tra gli antifascisti in città occorre ricordare in modo particolare due giovani repubblicani: Leopoldo Caroti, capitano di lungo corso, figlio del deputato comunista di Firenze Arturo Caroti e il dottor Silvio Mastio, laureato in chimica. Spostatisi in Venezuela, entrambi cercarono di inserirsi nelle lotte interne a quel Paese, con il proposito di ricavare armi e mezzi che servissero all’antifascismo italiano, ma quasi subito caddero trucidati dalle truppe del dittatore venezuelano Juan Vincente Gomez8. (Fine terza parte).
(a cura dell’arch. Michele Di Lauro, docente di Storia dell’Arte dell’I.S. “Roncalli-Fermi-Rotundi-Euclide” di Manfredonia) (Il materiale contenuto in questo articolo può essere riprodotto, in tutto o in parte, per scopi non commerciali, purché siano citati l’autore e la fonte)
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1 Simona Colarizi, riportata in “Centro Documentazione Piero Delfino Pesce”
www.centrodocumentazionepierodelfinopesce.it.manifesto1924.htm
2 Guido Lorusso, Omaggio a Piero Delfino Pesce, Edizioni del Sud, Bari, 1989, pag. 29.
3 Michele Magno, Cronache Manfredoniane, Salemi Editore, Roma, 1994, pag. 174.
4 La Voce Repubblicana, 4 marzo 1924
5 1921-1971 REPUBBLICANESIMO DI MANFREDONIA, edizione di “Risorgimento Meridionale” (direttore Mario Simone), Stampato nel 1972 per conto del C.E.S.P., Tipografia Laurenziana, Napoli, pag. 7
*<< Qui, a sua cura, fin dall’inverno 1922, concludendosi un paziente e difficile lavoro, si era costituita la Consociazione provinciale del Partito, comprendente sezioni e gruppi del Capoluogo e di altri numerosi comuni del Tavoliere, del Gargano e del Subappennino.>>
6 Carlo Trotta, Tesi di Laurea: Società e politica a Manfredonia alle origini del fascismo, Università di Bologna, A.A. 1988/89- Fonogramma del 7 aprile 1924 in A.C.M. cat. 6, cl 2, fasc. 1
7 Michele Magno, Lotte sociali e politiche a Manfredonia (fino al fascismo), quaderni di “Risorgimento Meridionale”, diretti da Mario Simone, Tip. Salemi, Roma, pag. 113.
8 Ferdinando Schiavetti, Un episodio dell’antifascismo repubblicano: l’attività di Mastio e Caroti nel Centro America, Estratto dalla rivista “Il movimento di liberazione in Italia”, n. 97, 1969.