È il caso di dire, cosa fatta capo ha! La tornata elettorale di ottobre sancisce, senza l’ombra del dubbio, quelle che erano le sensazioni della vigilia. Le forze riformiste vincono al primo turno, anche con un buon margine, in tre dei sei capoluoghi di regione, Milano, Bologna e Napoli. Ma il centrosinistra sbaraglia al primo turno anche a Salerno, Rimini e Ravenna ed è in vantaggio a Torino, Caserta e Varese. Credo siano sufficienti questi dati per dire, senza troppi giri di parole, che la partita si è chiusa in favore di un nuovo cantiere politico che vede nell’alleanza tra il Pd e il Movimento 5 Stelle l’anello più convincente rispetto ad un centrodestra che non riesce mai a trovare la quadra al proprio interno. Ho maturato da tempo l’idea che il centrodestra si spappola perché ogni giorno ha una sua croce. Naviga spesso al buio e al suo interno fa prevalere sempre personalismi assoluti. Ma poi, detto in soldoni, cercare di vincere senza idee resta un’operazione complicata, come quella di guidare un aereo senza sapere da dove partire e dove atterrare. Ben che vada, anche per un buon pilota il miglior risultato è non decollare. In buona sostanza e fuor di metafora, ho la sensazione che in questo schieramento quel che deborda è un minestrone di slogan, urla e contraddizioni. Certo, a Roma la sfida è ancora aperta. Ma anche lì il vantaggio di Michetti, schierato dal centrodestra, è di soli 3 punti su Gualtieri, in campo per il centrosinistra ma senza il Movimento 5 Stelle. Dunque, una partita in salita anche quella capitolina, dove il terzo arrivato è quel Carlo Calenda che ha incassato un lusinghiero 20 per cento che dubito fortemente possa sentirsi attratto nel centrodestra perché Calenda, lo sanno pure le pietre, rimane comunque un personaggio ostile alle destre di tutte le paste.Lo scenario cambia ben poco in Puglia e nella stessa Daunia. Qui le liste civiche fanno man bassa, ma le vittorie di Merla a San Marco in Lamis e di Vocale a San Nicandro danno l’idea che anche in Capitanata il centrosinistra vince e convince, per non dire della conferma di Nobiletti a Vieste e della vittoria in pompa magna di Vincenzo Riontino a Zapponeta, un vero fulmine nelle urne. Va anche detto per amore di verità che il successo del centrosinistra maschera il magrissimo risultato ottenuto dal Movimento 5 Stelle, ma l’alleanza porta comunque frutti importanti per la stabilità del Governo Draghi. Sul piano politico fa notizia il successo della formazione di Calenda che si afferma in maniera molto lusinghiera come pure continua a crescere Fratelli d’Italia. Per la Lega una sconfitta che segna per me la fine dell’ascesa di Salvini. La Lega, forza di lotta e di governo, è un concetto che funziona poco e male, non fosse altro perché la matematica non è un’opinione. Resta da dire di Cerignola dove il ballottaggio tra Metta e Bonito apre una nuova partita tutta da giocare. A me pare che qui Franco Metta abbia spinto tutto quel che poteva al primo turno, ma il risultato ottenuto non lo mette al riparo da un possibile ribaltone. Francesco Bonito, magistrato di lungo corso, gode di grande stima e può contare su un appeal notevole in tema di legalità, ingrediente molto richiesto in una città messa male. Pare ovvio dedurre che Bonito conti sul sostegno di Tommaso Sgarro, che non arriva al ballottaggio per un tiro di schioppo, ma anche sui voti di Antonio Giannatempo che non sosterrà mai Metta, neanche con il cappio al collo. E intanto a Manfredonia, dove si voterà il 7 novembre, stenta ad entrare nel vivo una campagna elettorale attesissima. È presto per dire come si metteranno le cose. Bisogna vedere i programmi, ascoltare i protagonisti che sembrano muoversi con molto tatticismo. Personalmente ho il sentore che anche nel centro sipontino saranno in due a giocarsi la partita finale: Gianni Rotice, incoraggiato dalle destre, da Forza Italia e da alcune civiche e Gaetano Prencipe, area riformista, sostenuto da un raggruppamento di centro sinistra e da aggregazioni cattoliche democratiche, due bei profili, ma a ben vedere profondamente diversi per storia personale e cultura. Sempre che Giulia Fresca, lanciata a sorpresa nella mischia da Antonio Tasso, non riesca a scompaginare i giochi. Una cosa è certa: per Manfredonia è giunta la fatidica ora X, per cambiare ma anche per dimenticare.
Micky dè Finis