IL PROGETTO è tanto affascinante quanto ambizioso: andare alla scoperta dell’antica Siponto rimuovendo la coltre di un paio di millenni stratificatisi sopra una città che dall’epoca della sua nascita (194 a. C.) ha conosciuto fasti e sventure fino al suo definito abbandono nel XIII secolo. La splendida avventura è iniziata. L’equipe di archeologi delle Università di Bari e Foggia si son messi al lavoro per ricercare i riscontri visivi diretti, di quello che hanno fatto percepire le indagini geofisiche dagli stessi condotte su una parte della superficie dell’antica città e presentate nel corso di una conferenza tenuta nel giugno scorso nella basilica di Siponto. Un supporto tecnico moderno che ha consentito di sbirciare i resti delle strutture della città romana fino a quella medievale giacenti nel sottosuolo.
«LO SCAVO si concentrerà in un primo momento in due aree, una in corrispondenza dell’antico anfiteatro, l’altra in corrispondenza di una porzione di un isolato della città romana, sulla quale si sovrapposero gli edifici di età medievale» annuncia Giuliano Volpe, archeologo dell’Università di Bari che assieme ai colleghi Roberto Goffredo e Maria Turchiano dell’Università di Foggia, guidano il pool di operatori tra cui numerosi studenti del nuovo corso di laurea magistrale in Archeologia inter-ateneo.
Quello iniziato alcuni giorni orsono, è uno scavo che si concluderà il 15 ottobre prossimo finanziato dalle Università di Bari e Foggia con il supporto della Direzione regionale musei, del Parco archeologico di Siponto, della Soprintendenza ABAB di Foggia. «È un primo intervento – spiega Volpe – compreso nel progetto pluriennale “Sipontum: archeologia globale di una città portuale” che prevede pertanto altre campagne di scavo che ci consentiranno di mettere a vista buona parte della città di Siponto». Quello appena iniziato intende essere solo una parte di un intervento più ampio di conoscenza, tutela, valorizzazione e fruizione dell’area archeologica di Siponto, condotto anche secondo i principi dell’archeologia pubblica.
«SIPONTO – evidenziano gli archeologi Goffredo e Torchiano – rappresenta un caso esemplare di città antica e medievale abbandonata e consente pertanto di approfondire numerosi temi, dalla fisionomia di una colonia romana a quella della città nelle fasi tardoantica e medievale e in particolare al ruolo centrale del porto, oggi interrato ma in antico perfettamente funzionante, base operativa anche dei commercianti di grano apuli».
Il mondo accademico e culturale si è dunque accorto dell’immenso patrimonio archeologico che Siponto ha tenuto fin qui nascosto complice il lassismo culturale dei responsabili governativi locali. Va riconosciuto che a dare la scossa determinante a richiamare l’attenzione generale su questo sito, è stata l’intuizione del direttore del Parco archeologico di Siponto, Francesco Longobardi, di affidare all’estro inventivo di Edoardo Tresoldi la costruzione di una basilica immaginaria sulle fondamenta di quella paleocristiana. Una ideale continuità temporale con prospettive edificanti.
Michele Apollonio
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