La segretaria generale della CISL provinciale di Foggia, Carla Costantino, ha diffuso un vibrante comunicato in cui denuncia il mancato raddoppio della statale 16 che collega Foggia a San Severo, nonostante «raccolta firme, coinvolgimento dei media, interviste, interventi, conferenze, sollecitazioni, pubbliche denunce e grida d’allarme». Un sacrosanto e doveroso intervento del sindacato provinciale per sollecitare la realizzazione delle opere peraltro già finanziate, necessarie a mettere in sicurezza una arteria che presenta «situazioni di pericolo assoluto».
Situazione analoga, se non ancora più grave, è quella della statale 89 Foggia-Manfredonia per la quale tuttavia – lamentano i manfredoniani – la CISL provinciale di Foggia, non si è mai occupata con un suo intervento in appoggio alle tantissime denunce, lamentele, articoli di stampa e tanto altro, partiti da Manfredonia. Ma qui non si vuole polemizzare sull’intervento o meno del sindacato o su quale strada abbia la priorità: la rete stradale della provincia di Foggia è tutta bisognevole di interventi strutturali, piuttosto evidenziare come un sindacato, in questo caso la Cisl, non avverta il ruolo di super partes di organismo provinciale che guarda oggettivamente alle varie e diverse situazioni che si verificano nei centri della provincia e intervenga equanimemente.
Una condizione deficitaria ancor più marcata se si guarda alla Provincia, quale ente intermedio di coordinamento dei comuni. Vero è che le Province sono state oggetto di svariati interventi legislativi che hanno finito per modificarne struttura e funzioni, col risultato di creare solo confusione e incertezze. Alla Provincia è stato quanto meno ridimensionato quel ruolo di centralità politica e di redistribuzione delle proprie prerogative operative. La Provincia di Capitanata ha visto venir meno gran parte dei suoi poteri funzionali al buon governo di un territorio dagli interessi variegati che pertanto sono rimasti alla mercè di governi locali i quali, in quanto tali, non hanno avuto una visione ecumenica delle tante e importanti problematiche comuni e dunque sono entrati spesso in conflitto fra di loro.
Eclatante e inquietante è il caso delle contese ancora oggi in atto tra i comuni di Manfredonia e Monte Sant’Angelo sull’uso dei rispettivi territori confinanti. Con la Regione alquanto distratta e impegnata in altre faccende.
A soffrirne maggiormente è stata la provincia di Foggia lontanissima da Bari molto più che geograficamente, tant’è che, agli inizi del Terzo millennio, il presidente della Provincia di Foggia, Antonio Pellegrino, si fece promotore, assieme alle province di Avellino, Campobasso e Benevento, di un “Patto” per costituire la “Grande Provincia” «convinto dell’assoluta necessità di un autorevole ente intermedio, per un territorio vasto, complesso e straordinariamente ricco di risorse come quello di Capitanata» ha ricordato recentemente Geppe Inserra su “Lettere meridiane”, a sua volta richiamando una rievocazione di Saverio Russo, professore ordinario di stuti umanistici all’Università di Foggia.
Un progetto lungimirante di grande respiro che non vide mai la luce boicottato da più parti, frutto di una intuizione che probabilmente avrebbe evitato l’esplosione di quel che covava sotto la finta cenere della Capitanata, vale a dire il via libera alle infiltrazioni mafiose conclamatesi in questi ultimi anni, con lo scioglimento di ben cinque amministrazioni comunali: Monte Sant’Angelo, Mattinata, Cerignola, Manfredonia e il capoluogo Foggia. Una debacle senza precedenti, un vulnus che a quanto pare è destinato a permanere e a complicarsi.
Michele Apollonio