Il blocco della distribuzione del vaccino AstraZeneca, come in tutti i paesi che lo hanno interdetto, ha rallentato la campagna vaccinale. Il Presidente Draghi aveva annunciato per la scorsa settimana un “riscaldamento” che avrebbe portato nel mese di aprile alla somministrazione di 500 mila dosi al giorno con l’obiettivo di vaccinare l’80% degli italiani entro fine settembre. Il piano ci aveva dato qualche speranza, facendoci mandare giù anche il boccone amaro dell’ennesima chiusura. Ma, la sospensione temporanea della somministrazione del vaccino in questione, non solo ha scombussolato i piani del governo, ha contribuito anche a diffondere nella popolazione ansie e preoccupazioni che alimentano lo scetticismo e rinforzano le convinzioni dei no-vax, che non aspettavano altro. La Puglia è partita bene, somministrando i vaccini alla velocità massima consentita dalla disponibilità delle dosi, e dopo il via libera dell’EMA (European Medicines Agency) riavvierà la calendarizzazione già programmata delle fasi successive. La struttura organizzativa strutturata dalla Regione ha messo in moto un meccanismo capace di somministrare un numero molto elevato di dosi di vaccino su tutto il territorio regionale in maniera efficace. E nel momento in cui arriveranno ulteriori dosi sarà pronta a vaccinare tempestivamente molti più pugliesi “per dare la massima copertura alla popolazione senza perdere un minuto di tempo” come ha dichiarato il presidente della Regione Puglia Michele Emiliano. Si ripartirà con il vaccino dei nati nel 1942 per poi proseguire con le classi seguenti. A Manfredonia lunedì 15 marzo sono partite le somministrazioni delle seconde dosi agli ultraottantenni, e sono stati vaccinati, con i vaccini dei lotti incriminati di AstraZeneca, tutti gli insegnanti e le forze dell’ordine. A quanto pare, stanno tutti bene. Per quanto riguarda gli ultraottantenni non deambulanti, che hanno fatto richiesta della vaccinazione a domicilio, è stato firmato un accordo con i medici di medicina generale, ma la situazione è molto complessa. Innanzitutto, dovendo somministrare il vaccino della Pfeizer, c’è un problema di temperatura, poiché come sappiamo questo vaccino si conserva a -80°, va scongelato, diluito e diviso in dosi, quindi si può somministrare. I medici di base dovrebbero trasportarlo così in casa del loro assistito. Mancherebbe però il supporto di un anestesista e di altri medici che potrebbero intervenire nel caso di situazioni d’emergenza dovute al vaccino. I medici di famiglia sono disponibili a farlo, ma per partire chiedono di essere supportati per poter garantire la salute dei loro pazienti e uno scudo legale che li tuteli da eventuali denunce. Intanto, a causa della zona rossa, in ospedale sono stati bloccati ricoveri e interventi non urgenti fino al 6 aprile. Adesso la campagna vaccinale proseguirà con la programmazione prevista, e magari anche più velocemente, poiché sembra sia davvero l’unica speranza per poter venir fuori da questo incubo.
di Mariantonietta Di Sabato