Il 2020, con il lockdown prima e le successive restrizioni poi, è stato contrassegnato da un notevole incremento rispetto alle due annualità precedenti, negli accessi ai Cav, + 14% e + 34%, e del 61% nella messa in protezione in casa rifugio.
I 27 Centri e i loro sportelli sul territorio hanno accolto 2.349 nuove donne nel 2020, con un aumento di 290 rispetto all’anno 2019 e di 599 rispetto all’anno 2018. Le donne allontanate per motivi di sicurezza e messe in protezione presso le case rifugio di primo livello sono state 113 (nel 2019 erano state 70).
La violenza è trasversale alle fasce di età, ai titoli di studio, alla condizione lavorativa, anche se la percentuale più alta viene registrata tra donne che hanno un’età compresa tra i 30 e i 49 anni (58%). Solo il 27,6% delle donne ha un’occupazione stabile (- 6% rispetto al 2019) a fronte del 44,8% di donne senza occupazione (casalinghe e/o non occupate) e del 18,4% di donne con un’occupazione precaria e, quindi, con una fonte di reddito incerta. La maggior parte delle donne (70%) si è rivolta al cav in maniera spontanea, a dimostrazione della fiducia creata sui territori di riferimento.
Nel 2020 la tipologia di violenza prevalente è quella psicologica (44,9%), seguita da quella fisica (40,7%) e dallo stalking (6,4%). Rispetto a tutte le annualità precedenti emerge come prima tipologia di violenza subita quella psicologica (era sempre stata quella fisica la forma prevalente), con un aumento del 6,6% rispetto al 2019. Questo dato, con molta probabilità, potrebbe avere una stretta correlazione con le condizioni di costrizione che le donne hanno vissuto a causa dell’emergenza pandemica, soprattutto nella fase del lockdown. Le donne che si rivolgono ai centri antiviolenza spesso riferiscono di aver subito violenze multiple, infatti accompagnano le violenze fisiche o sessuali a quella psicologica e/o di carattere economico.
La violenza si consuma prevalentemente fra le mura di casa: le donne più “esposte” sono le coniugate e le conviventi (52%), a cui seguono le donne nubili (26%) e le donne separate/divorziate (21%). Fra gli autori delle violenze figurano infatti il partner e l’ex partner, due tipologie di autori che rappresentano complessivamente l’81%; se aggiungiamo la percentuale cha fa riferimento all’area dei “parenti” (12%), abbiamo una percentuale complessiva del 93%. Il “partner attuale” è l’autore di violenza nel 53,3% dei casi mentre gli “ex” continuano ad agire violenza, nonostante la chiusura del rapporto, nel 27,5 % dei casi.
Si riduce sensibilmente il numero delle donne che sporge denuncia: nel 2020 la percentuale è del 39,3% rispetto al 52,3 % del 2019. Questo preoccupante dato, di forte contrazione rispetto alle ultime due annualità, potrebbe avere correlazione con le difficoltà connesse all’emergenza pandemica e a tutte le relative restrizioni, ma potrebbe essere anche la spia di una crescente sfiducia delle donne nel sistema giustizia, per le tante difficoltà che si trovano ad affrontare nella fase del post denuncia: tempi lunghi dei procedimenti, situazioni di vittimizzazione secondaria, spesso legate ai percorsi giudiziari per l’affidamento dei figli nella fase di separazione, percezione di scarsa protezione anche a seguito di reiterate segnalazioni e/o denunce, sensazione di essere poco credute oltre che poco protette rispetto ai loro aguzzini. La sfiducia nel sistema di protezione e la mancanza di autonomia potrebbero aver inciso sulla decisione delle donne di “rinuncia al servizio” (20% nel 2020); in questa percentuale di donne che si sono allontanate dai centri antiviolenza, il 54,7% (187 donne in termini di valore assoluto) ha fatto rientro nel nucleo maltrattante.
L’incremento delle donne messe in protezione presso le case rifugio di primo livello, 113 contro le 70 del 2019, potrebbe sicuramente aver risentito dell’escalation di violenza intra-familiare registrata nel periodo delle limitazioni dovute alla pandemia e alle sue conseguenze, che ha costretto le donne a convivere con i maltrattanti. Le donne con figli rappresentano il 66% del totale e sono 106 i minori che hanno seguito le madri nelle case (nel 2019 erano 57). Anche per gli inserimenti in casa rifugio, si registra una “rinuncia al servizio” nel 29 % dei casi, con 21 donne (56,8% di chi ha rinunciato al servizio) che ha fatto rientro nel nucleo maltrattante.
Nel corso del 2020, presso le 7 case operative di seconda accoglienza per i percorsi di semi autonomia, gestite dai centri antiviolenza, sono state accolte 35 donne con 20 figli (nel 2019 le donne erano state 18 con 19 figli).
I centri antiviolenza garantiscono la reperibilità telefonica h 24 attraverso il numero verde nazionale 1522.