Giovedì 21 Novembre 2024

I nastri trasportatori di Manfredonia, cimelio di un’Italia che funziona male

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Occorrono anni per istruire pratiche di finanziamento che, giustificate dallo sviluppo dell’economia e del lavoro di un territorio, chiedono risorse per realizzare infrastrutture. Investimenti realizzati con denaro pubblico che difficilmente garantiranno il piano di espansione economica promesso nella fase progettuale. Spesso un grosso intreccio corruttivo tra dirigenti pubblici, politica e fornitori di servizi e prodotti che per vincere gli appalti si trovano “costretti” a pagare tangenti che portano la commessa a lievitare in corso d’opera. Questa è la vera Mafia di casa nostra che, sfruttando il nostro territorio produce dei danni ad effetto domino: costi incredibili per le azioni di giustizia amministrativa e penale sui contenziosi, dispersione di risorse pubbliche che potrebbero produrre benessere ai territori, l’impunità di chi autorizza ed intasca tangenti e non da ultimo la gestione del relitto realizzato, vero monumento all’assurdo che ostacolerà quello sviluppo che avrebbe dovuto creare. Sul lungo porto industriale di Manfredonia, realizzato negli anni ’70, venti anni dopo, vennero realizzati dei nastri trasportatori costati oltre 80 milioni di euro per agevolare il trasferimento delle merci dalla vicina area industriale Enichem che alla fine dei lavori dei nastri, vedrà il petrolchimico chiudere per obsolescenza, una triste barzelletta. Da anni si parla di rimuovere quei nastri trasportatori mai collaudati ed oggi inutilizzabili, ma una delle tante questioni da risolvere era: “ di quale ente sono di competenza questi nastri?”. Un dilemma apparentemente scontato ma paradossalmente complesso: Agensud (Agenzia per lo Sviluppo del Mezzogiorno), Autorità Marittima, Consorzio ASI (Area di Sviluppo Industriale di Foggia), Regione Puglia, Autorità Portuale. Attualmente l’ASI risulta essere possessore dell’impianto, mentre la società appaltatrice TME SpA (che ha realizzato l’opera) è detentrice dello stesso, l’ASPMM (Autorità di Sistema Portuale Meridionale) l’autorità competente sull’area. Nel 2017 il Tribunale di Foggia ha condannato il Consorzio ASI al pagamento di 4 milioni di Euro a favore della TME. Tale sentenza è stata impugnata dinanzi alla Corte di Appello di Bari che ha riformato la sentenza di I° grado. L’Autorità di Sistema Portuale provvederà, quindi ad emanare decreto relativo alla rimozione dei nastri trasportatori ed al ripristino dello stato dei luoghi a carico del Consorzio ASI previo deposito di apposito progetto che dovrà essere valutato e approvato dall’ASPMM. Nei giorni scorsi, una rilevante società, operante a livello internazionale, ha inoltrato al Consorzio ASI manifestazione d’interesse finalizzata al ripristino e al riutilizzo dei nastri trasportatori e di alcune aree retro portuali ed impianti ad esso collegati per una estensione di circa 7/8 ha, proposta che è in corso di valutazione. Un incredibile groviglio di burocrazia e contenziosi, matassa che pare l’Autorità di Sistema Portuale stia risolvendo come promesso all’atto d’insediamento del Presidente Ugo Padroni Griffi. Nastri trasportatori che ad oggi non hanno un idoneo titolo demaniale. Una struttura inutile che costituisce ostacolo alle operazioni portuali e allo sviluppo dello scalo marittimo sipontino. Il porto industriale di Manfredonia, circa tre chilometri proteso verso il mare aperto, è una delle tante opportunità di sviluppo economico della nostra terra e del nostro mare. Gli imprenditori portuali seri e professionali che operano su questa imponente struttura meriterebbero maggiore attenzione ed apprezzamento da parte delle istituzioni che stanno iniziando a conoscere il loro alto livello di vocazione all’impresa che sta portando sempre maggiori traffici e progetti innovativi. Meglio e di più si potrà fare una volta che quei nastri della “vergogna” verranno rimossi e l’assetto portuale rinforzato per poter ospitare navi di maggiore stazza che oggi potrebbero entrare in porto nonostante il fondale non altissimo, evitando così di dover dirottare sempre verso il Porto di Bari Centro.

di Raffaele di Sabato

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