Negli ultimi giorni, nostro malgrado, siamo stati spettatori di una vicenda che è davvero la cifra del caos amministrativo che regna nella gestione della sanità provinciale: le dimissioni, poi responsabilmente ritirate, del Direttore Sanitario della ASL Foggia.
Una tempesta in un bicchier d’acqua, verrebbe da pensare, se non fosse per la riappacificazione “senza sorrisi”, e per le motivazioni a fondamento del ritiro, che giustificano ampiamente e restituiscono sostanza non al ritiro ma alle cause, remote e prossime, di quel gesto estremo.
Oltre l’emergenza Covid-19, la gestione dei servizi sanitari in provincia di Foggia era, e rimane, disastrosa. Prima o poi il Direttore Generale della Asl dovrà darne conto. E il Presidente della Regione Puglia, nonché Assessore Regionale alle Politiche Sanitarie, non potrà che prenderne atto, assumendo le decisioni conseguenti affidando ad altri l’incarico di Direttore generale.
Aumenta di giorno in giorno, infatti, il numero di coloro che manifestano grande preoccupazione e disappunto per il silenzio assordante della ASL Foggia sui tempi della ripresa delle attività di diagnosi e cura che interessano tantissimi pazienti.
Visite specialistiche, esami di laboratorio e di diagnostica per immagini che centinaia di pazienti affetti da patologie croniche, anche particolarmente gravi ed insidiose, attendono ormai da troppo tempo. Senza dimenticare i cittadini già in lista d’attesa da mesi per interventi chirurgici programmati.
E senza trascurare le conseguenze, anche drammatiche sulla salute e sulla vita delle persone, determinate dall’interruzione della attività di screening per la prevenzione dei tumori, soprattutto di quelli per i quali il fattore tempo non è una variabile ininfluente per il successo delle cure.
Ad oggi, migliaia di pazienti sono ancora in attesa di poter varcare gli ingressi degli Ospedali e dei poliambulatori. E questo sia nella Città capoluogo di provincia e nelle altre medio grandi, sia nei piccoli centri del Gargano e dei Monti Dauni. E, spesso, parliamo di persone che non potranno forse neanche tornare al lavoro. Insomma, il danno della precarietà della salute, e la beffa della precarietà del lavoro.
Per non parlare dei tanti operatori del comparto sanitario che rimangono ancora in attesa di un tampone, di un test sierologico, di dispositivi di protezione individuale.
Tutto questo per l’oggi. Ma all’orizzonte già si intravede il progetto di riorganizzazione dei servizi, del potenziamento degli stabilimenti ospedalieri, e della riforma radicale della medicina territoriale, così come elaborato per il futuro prossimo dal Governo Nazionale.
Al Presidente della Regione la domanda delle cento pistole, la più preziosa di tutte: potrà permettersi la sanità pubblica di questa provincia di arrivare a quel decisivo appuntamento con l’attuale Direttore Generale della ASL?