O Signore, stamattina presto sono passato per la cattedrale. C’eravamo solo io e Te. La chiesa madre era vuota di noi, ma non di Te.
Lo so, è difficile in questi giorni continuare a credere in Te. Forte è la tentazione di smettere di farlo. E’ forse questo momento di dolore e di morte la prova tangibile che Tu non ci sei? Ha forse ragione il filosofo Galimberti che in un suo ultimo libro ha definito il Cristianesimo “una religione dal cielo vuoto”? O aveva ragione il filosofo Nietzsche che Tu in fondo sei morto?
Come dice il salmo 104, tutti da Te aspettano che tu apra la tua mano e provveda a nostro favore. Tutti aspettano il miracolo della fine di questa pandemia. Ma Tu, questi tipi di miracoli non li fai. Sarebbe bello per Te e per noi se ciò accadesse. Se Tu lo facessi, tutti crederebbero in Te. Ma sarebbe troppo facile e anche in un certo qual modo troppo comodo. E, se mi consenti, anche sciocco.
Se ciò dovesse accadere, saresti, come ha detto un grande teologo protestante del secolo scorso morto martire del nazismo, D. Bonhoeffer, un “Dio Tappabuchi”. Ma così non è. Egli, in un momento altrettanto buio per la storia dell’umanità, ci ha insegnato a stare davanti a Te senza di Te.
Se così fosse saremmo costretti dall’evidenza ad ammettere – senza aver più bisogno di credere – che Tu ci sei. Crederemmo per costrizione e non per scelta. Non ti ameremmo per quello che sei, ma per quello che fai. Ti ameremmo per interesse e non per donazione.
Se così fosse daremmo ragione ai tanti filosofi che ti hanno negato, e che di Te hanno detto che, in fondo, non sei altro che una nostra invenzione, creata per trovare soluzione a tutti quei problemi che noi non riusciamo a risolvere da soli.
E poi, o Signore, si offenderebbero sia i non credenti, ai quali non verrebbe data la possibilità di non credere, sia i credenti per i quali non ci sarebbe bisogno di fare quel salto nel buio che proprio la fede esige.
Tu non fai questi tipi di miracoli. Al contrario, Tu oggi ci chiedi di credere in Te senza che Tu debba per forza darci una mano. Siamo come Abramo, chiamati a credere in Te senza poter contare su di Te. Parlando di Lui, il grande filosofo danese S. Kierkegaard, ebbe a dire che, a differenza di chi ha vinto tutti con la propria forza, il patriarca biblico al contrario “ha vinto Dio con la sua impotenza”.
E poi, o Signore, a Te piace fare miracoli un po’ strani. Infatti, a Te piace agire non nei momenti eccezionali, quasi in una forma di esibizionismo e di ostentazione, ma nella quotidianità, proprio quando, passandoci accanto e dentro, Tu non sei facilmente riconoscibile. Tu Ti nascondi nelle cose ordinarie. Tu abiti la normalità, mentre noi stupidamente continuiamo a cercarti nella eccezionalità. Noi Ti cerchiamo nella onnipotenza, Tu invece ami rivelarti nella debolezza. E quest’ultima Ti vela ma non Ti annulla. Ti rende silenzioso, ma non assente.
Se molti credenti in questi giorni sono rimasti delusi da Te, i non credenti hanno avuto invece la conferma che Tu non ci sei. Se i primi hanno creduto in Te più per paura che per amore, più per convenienza che per spoliazione, i secondi non hanno creduto in Te perché non c’è prova di Te. Non sanno questi ultimi che proprio la mancanza di prove è la vera prova che forse Tu ci sei.
Altri poi pensano che sia stato Tu a provocare questa pandemia allo scopo di punirci per i nostri peccati, senza sapere che Tu per a causa dei peccati sei morto per noi. Costoro confondono la prova con la punizione,dimenticando che Tu più che un giudice severo sei un Padre misericordioso, la cui tenerezza, come dice un altro salmo, si espande su tutte le creature.
Altri ancora pensano che hai provocato questo evento tragico per spaventarci e ammonirci sì da generare in noi un cambiamento radicale. Chi afferma questo, o Signore non Ti ha conosciuto. Non sanno costoro che non sei Tu a provocare il dolore. Tu non sei un Dio che provochi la morte (Sap 1,13). Tu non sei come gli dei greci che amavano giocare a dadi con le vite umane.
Tu non giochi con le mostre vite, ma al contrario hai messo in gioco Te stesso. Tu preferisci giocare Te piuttosto che noi. Infatti, nella croce del Tuo Figlio, Tu hai messo in gioco Te stesso. Donando Lui hai donato Te. Tu non ci spogli, ma Ti spogli.
Proprio in quel venerdì, che fra qualche giorno ricorderemo, all’ora nona Egli ha provato. come noi oggi, un abbandono senza pari. Non solo è stato abbandonato dai suoi che amò fino alla fine, ma ancor più è stato abbandonato da Te. Egli ha provato su di sé quel silenzio che oggi noi proviamo su di noi.
Ma Egli, abbandonato da Te, si è abbandonato a Te. Ti ha sfidato. Ha creduto in Te nonostante tutto fosse contro di Te. E, quando si fece buio su tutta la terra, prendendo su di sé tutto il dolore del mondo, si è fatto dolore con un atto di amore con cui ha vinto quello stesso dolore.
Ecco il miracolo che piace a Te: scegliere di restare per poter con l’amore trasfigurare il dolore. Proprio come sta accadendo in questi giorni. Infatti, quanti oggi stanno portando su di sé il dolore del mondo: medici, infermieri, operatori sanitari, volontari, operai, camionisti. Non è buonismo, come fino a qualche settimana fa abbiamo ciarlato. E lo stanno facendo con un grande atto di amore. Per dire che l’amore, come dice il Cantico dei Cantici, è più forte della morte.
E allora o Signore grazie di questo miracolo. Perché è questo il vero miracolo che sta accadendo oggi. E fin quando ci sarà un uomo capace di amare – sia egli credente o non crederne – lui è la prova che Tu ci sei. Perché. Perché, come scrisse don Primo Mazzolari “La morte viene vinta da chi muore e non da chi fa morire“.
E, allora, O Signore, ecco che alla fine di questo mio breve dialogo con Te, penso che questa pandemia stia cambiando anche il nostro modo di stare davanti a Te. Lo dico con le parole di una grande scrittrice ebrea morta nel campo di concentramento ad Auschwitz, Etty Hillesum: “Mio Dio, una cosa diventa sempre più evidente per me, e cioè che tu non puoi aiutare noi, ma che siamo noi a dover aiutare te, e in questo modo aiutare noi stessi. L’unica cosa che possiamo salvare di questi tempi, e anche l’unica cosa che veramente conti, è un piccolo pezzo di te in noi stessi, mio Dio“.
di Michele Illiceto
Parole sante ,spero che tutto questo finisca presto dio mio