Proponiamo una conversazione con Pasquale Ognissanti, noto storico, compilatore e codificatore delle tradizioni popolari sipontine, nonché poeta dialettale (citato tra l’altro nella Storia della Letteratura Italiana de Il Sole- 24 Ore). E’ un colloquio, venato da non poche amarezze, incentrato prevalentemente sull’immagine della nostra città di Manfredonia, purtroppo vilipesa da vicende politico-amministrative a dir poco decorose che hanno deturpato la sua bella immagine di comunità alquanto intraprendente (almeno in passato) nell’ambito di una florida attività marittimo-commerciale.
Se il riscatto politico-civile di un territorio passa anche attraverso il recupero e il rilancio, non secondario, delle sue peculiari radici culturali, la chiamata in causa di studiosi che hanno dedicato lustri ad attività di ricerche locali, potrebbe essere una valida occasione per ricavare ulteriori stimoli e suggerimenti onde ri-orientarsi nel futuro prossimo su orizzonti meno torbidi e più carichi di potenzialità, sia sul “palcoscenico” pugliese che nei confronti delle dirimpettaie civiltà adriatiche. D’altro canto, una buona dose di fiducia non può e non dovrebbe mai mancare.
Pasquale Ognissanti, innanzitutto com’è nato in lei la passione per gli studi storici e chi è stato, se c’è stato, in tale ambito la figura o il modello culturale di riferimento?Tenga presente che sono un autodidatta perché ai tempi della mia gioventù c’era ben poco da studiare o consultare, per cui il mio iter culturale è stato una continua scoperta presso gli archivi italiani, al Nord ed al Sud, laici e religiosi. Come si è intrecciata, in sintesi, la plurisecolare attività di Manfredonia (o Siponto) col contesto territoriale pugliese, nazionale ed internazionale? Quale rilevanza essa ha avuto cioè in un più vasto scacchiere geografico? A seguito dei rapporti con l’altra sponda adriatica, ovvero con la Dalmazia (Schiavonia), l’Istria, Venezia, l’Albania, e in special modo sotto le dominazioni angioina e aragonese il porto sipontino occupava, senza tema di smentita, il primo posto nell’attività marittimo-portuale della Puglia adriatica. Come risaputo, lei ha avuto un intenso e genuino rapporto con l’antifascista e meridionalista Tommaso Fiore, di Altamura, nell’ultima sua fase di vita. Può succintamente ricostruire qualche aspetto inedito di tale conoscenza, oltre al noto scambio epistolare? La conoscenza è avvenuta nel 1967 (anche se già nel 1962 avevo visionato la mostra delle sue pubblicazioni tenutasi presso la libreria Adriatica di Bari). Nell’occasione il Fiore aveva inaugurato la Biblioteca Comunale a Monte Sant’Angelo, voluta dalla Società Umanitaria. E già in quella circostanza avemmo modo di confrontarci sui rispettivi bagagli socio-politici e culturali. In seguito l’ho avuto più volte mio ospite a Manfredonia, tant’è che l’ho presentato anche nell’ambito di una conferenza tenutasi presso il Circolo Unione sipontino sul tema riguardante (niente meno) la Cina. In particolare, poi, ho avuto modo di intervenire presso l’avv. e onorevole socialista Titino Lenoci in occasione della nota denuncia di cui egli era stato fatto oggetto per la pubblicazione de “Il Nuovo Risveglio”. In che modo, eventualmente, la sua dimensione di umanista ha inciso sulla sua formazione? L’umiltà, innanzitutto, la sua genuina formazione socialista e meridionalista, la sua grande capacità di analisi storico-sociale per la conoscenza della Puglia, in particolare, e del Meridione in generale. Avendo da qualche tempo fondato l’Archivio Storico Sipontino, può illustrarci la sua configurazione e gli eventuali interscambi o rapporti con altro archivi e/o biblioteche della Capitanata, e della Puglia in generale? L’Archivio Storico Sipontino (A.S.S.) e l’annesso Codice Diplomatico Sipontino vogliono essere la ricostruzione di quanto finora si è scritto e pubblicato sia in via pubblicistica, sia in via documentaria sul popolo sipontino. In effetti essi coprono un grossissimo vuoto che ancora oggi produce deleteri effetti, specie per colpa di chi non ha cognizioni di causa. Pertanto l’A. S. S. si articola nelle seguenti sezioni:
a) Codice Diplomatico Sipontino, racchiuso nella raccolta di studi sull’Università sipontina che finora conta 12 tomi, di cui 3 pubblicati;
b) Emeroteca (dal 1798 ad oggi);
c) Tradizioni popolari, diviso a sua volta in:
dizionario: 10 volumi;
fonti del dialetto: 4 volumi;
sapienza popolare–proverbi e modi di dire: 60 volumi;
manifestazioni della vita sipontina ( ciclo dell’anno e ciclo della vita), 20 tomi;
d) un inventario del patrimonio lapidario sipontino;
e) raccolte museali di vario genere;
f) epistolario.
Ritiene che sia utile e necessario affinché Manfredonia abbia una sua rivista squisitamente storico-letteraria, con una proiezione provinciale e regionale?. Crediamo che per gli studiosi di buon senso manchi un “contenitore” che faccia riscoprire la sua ricca dimensione culturale e sia nel contempo un fattore di progresso. Ce ne sono tante in giro… Alla base di tutto occorre, perché purtroppo manca, una propensione ed una vocazione alla ricerca storica, con molta pazienza e, soprattutto, con onestà di intenti. Stante il degrado
politico-amministrativo che ha colpito il nostro consesso municipale, quali rimedi si sentirebbe di suggerire ai fini di un rinnovo dell’élite locale? Come bisognerebbe intervenire soprattutto nei riguardi delle leve giovanili che si apprestano che si apprestano a diventare la futura classe dirigente? Troppo tardi ce ne siamo accorti del degrado, ma di “faide” come ha scritto di recente un giornalista ne abbiamo avute pure nel passato. Solo che adesso esso è esploso in maniera vergognosamente dirompente. Non è il caso di fare il “ Maestro”, occorre che si formi una vera coscienza civica, proprio con la creazione degli strumenti socio-culturali di cui si è detto. La cultura, a qualsiasi livello, è indipendenza da qualunque soggezione manieristica, è creatività conseguente a matura formazione…..mai, mai improvvisazione. In quale ambito di interventi, stante la colposa noncuranza, dovrebbe cimentarsi la futura politica culturale delle istituzioni cittadine: mi riferisco ai preposti assessorati alla cultura, alle biblioteche civiche ed alla pubblica istruzione? Le manifestazioni di qualunque genere devono essere formulate su basi genuine e veritiere; la comunità sipontina nella sua estrinsecazione culturale è veramente ricca di espressività. Non è qui il caso di elencarne. Ed allora, se il mondo economico- imprenditoriale collegato a quello finanziario intende interessarsi a delle manifestazioni veramente culturali (turistiche, folcloriche e culinarie, con i relativi itinerari temporali e movimentazioni nella città) e non anche pseudo-culturali d’occasione, che si proceda di comune accordo alla nascita di “Fondazioni” ben specificate e vocate. Gli istituti culturali esistenti, come le biblioteche ad esempio, devono essere messe veramente in condizioni di essere consultate e fruite da “tutti” (anche da coloro che sono affetti da disabilità, stante le difficoltà ad accedere al piano superiore, ndr). Ed è indispensabile che le istituzioni bibliotecarie si arricchiscano di nuove pubblicazioni, specie in tema di ricerca documentaria. Visto la sua pluridecennale attività di studioso delle tradizioni locali e di storiografo, serba il rimpianto per qualche iniziativa che non è riuscito a vedere realizzato in toto o in parte? Rimpianti no; commiserazione sì. Anche perché in giro vi è molto millantato credito. In quanto storica città portuale e adriatica del meridione, cosa di più difetta a Manfredonia per riacquisire l’antico blasone o prestigio? Abbiamo perso il bene dell’intelletto. Frastornati da tante illusorie mete, abbiamo dimenticato che siamo una comunità a vocazione apertamente marittimo-portuale. La verità, duole dirlo, è che a certi posti vengono chiamate persone completamente impreparate al ruolo che devono ricoprire, indirizzate solo al “servizio” dei cosiddetti poteri “politici” ed “economici”.
a cura di Domenico Di Nuovo
Manfredonia, 13 marzo 2020