In che modo si può definire la qualità di un vino? Essa potrebbe essere identificata come l’insieme delle proprietà che contribuiscono a renderlo desiderabile o comunque accettabile da parte del consumatore. Non si tratta di prendere in esame i parametri analitici, poiché il consumatore standard non vi presta attenzione: la sua curiosità, piuttosto, è attirata da quelle particolarità che conquistano i suoi sensi. A definire la qualità dei vini sono i loro caratteri organolettici piacevoli, che derivano dalla loro composizione chimica. Ma come si fa a individuare i pregi e i difetti di un vino e, soprattutto, a renderli a parole? Come si può intuire, un ruolo di primo piano è quello svolto dalla degustazione, ma è bene tener presente che ogni assaggiatore potrebbe attribuire a ciascun difetto un’importanza maggiore o minore. Inoltre, non bisogna trascurare le condizioni fisiologiche del singolo consumatore nel momento in cui l’assaggio viene effettuato.
Dall’analisi chimica all’assaggio
Nel momento in cui un vino viene sottoposto a un’analisi chimica, è possibile riconoscere alcune sue qualità in maniera oggettiva, e perfino misurarle con i numeri: basti pensare al grado di alterazione o alle varie forme di acidità. La complessità della composizione di un vino, comunque, è molto più elevata, e per il momento non sono stati ancora messi a punto dei metodi analitici che siano in grado di valutare specifici elementi essenziali dell’olfatto e del gusto.
A cosa serve l’enologia?
Prima di iscriversi a un corso sommelier può essere utile soffermarsi a riflettere sul ruolo dell’enologia e sugli scopi che essa si dovrebbe prefiggere. In primo luogo, tale disciplina dovrebbe fornire un sostegno ai produttori, aiutandoli a produrre il migliore dei vini possibili mantenendo la qualità delle uve di partenza. L’obiettivo di un bravo enologo, pertanto, deve essere quello di conseguire i livelli di qualità più elevati per ogni vino, e per riuscirci egli non può che fare affidamento sul proprio gusto. Non è detto che sia così semplice ottenere il vino migliore da un certo tipo di uva, poiché la qualità viene alterata in misura significativa dalle variazioni dell’acidità totale e volatile.
L’acidità volatile del vino
Nel caso in cui si abbia a che fare con un vino caratterizzato da un alto livello di acidità volatile, per esempio, risalta una particolare sofferenza, che è il risultato di un’alterazione microbica. Bisogna sempre tener presente che ogni vino contiene una certa quantità di acido acetico; nel momento in cui l’acidità volatile va oltre la misura di 1 grammo per litro, si verifica una variazione delle caratteristiche del vino, per arrivare all’acescenza. Con la comparsa di acido lattico l’acidità totale può andare oltre il valore di 1.53 grammi per litro, ma ciò a sua volta compromette la qualità, specialmente dal punto di vista della fluidità e della morbidezza, che si riducono.
Va detto, comunque, che le alterazioni di grave entità che fanno sì che il prodotto vada perduto sono rare, mentre molto meno sporadiche sono le alterazioni parziali, per effetto delle quali ci si ritrova alle prese con vini meno piacevoli, meno freschi e meno morbidi, magari solo per specifiche annate, con un livello di aridità più elevato del necessario.
Perché la qualità di un vino viene compromessa?
I fattori che rischiano di alterare la qualità di un vino sono molteplici, e non tutti possono essere controllati dall’uomo: si pensi, per esempio, alle condizioni di maturazione e di raccolta rese non idonee da un meteo non favorevole. Insomma, non è detto che da un vigneto di qualità provenga sempre un vino ottimo.