L’amore per il mare è una costante degli abitanti della nostra città. Fonte di sostentamento, luogo di svago e orizzonte aperto che lascia spazio alla mente di vagare libera e, negli animi più sensibili, ispira delicate poesie. I pescatori, nell’immaginario comune, sono visti come gente un po’ grossolana, ma per esperienza sappiamo che non è così e che il loro lavoro, seppur rude e faticoso, comporta anche un legame quasi viscerale con il mare. Ci è capitato di ascoltare la storia di Raffaele Brigida, classe 1929, che ci ha lasciato lo scorso 21 ottobre. Raffaele cominciò a lavorare in mare molto giovane, quasi bambino, e frequentò la scuola mercantile che corrispondeva all’attuale scuola media. Come spesso capitava all’epoca, non poté continuare gli studi perché il suo lavoro era necessario per sostentare prima la famiglia d’origine, che lo portò a lavorare su barche di terzi, poi all’estero per sostenere la propria famiglia ricca di ben sei figli. Nonostante gli studi limitati, Raffaele aveva una vera e propria passione per la letteratura, conosceva a memoria numerosi passi della Divina Commedia e dell’Odissea al punto da vincere il confronto con persone esperte in materia. Appassionato di calcio, conosceva a memoria le formazioni di tutte le squadre, tanto da meritarsi il soprannome di “Rivellino”, dal nome del calciatore brasiliano degli anni ’70. Tornato dall’estero, Raffaele comprò una barca tutta sua, e per parecchi anni il Golfo di Manfredonia e dintorni furono il suo luogo di lavoro. Raffaele lo conosceva così bene che un giorno, procuratosi svariati fogli di cartamodello, cominciò a realizzare una mappa in cui segnalava ogni scoglio e ogni rada del Golfo, indicando dove si poteva pescare un determinato tipo di pesce. Pare che quando era ormai in pensione, a casa sua ci fosse un andirivieni di giovani pescatori che andavano a trovarlo per chiedere consiglio su dove calare le reti. Anche in pensione la passione per il mare di Raffaele non si affievolì. Con un barchino andava a mettere le reti da posta, reti che lui stesso riparava a casa, sul balcone. Quattro anni fa Raffaele perse la moglie, Concetta Pinto, sua compagna di vita per ben 59 anni, e la solitudine che ha sofferto in questi anni è rimasta affidata a pagine che i figli hanno letto solo dopo la sua morte. Qui raccontava a sua moglie che tutto andava bene, i suoi gioielli, i suoi figli, stavano tutti bene, ma lui non sopportava il dolore di essere rimasto senza di lei. Una tenera storia di mare e d’amore che starebbe tanto bene tra le pagine del libro della nostra amica Teresa La Scala, e che a noi è piaciuto raccontarvi.
Mariantonietta Di Sabato