Domenica 3 Novembre 2024

Il ’68 a Manfredonia: quarta parte (di S. Cavicchia)

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LA NASCITA DEL GRUPPO D’IMPEGNO “ANTONIO GRAMSCI” E, POI, DELLA FGCI A MANFREDONIA

 

La manifestazione contro l’occupazione sovietica in Cecoslovacchia era, comunque, un punto di forza oggettivo per far crescere l’impegno in tutti noi giovani. Pertanto nei giorni successivi la tristezza lasciò il posto alla riflessione. Rappresentava la sintesi del grande lavoro unitario dei giovani di Manfredonia svolto per settimane presso la sede FUCI di Piazzetta Mercato, era il segnale che era ed è possibile un processo unitario tra forze e persone diverse, purché si ritrovino ideali e valori condivisi. Per tutto questo quella manifestazione e quella esperienza unitaria, pur con limiti, influì sulla coscienza di tanti giovani e sulla storia politica di Manfredonia, anche perché nei mesi successivi assunse una fisionomia più solida con la nascita del circolo giovanile “Gruppo d’Impegno A. Gramsci”. Il circolo prese in affitto un appartamento, in via San Francesco n° 4,  di proprietà del Prof. Milano, già assessore democristiano e docente di lettere al liceo scientifico, visse per circa un anno promuovendo parecchie iniziative, nelle scuole e fuori, con la partecipazione di tantissimi giovani di Manfredonia, desiderosi di essere protagonisti attivi per migliorare la condizione giovanile e contribuire a migliorare le tante pecche della città, senza pregiudiziali.

 

LA NASCITA DEL GRUPPO D’IMPEGNO “ANTONIO GRAMSCI”

 

Divenne un punto di riferimento sia per sostenere le iniziative studentesche nelle scuole cittadine sia per sviluppare dibattiti politico-culturali sia come luogo di incontro-informazione-formazione di quanto succedeva nelle diverse università italiane, occasione e gruppo di sostegno reciproco affettivo  ed amicale. Fu principalmente, nel nome e nella partecipazione ampia di giovani, comunisti e non comunisti, di diverso o nessun orientamento politico, il tentativo di costruire una nuova sinistra unitaria a Manfredonia, non incrostata da ideologia né da clientelismi ed interessi di parte, ma eticamente e culturalmente fondata sui valori comuni universali, di libertà, uguaglianza, solidarietà, democrazia partecipata, anti-totalitarismo ed anti-autoritarismo. Una sinistra unitaria che voleva andare oltre il PCI ed oltre la sinistra democristiana, che vedeva nei giovani, in quanto tali, innovatori e portatori di cambiamento e protagonisti di una società migliore. “A. Gramsci” garantiva questo orientamento culturale progressista e di sinistra, non dogmatico, aperto alle istanze libertarie dei giovani. Era considerato da noi giovani studenti universitari, più che fondatore del PCI, un intellettuale militante capace di analizzare la società italiana con una ricchezza propositiva tale da delineare una via italiana al socialismo, antistaliniana ed anti-satellite URSS, e, quindi, capace di innovare e superare il PCI di allora. A. Gramsci veniva considerato nello stesso movimento studentesco “contestatore” anche un intellettuale da studiare e da apprezzare: era un uomo simbolo per tutti i giovani, tanto più se meridionali, un uomo disposto a subire il carcere ed a sacrificare la propria vita per le proprie idee. Era simbolo al pari del Che Guevara, ed i manifesti di entrambi erano presenti nella sede del circolo.

La sinistra giovanile manfredoniana del Gruppo d’Impegno “A. Gramsci” raccoglieva ed univa la gioventù più dinamica, aperta e disponibile di Manfredonia, gioventù, politicizzata e non, che faceva riferimento a partiti e non, o semplicemente a idealità di giustizia, libertà, uguaglianza sociale, o proprie esigenze di protagonismo.

TALE ESPERIENZA STRAORDINARIA EBBE VITA BREVE

 

Tale esperienza straordinaria ebbe vita breve; si concluse perché gli avvenimenti, purtroppo, presero troppo presto una piega inattesa. Questa novità di un movimento unitario dei giovani di Manfredonia in quanto tale, non era assolutamente gradita ai partiti, in particolare al PCI degli adulti che di fatto nella grande maggioranza la criticava e la contrastava. La considerava ambigua ed in qualche modo ostacolante la propria concezione organizzata e strutturata di partito. Infatti era volontà e desiderio del PCI che i giovani iscritti costituissero un nucleo a sé stante, in grado di operare in autonomia, dovessero essere la base per costruire un circolo autonomo della FGCI. Poi su questa strutturazione della FGCI si poteva e doveva naturalmente essere aperti ad ogni confronto, mantenendo, comunque, un legame con la casa madre, il PCI, sia pure con tutta la libertà di muoversi autonomamente. I tempi erano difficili e gli attacchi al PCI erano sempre più forti. Inoltre non si dava molta credibilità ad un movimento indistinto di giovani. Il PCI faceva fatica a comprendere pienamente il significato antisistema  del ‘68, per molti aspetti libertario ed anarchico, non irreggimentabile dentro lo schema organizzativo del partito. Fu così che un giorno in una assemblea  aperta dei giovani del Gruppo d’Impegno “A. Gramsci” si presentarono anche alcuni dirigenti locali del PCI e nel dibattito in modo esplicito e diretto evidenziarono l’importanza ed il loro interesse affinché si costituisse un nucleo omogeneo e compatto di giovani di sinistra, affinché si promuovesse un circolo cittadino della FGCI con una propria sede specifica ed un impegno politico più strutturato e più legato alla visione politica del partito comunista, sia pure con piena autonomia.

 

TRA L’INCUDINE ED IL MARTELLO L’ASSEMBLEA SI SPACCO’

 

Il dibattito fu molto acceso; al Gruppo d’Impegno “A. Gramsci” aderivano giovani con diverso orientamento politico ed ideale, prevalentemente progressista ed antisistema, anche se i leaders principali del gruppo erano di sinistra, avendo un preciso significato il riferimento ad Antonio Gramsci, a cui era intitolata la sede. I giovani comunisti presenti, regolarmente iscritti al PCI, erano combattuti, si trovavano tra l’incudine ed il martello, tra li legame con tutti gli altri giovani ed il legame politico specifico con il partito comunista. Ricordo in particolare l’intervento di Franco Castriotta, riconosciuto dirigente del PCI locale, che con schiettezza ed anche con rudezza fece il seguente ragionamento. “Noi siamo comunisti, lottiamo contro le disuguaglianze e per la povera gente, contro il potere subendo e pagando di persona il nostro impegno anche con l’emarginazione. La nostra concezione ed organizzazione politica è temprata dalla storia; il partito è sempre stato la nostra forza. Per noi sono fondamentali i giovani iscritti al partito perché loro rappresentano il futuro della nostra azione politica, il loro posto naturale è il partito, che, pur garantendo autonomia e libertà d’azione, consente l’acquisizione di una coscienza politica. Il partito, dove attraverso il confronto e lotte quotidiane sui temi locali e nazionali, attraverso anche una formazione ed una scuola specifica, si conquista quella coscienza e visone politica, quella volontà e capacità d’impegnarsi in modo organizzato e sistematico a favore della classe operaia e dei ceti più deboli. In dialetto “cammà fe p stì giovn indistint, generic; noi vulum a FGCI”. (Non ci serve un luogo indistinto di giovani, generico, dispersivo, controproducente politicamente. Vogliamo che nasca ed operi un circolo di giovani comunisti, un circolo specifico ed autonomo della FGCI). L’assemblea del Gruppo d’Impegno “A. Gramsci” si spaccò. A nulla valse il valore reale e simbolico del fatto che il nome del gruppo era lo stesso della sezione centrale del PCI manfredoniano, sito in Corso Manfredi. Nome che garantiva sicuramente una prospettiva di impegno a sinistra dei giovani che si riconoscevano e si impegnavano in quanto tali, in modo ampio, libero e partecipato. I giovani in quanto tali non potevano politicamente essere considerato gruppo sociale specifico, con propri bisogni, visioni, idealità e concezioni e particolari condizioni materiali. Secondo la concezione ed organizzazione comunista non potevano essere considerati classe sociale che si affiancava alla classe operaia, centrale e principale soggetto antagonista alla logica ed al sistema capitalistico.

 

I GIOVANI ERANO E SONO VERAMENTE IL FUTURO?

 

Una delle novità che si stava affermando nel ‘68 era che i giovani fossero un gruppo sociale specifico, con propri interessi e bisogni, con una collocazione sociale e politica in opposizione al sistema dominante, un gruppo strutturalmente stabile, anche se precario e soggetto ai naturali cambiamenti biologici, che su queste basi doveva esprimere una propria autonoma forza, una propria visione politica ed un proprio modello di società. Diventava così quasi naturale allearsi con la classe operaia, cosa che fu praticata e portata avanti in quegli anni con tante iniziative. Studenti ed operai uniti contro il sistema classista nelle università e nelle fabbriche. Invece prevaleva la concezione per cui i giovani erano (e sono) sempre e solo un semplice gruppo sociale di passaggio, in transizione verso la condizione adulta; non avevano, (e non hanno) valore in sé e forza antagonistica, nonostante la loro grande pubblica esaltazione, visto il ripetere continuamente che i giovani erano (e sono) il futuro, la base vitale della società. Ma quale futuro? Quel futuro che riconferma il presente e ripete gli schemi del passato nella politica e nella società, un futuro che era in realtà il sistema culturale ed economico dominante, quel sistema che i giovani del ‘68 volevano combattere proprio nella sua essenza, nel suo essere autoritario e classista, scarsamente innovativo e, soprattutto, produttore di disuguaglianze di ogni tipo. Giovani che in quanto tali furono o assorbiti dal sistema o strumentalizzati ed emarginati progressivamente, come avviene tanto più oggi, poiché a quarant’anni si è insipidi, né carne e né pesce, ancora senza autonomia economica, senza lavoro e senza prospettive, quasi senza neanche speranze, proprio quando si è nel pieno delle energie fisiche ed intellettive. Con un presente tutto precario che assomiglia sempre più ai momenti più bui del passato della guerra e del primo dopo guerra, dove tutto era arrangiamento ed arruffamento, arraffamento senza regole giuridiche e morali dei gruppi dominanti, un passato-presente dove prevale la legge del più forte, del più furbo, del più illegale, del più legato ai potenti di turno.

LA NASCITA DELLA FGCI A MANFREDONIA

 

L’assemblea si spaccò; un gruppo di giovani già iscritti al PCI, a cui altri successivamente aderirono, costituirono il primo autonomo circolo cittadino della FGCI con un propria sede, in un locale di Corso Manfredi, quasi dirimpetto alla sede del PCI.

Quei giovani che nel ‘68 e nel ‘69 a Manfredonia avevano espresso un movimento e un nuovo modo di far politica si sparsero in mille rivoli, si dispersero dentro e fuori Manfredonia, ciascuno alla ricerca di una propria strada, ciascuno diverso a seconda delle possibilità e dell’accettazione della realtà. Chissà se quel pathos è, almeno in parte, sopravvissuto nei sopravvissuti. Per fortuna quel pathos io vedo ancora, comunque e nonostante tutto, in tanti giovani di oggi a Manfredonia, aldilà di ogni apparenza sconfortante, specialmente in quelli che collettivamente ed in modo autonomo, nella società civile, promuovono riflessioni pubbliche, manifestazioni e partecipazione attiva di giovani e cittadini sulle tematiche locali così fondamentali, quali la tutela dell’ambiente, della salute, della dignità del lavoro, per uno sviluppo eco-compatibile ed auto propulsivo, contro favoritismi e disuguaglianze sociali.

 

Silvio Cavicchia

 

 

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