Il “fronte” riccardiano mantiene a denti stretti l’egemonia del PD conseguendo un buon risultato alle primarie del 30 Aprile. Lo sforzo del Sindaco – coadiuvato in primis da Bordo e Zingariello – è servito a regalare i seggi di Manfredonia alla mozione Orlando grazie a 287 voti di scarto sul secondo classificato,
Michele Emiliano. Il Governatore della Regione Puglia, infatti, ha potuto contare sul supporto di una nutrita falange di dissidenti interni al PD (almeno nella preferenza sul candidato e sono: l’ex vicesindaco F. La Torre, l’ex consigliere comunale A. Salinari, i due eletti R. Bisceglia e V. Balzamo ) ed altri esponenti di maggioranza e opposizione (come l’ex assessore C. Cinque, M. La Torre del Movimento E.S.T., I. Magno di Manfredonia Nuova e C. Titta dell’UDC) che sono riusciti, nonostante la sconfitta, a portare a casa un discreto risultato. Certo, un colpo allo strapotere di Riccardi in termini di capacità di indirizzare al voto il proprio elettorato e in termini di consenso tra quelli che dovrebbero essere (o un tempo erano) i “suoi” uomini, ma non un colpo mortale come hanno urlato alcuni tra le file dell’opposizione. C’è un dato importante, su cui devono riflettere spettatori e addetti ai lavori: il PD, unito o meno, riesce a portare al voto i cittadini anche quando la posta in gioco non riguarda un tornaconto locale. Vero, con un 30% in meno rispetto alle ultime primarie comparabili, quelle del 2013, ma sempre in controtendenza rispetto al 50% in meno su cui il PD dovrà riflettere a livello nazionale. Questo, accade in un quadro dove la Corte dei Conti sta mettendo davvero alla prova i nervi di Riccardi&co con un “diktat” che odora di mini-austerity a causa della mala gestione riguardante il primo mandato 2011-2014. Eppure sembra che questo fattore sia stato ignorato dagli elettori PD, che hanno dato una chance ai vertici probabilmente come ultimo ammonimento nella speranza di un cambiamento sostanziale di rotta. Su questo punto, il segretario cittadino del PD, Giuseppe Trotta, ci dice “è un partito che, stando ai dati, appartiene per il 42% agli over 65. Servono e stiamo cercando di attrarre forze fresche. Chissà se si riuscirà, però, a ricompattare il PD come è accaduto in altre occasioni; sarebbe utile al rinnovamento del Partito che resta comunque anagraficamente giovane”. Ed è nota l’abilità di rimanere compatti anche quando spuntano più fazioni, tant’è che riuscire a mobilitare 3050 persone significa avere uno squadrone di elettori pronti a sfoggiare le matite alle urne, motivo per il quale alla compagine dovrebbe “bastare” far quadrare un po’ di conti e capire chi saranno coloro che potrebbero evitare la disfatta del locale Partito Democratico per tornare competitivi. Fortuna, forse soprattutto per le opposizioni, che dovrebbe esserci tempo per pensare alla prossima tornata elettorale; ad oggi, sarebbe difficile analizzare i margini di manovra che avrebbero i consiglieri di FI, M5S, Manfredonia Nuova e Movimento E.S.T. (ultimo gruppo cronologicamente ad aver rinforzato le fila dell’opposizione) per destituire lo strapotere della sinistra locale. 1000 elettori in meno sono una chiara perdita del PD, ma non necessariamente un guadagno in termini elettorali per le altre fazioni. Viene spontaneo chiedersi in quanti si mobiliterebbero fisicamente a beneficio di un altro gruppo politico per una consultazione simile, cosa che ha dimostrato ancora, invece, la capacità del PD di penetrare nel tessuto sociale attraverso reti molto efficaci. È presto per analisi più approfondite, ma tra poco potremmo iniziare a venirne a capo.
Antonio Raffaele La Forgia