“Abbiamo provato in tutti i settori a moralizzare e a bonificare, abbiamo provato a cambiare la storia della Puglia perché potesse essere la locomotiva di testa del Sud, perché potesse andare a Roma o a Bruxelles senza il cappello in mano, perché potessimo essere orgogliosi di una tradizione di intraprendenza, di curiosità e di vivacità intellettuale che fa della Puglia un luogo speciale”.
Così il Presidente uscente della Regione Puglia Nichi Vendola in un videomessaggio di saluto ai pugliesi, al termine della nona legislatura e dopo dieci anni vissuti da Presidente del governo regionale.
“Credo di poter dire – ha continuato Vendola – di aver lavorato sempre nel rispetto della mia coscienza e nel rispetto delle leggi dello Stato, di aver dedicato anima e corpo, ognuno dei giorni di questi dieci anni, al partito che ho servito, e il mio partito era la Puglia, i pugliesi, il Sud, il Mezzogiorno d’Italia e d’Europa, questa parte del mondo che ha tanto da dire e tanto da dare e che ha bisogno di riprendere il gusto di raccontarsi. La nostra eredità verrà raccolta ora dal nuovo Presidente della Regione, Michele Emiliano, e da una nuova classe dirigente a cui auguriamo di poter compiere un cammino importante per proseguire nella modernizzazione e nel cambiamento reale della vita dei pugliesi”.
“E’ molto difficile raccontare in poche battute una esperienza di vita pubblica durata il tempo di dieci anni – ha proseguito Vendola – è difficile farlo nel momento in cui prevalgono le emozioni, che sono anche emozioni molto forti. Vorrei congedarmi dalla mia terra, dai miei concittadini e dai pugliesi con un saluto che è anche un rapido bilancio di quello che è accaduto. E per me è accaduto molto. Per chi aveva sempre vissuto, anche la vita politica, sentendosi fino in fondo cittadino del mondo e frequentando le trincee, anche quelle più difficili e più aspre, dalla ex Jugoslavia alla Colombia a tutto il centro America, ovunque ci fosse una battaglia per i diritti, per la giustizia e per la libertà, lì pensavo che fosse giusto collocare la mia vita e la mia testimonianza. E poi un giorno mi è accaduto invece di attraversare una strada, improvvisamente in quell’aprile del 2005 mi capitò di trovarmi nel cuore del cuore del potere. Ebbi una grande paura e un grande spavento, paura di essere inghiottito dal potere e che questo potesse cambiare la mia anima e il mio modo di pensare”.
Vendola ha poi ricordato anche le grandi fragilità della Puglia, da quella sociale (“la regione con meno infrastrutturazione sociale, con un welfare fragile e claudicante, con una platea di cittadini e di cittadine deboli socialmente che rappresentavano bisogni anche incandescenti a cui questo luogo non dava risposte”), a quella economica (“e non perché non ci fossero attori dinamici ma perchè non si era costruito un sistema economico pugliese e non si erano messi insieme tutti gli attori”) a quella ambientale (“la Puglia senza parchi, la Puglia della grande concentrazione, in alcune aree come Taranto e brindisi, di agglomerati industriali fortemente impattanti e inquinanti”).
“Abbiamo cercato nel corso del decennio – ha sottolineato Vendola – di attraversare queste fragilità per rispondere in maniera moderna ai bisogni, alle urgenze, ai diritti e ai desideri degli uomini e delle donne della Puglia. Abbiamo ricostruito il sistema del welfare, abbiamo ragionato su una programmazione dei servizi sociali che mettesse al centro il singolo uomo e la singola donna come portatori di ricchezza”.
E poi ancora “abbiamo lavorato perché nascessero i distretti produttivi di filiera, abbiamo fatto una rivoluzione dal punto di vista delle innovazioni, del trasferimento tecnologico. Siamo punto di riferimento per la meccatronica e l’aerospazio, sono investimenti che portano lavoro e trainano la Puglia verso un mercato internazionale in cui noi non siamo una periferia lamentosa e spenta ma siamo protagonisti”.
Vendola ha anche ricordato l’utilizzo degli strumenti di governo del territorio che hanno messo al centro il concetto di rigenerazione urbana, così come ha ricordato la “guerra ingaggiata contro l’amianto, contro le diossine, i furani e il benzopirene, contro i veleni che assediano la nostra vita”, non dimenticando però la condizione di difficoltà nella quale si è svolto tutto questo lavoro “perché in questi dieci anni, per otto anni, siamo stati prigionieri della più grande crisi economica”.
Vendola ha anche ricordato la lezione di Tonino Bello, quella cioè “di fare della convivialità delle differenze la cifra dei nostri comportamenti quotidiani”.
“Abbiamo fatto anche tanti errori – ha aggiunto Vendola – e tanti traguardi non siamo riusciti a raggiungerli. Credo che la riflessione sia aperta, così come il dibattito e anche il giudizio. Quello che posso dire in piena coscienza è che questa esperienza è stata durissima e anche dolorosa per me, ma anche bellissima per tutto quello che ho imparato su cosa significhi governare un sistema complesso e su cosa significhi avere la responsabilità di orientare i comportamenti di migliaia e migliaia di uomini e di donne, e avere, nei tuoi gesti quotidiani, un riverbero che riguarda la vita di 4 milioni di pugliesi”.
“Sono nato in questa terra – ha concluso Vendola – e in questa terra morirò. In questa terra ho imparato le cose essenziali della vita e da questa terra ho avuto l’alfabeto necessario per immaginarmi cittadino del mondo. Amare la Puglia non significa blindarsi. Amare la Puglia significa educarsi all’euromediterraneo, alla mondialità e alle differenze”.
E infine i ringraziamenti.
“Vorrei ringraziare tutti – ha detto Vendola – e vorrei chiedere un atteggiamento indulgente nei confronti degli errori che abbiamo compiuto e un giudizio equanime su questo decennio. Vorrei fare gli auguri di ogni bene agli amici e alle amiche della Puglia, a voi che avete creduto in me, a quelli che mi hanno criticato e a coloro che sono stati miei oppositori, con l’augurio che i passi che ciascuno di noi dovrà ancora compiere siano passi che ci portino nella stessa direzione, quella di una Puglia sempre più aperta, libera ed accogliente”.