È toccato ad Antonio Metauro riaprire la discussione sul tema di come abitare la prossimità per riscoprire le città. Un tentativo ben riuscito che riguarda tutte le città medio grandi della Capitanata. Un vero documento politico in cui Metauro rilancia la necessità di capire come e dove agire per ridisegnare la trama urbana a Foggia come a Manfredonia, da Lucera a San Severo sino a Cerignola senza trascurare centri dell’entroterra e della costa.
“La nostra – dice Metauro – è una proposta che scaturisce da una lunga fase d’ascolto delle categorie produttive che rappresentiamo, una riflessione che abbiano approfondito con l’attenzione dei nostri vertici associativi nazionali. Del resto, abitare la prossimità, riscoprire la città è il binario più naturale per avviare un confronto. E ringrazio l’assessore Galasso per aver colto questa opportunità di dialogo con Paolo Testa, tra i migliori tecnici in campo di Confcommercio, Noè Andreano di Anci Puglia e del presidente dell’Ordine degli architetti, Faccilongo”. La proposta di Metauro è netta. “Secondo l’idea dei pensatori più significativi dell’antropologia contemporanea, le periferie non sono un concetto geografico, ma sociale. Ci sono quartieri centralissimi, le cui dinamiche sono degradate e quartieri periferici che sono invece luoghi vitali. Tra questa dicotomia centro-fuori, c’è poi la terza via che immagina spazi pubblici, aree organizzate attorno a isolati, che avevano la stessa funzionalità delle zone cittadine più servite”. “É proprio partendo da quest’idea che serve ragionare insieme per immaginare città in cui tutto ciò che serve quotidianamente stia a pochi minuti a piedi da dove si abita”. “Città in cui a questa prossimità funzionale ne corrisponda una relazionale, dove le persone abbiano più opportunità di incontrarsi, sostenersi, avere cura reciproca dell’ambiente, collaborare per raggiungere assieme obiettivi. Città da ricostruire a partire dalla vita dei cittadini e da un’idea di prossimità abitabile in cui essi possano trovare tutto ciò che serve per vivere. Questo il tema sul quale va fatta una discussione”. “La domanda che ci siamo posti – sostiene Metauro – è semplice. Possiamo costruire la città contemporanea a partire da una nuova idea di prossimità? La risposta che ci siamo dati è SI, questo è possibile. Ecco, a noi pare che le nostre città delle prossimità potrebbero essere: città in cui innovazione sociale, cura, beni comuni, comunità di luogo e piattaforme digitali abilitanti diventano le parole-chiave di un nuovo comune sentire, poggiato su una diffusa progettualità sociale. D’altro canto, la costruzione della comunità è alla base di questo pensiero e proprio la città diventa il luogo di costruzione della comunità, la città per tutti”. “Vero è – sottolinea Metauro – che il tempo, il degrado, l’incuria, scelte sbagliate, ma anche fenomeni di più ampio respiro ci hanno condotto al punto in cui siamo e dal quale tutti avvertono il bisogno di allontanarsi. Ma adesso il punto è come avviare questo nuovo percorso nelle nostre città”. “Noi di Confcommercio siamo convinti che un ruolo importante, parlando di vicinanza e prossimità, lo ha la potenzialità di cura che serve assumere verso le città. Perché c’è una relazione strettissima tra una dimensione fisica della prossimità e una operazionale della cura. Non c’è cura senza vicinanza. Serve tornare a riflettere, pensare a città che si relazionino in modo empatico con il tema del progetto intorno al quale una comunità si costruisce, che altro non è che il progetto che una comunità decide di creare autodeterminandosi”. “È giunto il momento in cui – sottolinea il Presidente di Confcommercio – le nostre città devono tornare e ad alimentarsi della complementarità di due dimensioni distintive: la parte funzionale e quella affettiva senza dimenticare che i territori sono disegnati dalle attività economiche, dal commercio su aree pubbliche alla ristorazione, dai suoi negozi storici alle imprese della cultura. Non si può chiedere ai cittadini di rinunciare “all’effetto-città”. Ora il punto centrale sta nel saper individuare le condizioni che modifichino il modo di vivere, le relazioni interpersonali e il rapporto con i luoghi in cui viviamo. Città in cui i promotori di servizi si muovono come Attori Civici, per richiamare un’espressione di Paolo Testa”. Poi Metauro guarda al capoluogo della Capitanata, Foggia. “Pensiamo alla centralissima via Arpi, che ben potrebbe rappresentare la via della cultura con quel suo fermento universitario, la Fondazione Banca del Monte, le antiche chiese, il Duomo, i palazzi storici, il Conservatorio, il Museo. Pensiamo al quartiere Ferrovie, un tempo il bel salotto di Foggia, con quei suoi edifici umbertini, oggi trasformato in un luogo irriconoscibile, dove andrebbe immaginata una straordinaria azione di recupero, da qualificare come luogo di particolare interesse storico e culturale. Questo serve fare, attraverso azioni e trasformazioni, perché la necessità di interrogarsi sulle scelte politiche e sul modello di sviluppo da sostenere è la strada maestra per ripensare soprattutto alle nostre Città, alla loro vita futura, recuperando storie, tradizioni, usi costumi e consuetudini”.
di Micky dè Finis