Quello che sta volgendo al termine può definirsi un anno di transizione. Nel senso che il disordinato contesto storico nel quale si è barcamenato in questi ultimi lustri, deve necessariamente chiarirsi e definirsi nelle sue prospettive politiche, economiche e sociali inserite in un quadro costruttivo che deve ritrovare la sua misura storica. Occorre pertanto avviare una seria e lucida transizione culturale che coinvolga l’intero tessuto connettivo di una città, una popolazione, che si presenta, ad oggi, alquanto squinternata, disorientata e, per tanti versi, priva di un preciso e chiaro orientamento. Una città e una popolazione subdolamente avvinghiata ad un trascorso che non ha più ragione di essere, dal quale inspiegabilmente pare condizionata. Probabilmente sarà necessaria qualche generazione per realizzare l’inevitabile ricambio e stabilire una nuova realtà che evolva speditamente. Ma bisogna iniziare a pensare e ad agire in funzione del futuro. È tempo pertanto di mettersi alle spalle vicende che hanno sovvertito gli equilibri ordinari delle cose, di archiviare malombre di taluni personaggi ambigui e deleteri, di scrollarsi di dosso intrighi e falsi profeti e di guardare avanti con occhi limpidi e cuore impavido. La grande storia di Manfredonia annovera situazioni estreme dalle quali ne è uscita brillantemente. Per taluni aspetti siamo in tale frangente dal quale urge divincolarsi. Occorre uno scatto di orgoglio e di buona volontà. Ri-alzarsi è possibile e doveroso. Fulcro di tale processo è indubbiamente Palazzo San Domenico, il cuore pulsante e pensante di Manfredonia. Ma non soltanto l’amministrazione comunale: è necessario che si metta in gioco l’intero Sistema città, nelle sue variegate componenti culturali, economiche, sociali. Agenzie cittadine troppo spesso disunite e con attività slegate. Come le monadi di Leibniz. È indispensabile un’azione corale univoca, combinata. Una resilienza generale. Un deciso impulso in tal senso pare possa venire dalla nuova compagine politica-amministrativa insediata dal voto popolare a Palazzo di Città, tanto nella componente di maggioranza, quanto in quella di minoranza o opposizione. Pare di intravvedere e in ogni caso la si auspica, pur nell’esercizio dei rispettivi ruoli, una più consapevole contezza della responsabilità loro conferita in funzione comunità cittadina. Un afflato più cosciente e presente. È presto per una verifica sul campo, sono trascorsi appena sei mesi del nuovo governo cittadino, ma, come si dice, il buongiorno si vede dal mattino. Le questioni da affrontare sono di fondamentale importanza per realizzare quella improcrastinabile resilienza. A cominciare da quell’illusorio e pretestuoso dualismo “turismo-industria” legato dalla parola magica “lavoro” e dunque “salute”. La loro coesistenza è decretata dalla stessa Manfredonia e dal territorio sul quale insiste, ove si riscontrano tutte le prerogative essenziali e necessarie per sostenere entrambi quei settori. Se mai discrepanze sono andate emergendo (e ci sono), sono attribuibili alle non confacente gestione delle stesse. Circostanza che richiama un corollario di fondo: quello dei soggetti giusti, professionalmente predisposti, al posto giusto, a quella invocata ma poco praticata meritocrazia. Manfredonia si trova di fronte a sfide significative ma anche nuove opportunità. Ha un enorme potenziale turistico che va sostenuto con una adeguata promozione e appropriate infrastrutture. Ha anche una storia industriale notevole, aperta alle opportunità di attrarre investimenti in settori innovativi, sostenibili. Ma occorrono idee chiare, una visione a lungo termine, una pianificazione studiata. Allettanti prospettive vengono anche dal settore agroalimentare e dalla stessa pesca penalizzata da pratiche commerciali rovinose. Per non considerare il sistema portuale, centro strategico economico e occupazionale, articolato in bacino industriale, porto storico commerciale, approdo turistico: oltre che per gli intrinsechi valori economici, costituisce un “polo culturale” di avveniristico rilievo. Una Città ricca di suo finita in uno sterile stand by che attende di essere rimessa in moto.
di Michele Apollonio