Oltre vent’anni fa, dopo anni di dedizione e impegno, mi trovai di fronte a un mistero che affascinava molti: l’esistenza di un ponte che univa le Isole Tremiti.
Decisi di sfatare questa leggenda e mi immersi in un intenso lavoro di ricerca. Trovai un carteggio inedito che testimoniava il collegamento tra le isole, con documenti e immagini che raccontavano una storia dimenticata.
Il mio viaggio di scoperta mi portò a rinvenire i pali di legno ancora sepolti nel fondo marino, segno tangibile di un’opera che aveva unito i cuori e le terre.
Tra i materiali, vi era anche un’icona del 23-10-1846, un ex voto con la Madonna di Siponto, disegnata dal manfredoniano Michele Brigida. Nella stessa immagine si scorgeva il ponte in legno che collegava S. Domino con il Cretaccio, un simbolo di speranza e connessione.
Nel dipinto c’è scritto:
” Voto fatto a Maria Santissima di Siponto da Michele Brigida per essere stato libero da naufragio sull’acqua di Tremiti il giorno 23 ottobre 1846 invocando il suo nome.”
Il Voto a Maria Santissima di Siponto
Il vento soffiava forte sulle acque tumultuose delle Tremiti, e Michele Brigida si trovava a bordo della sua imbarcazione, la paura che attanagliava il cuore. Era il 23 ottobre 1846, e il mare sembrava aver deciso di inghiottirlo. In quel momento di terrore, con le onde che si sollevavano come giganti pronti a colpirlo, Michele alzò gli occhi al cielo, invocando con fervore il nome di Maria Santissima di Siponto.
“Madonna mia,” pregò, “salvami da questo naufragio, e prometto di onorarti per sempre.” La sua voce, mescolata al fragore dell’acqua, si perse nell’immensità del mare. Ma la fede era forte, e mentre le onde si abbattevano furiosamente, un’improvvisa calma avvolse la barca. Qualcosa di miracoloso accadde: il mare si placò, e Michele si ritrovò in salvo.
Raggiunta la riva, col cuore ancora palpitante, Michele si inginocchiò e, con le lacrime agli occhi, rese grazie a Maria Santissima. Quel voto, un atto di riconoscenza, segnò per lui non solo la salvezza, ma anche una connessione profonda con il divino, una promessa di devozione che avrebbe portato nel suo cuore per sempre.
Decisi di avvisare le istituzioni, ma la risposta fu silenziosa. Le mie ricerche, un lavoro frutto di passione e dedizione, vennero liquidate come fastidiose da alcuni uomini politici che non vedevano di buon occhio un giovane ingegnere senza sponsorizzazione. Il mio sforzo, invece di essere premiato, venne ridotto al silenzio; fu umiliante, eppure non mi arresi.
Le mie scoperte, però, non passarono inosservate al pubblico. La stampa, nazionale e internazionale, si interessò al mio lavoro, e in pochi mesi la mia storia raggiunse il cuore della gente. Vent’anni dopo, il dibattito su questo ponte è ancora vivo, come un eco che risuona nel tempo.
Nel luglio del 1844, iniziarono i lavori per la costruzione del ponte voluto da Re Ferdinando II di Borbone, un gesto che dimostrava l’importanza di connettere le isole. In un documento dell’epoca si leggeva: “…Mi disse il sig. De Cristofaro che avrebbe ordinato di mandare da me persona del mestiere per osservare la costruzione del ponte che riunisce le isole…”.
Era un progetto ambizioso, e i pali venivano lentamente inseriti nel mare, sul lato di San Nicola.
Il re stesso si recò a Tremiti per supervisionare i lavori, come testimonia un antico documento: “…visita di S. M. il Re fatta a Tremiti…”. Era un momento storico, un gesto che mostrava l’attenzione verso queste terre.
Ero un giovane ingegnere, pieno di idee e voglia di realizzare sogni, ma il sistema e la realtà spesso spingono a rinunciare.
Michelangelo De Meo