Lunedì 7 Ottobre 2024

La vite e il vino nella storia e nel simbolismo (di A. Caroleo)

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Gli studi di  paleobotanica fanno risalire a circa diecimila anni fa l’avvio della trasformazione/ selezione, forse per mano dell’uomo, della vite selvatica (vitis silvestris) in un genere di vite (vitis sativa o vinifera) a frutti piccoli e succosi, dalla cui spremitura e dopo la cui fermentazione spontanea fu ricavato il vino.

Una antica tradizione ha fatto sorgere i primi cultivar preistorici di vitis vinifera nella regione transcaucasica fra la Georgia e l’Armenia. La viticoltura si sviluppò durante la cosiddetta “rivoluzione neolitica”, quando si verificò una delle più grandi trasformazioni del costume, della cultura, delle strutture sociali della storia dell’umanità. Quando cioè l’uomo si trasformò da nomade a stanziale con la formazione di nuovi modelli economico-sociali.

Alla dea Madre, che presiedeva alla fecondità della donna e alla fertilità della terra e al benessere della comunità, si susseguirono altre divinità, miti e riti, legati alle vicende del mondo vegetale, al mutare delle stagioni ecc.

La vite , con la sua morte apparente d’inverno e la ricrescita in primavera, divenne il simbolo de cicli agrari e alle divinità ad essi collegate. Il vino, come prodotto dell’uva e della vite significava la sopravvivenza oltre la morte della pianta, della terra e del mondo. Inoltre con l’ebbrezza che provocava, metteva in contatto l’uomo con gli dei.

Comunque è certo che tra il VI e il IV millennio a.C. la vite e il vino registrarono uno straordinario sviluppo nelle zone della cosiddetta  Mezzaluna fertile : in Mesopotamia, nella pianura tra il Tigri e l’Eufrate dove fiorirono la civiltà numerica e assiro- babilonese.

In seguito i Fenici esportarono la vite e il vino in tutte le regioni del Mediterraneo.  In Egitto il vino era una bevanda da re in quanto il popolo beveva soltanto birra. Il vino veniva usato per scopi cultuali e per funzioni religiose.

In molte pitture murali nelle tombe egiziane sono raffigurate le varie fasi della produzione del vino: dalla coltivazione della vite alla vendemmia, alla fermentazione del mosto e alla conservazione del vino.

Nell’Egitto dei Faraoni il vino (ma anche la birra) ebbero anche funzioni medicinali per le proprietà estrattive dell’alcool in essi contenuto.

Il Papiro di Ebers il più antico testo di medicina egizia, riportava circa 900 prescrizioni di farmaci ricavati  dal mondo animale ma anche e soprattutto dal mondo vegetale. Il vino era usato come anestetico, mescolato con il giusquamio o come analgesico mescolato con aceto e polvere di Memphis (Polvere di catrame e oppio).

In Grecia furono probabilmente i Micenei a portare il vino intorno al XV Sec.

Certo il vino era presente nei poemi omerici ; ricordiamo per tutti l’episodio di Ulisse e Poliremo, il ciclope prima ubriacato e poi accecato. Il vino era presente nelle molte libagioni e nei conviti . Scene di vendemmia erano sbalzate sullo scudo di  Achille , fabbricato dalle abili mani di Efesto. In  Grecia si consolidò , tra  l’VIII e il VI sec. a.C. il mito di Dioniso.

Questa religione si radicò nell’Attica , in una versione che Euripide enunciava in maniera sfolgorante nel prologo delle Baccanti.

Moltissime di queste scene sono raffigurate sui vasi attici a pittura rossa. Il Museo Jatta di Ruvo ha tantissimi vasi in cui le scene dionisiache sono preponderanti.

Ma per i Greci il vino, oltre che alimento, era anche un medicamento. Ippocrate e la sua scuola definivano le virtù medicinali del vino in numerosi precetti, ricavati dalla tradizione ma anche dall’esperienza.

Nel mondo romano il vino presentava scarse connotazioni religiose. Solo nelle colonie  magnogreche dell’Italia Meridionale il movimento religioso e forse politico dei Baccanali  esplose e si diffuse rapidamente fino all’Etruria e a Roma.

La vite nell’Antico Testamento.

Nel libro della Genesi si racconta che Noè, appena uscito dall’Arca, piantò una vigna che gli avrebbe dato un buon vino:

<..Noé  cominciò a fare l’agricoltore e piantò una vigna; ne bevve il vino, s’inebriò e dormiva ignudo in mezzo alla tenda…> (Gen.9,20).

Nella benedizione che Melchisedek diede ad Abramo,  con l’offerta  che il sacerdote fa del pane e del vino , viene anticipata nell’A.T. ciò che sarà l’Eucaristia nella nuova legge.

La Lettera agli Ebrei (6,1-3) vede d’altronde  in Melchisedek “Sacerdote del dio Altissimo” la prefigurazione del Cristo.

Ancora nella Genesi  si narra che il capo coppiere del faraone descrisse un sogno a Giuseppe:

<..ecco, mi stava davanti una vite, e in quella vite vi erano tre tralci, e non appena essa cominciò a germogliare, subito apparvero i fiori e i suoi grappoli portarono a maturazione gli acini…> (Gen.40,10)

Sempre nell’A.T. si narra che durante la marcia nel deserto verso la  Terra Promessa, Mosè inviò alcuni esploratori verso il  Paese di  Canaan. Questi vi tagliarono un tralcio con un  enorme grappolo che trasportarono in due reggendolo su una stanga. Se per gli Ebrei quel grappolo  era prova e simbolo della terra Promessa, per i Cristiani divenne ( secondo Gregorio di Nissa) la profezia  della Passione redentrice del Cristo.

Mosè diceva infatti: < Bevevano il vino, sangue dell’uva…>  ( Es.)

Nell’A.T. appare una vite che simboleggia  Israele, il popolo di Dio che il Signore “ha piantato” e da cui attende i frutti: <Io ti avevo piantato come vigna scelta, tutta di vitigni genuini, ora come mai sei mutata in tralci degeneri di vigna bastarda? > ( Geremia)

A sua volta il Profeta Isaia ammoniva

< Canterò per il mio diletto il mio cantico d’amore per la sua vigna. Il mio diletto possedeva una vigna sopra un fertile colle. Egli l’aveva vangata e sgombrata dai sassi e vi aveva piantato scelte viti; Vi aveva costruito in mezzo una torre e scavato anche un tino. Egli aspettò che producesse uva, ma essa fece uva selvatica…….> (Is. 5,1..)

La  vite evoca anche immagini amorose, come nel Cantico dei Cantici dove l’Amata  dice del suo  Diletto  :

<.. Grappolo di Cipro è per me il mio diletto, nelle vigne dell’En-Gaddi…>

Il Diletto a sua volta, paragona la sua Amata all’uva e definisce le sue carezze: <..più deliziose del vino….>.   (Ct)

La vite simbolo di Cristo nel Nuovo Testamento

Dalle Nozze di Cana all’Ultima Cena, il vino accompagna Cristo nel suo cammino fino all’osmosi rappresentata dall’Eucaristia.

Nel N.T. è lo stesso Cristo a definirsi vite quando nell’Ultima Cena, ammaestrando gli Apostoli, dichiara:

< Io sono la vera vite e il Padre mio è il vignaiolo….Io sono la vite e voi i tralci. Chi rimane in me ed io in lui, fa molto frutto, perché senza di me non potete far nulla…>   (Gv. 15,1,8).

Sottolineando il fatto che Egli fosse la “vera vite non era casuale. Egli infatti doveva prendere le distanze dalla vite “falsa”, da quella che nel  Vicino Oriente aveva la sembianze del dio dionisiaco.

Nel portale di san Leonardo di Siponto, come in moltissime espressioni dell’arte medievale, questo simbolismo dei viticci sinuosi sono ampiamente rappresentati. Così come anche nell’archivolto della basilica di santa Maria Maggiore, sempre a Siponto.

Il Cristo si era definito “vite perché proprio in quel giorno,quello dell’ultima Cena,  aveva in animo di istituire il Sacramento dell’Eucaristia, in  cui il pane e il vino, cioè il succo della vite, non hanno per i cattolici valore simbolico, ma sono il Corpo e il Sangue del  Dio incarnato:

< Quando fu l’ora prese posto a tavola e gli apostoli con Lui e disse: “Ho desiderato ardentemente mangiare questa Pasqua con voi, prima della mia passione, poiché vi dico: non la mangerò più, finché essa non si compia nel regno di dio”. E,  preso un calice, rese grazie e disse: “Prendetelo e distribuitelo tra voi  poiché vi dico: da questo momento non berrò più del frutto della vite, finchè non venga il regno di Dio”. Poi, preso un pane  rese grazie, lo spezzò e lo diede loro dicendo: “Questo è il mio corpo che è dato per voi; fate questo in memoria di me”. Allo stesso modo, dopo aver cenato prese il calice del vino dicendo: “Questo è il calice della nuova alleanza nel mio sangue, che viene versato per voi….” >   (Lc. 22,14,20)

Al vino che si fa sangue di Cristo pare alludere Mosè nell’ Antico testamento, quando, aspergendo il popolo con il sangue dei giovenchi sacrificati dice:

< Ecco il sangue dell’alleanza che il Signore ha concluso con voi sulla base di tutte queste parole! >   (Es. 24,8)

Frase profetica che si capirà pienamente con l’apparizione dell’Agnello Sacrificale della Nuova Alleanza, quell’Agnello che appare in molti mosaici bizantini e sculture romaniche con una croce sul fianco mentre col capo rivolto all’indietro sembra voler chiamare a sé i fedeli.

Questo Agnello è splendidamente  raffigurato sulla lunetta del portale della Chiesa di san Domenico a Manfredonia.

Nella Chiesa della Sacra Famiglia , sempre a Manfredonia vi è un mosaico raffigurante l’Apocalisse di san Giovanni in cui vi è la presenza dell’Agnello sacrificale.

Infine, è curioso notare che il santo patrono dei viticoltori, San Vincenzo (Vincent) deve forse questa sua attribuzione soltanto ad un gioco di parole che richiama l’eucaristia : vino-sangue (vin – sang).

Infatti niente altro nella leggenda che accompagna questo santo martirizzato sotto Diocleziano nel 304 d.C., ha attinenza col vino o con la vigna.

 

Aldo Caroleo, ottobre 2024, mese della vendemmia

 

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