Iniziati i lavori di rifunzionalizzazione delle strutture portuali
SI ERA a gennaio 2021 quando il presidente dell’Autorità di sistema portuale del mare Adriatico meridionale, Ugo Patroni Griffi, presentò a Manfredonia in una pubblica assemblea a Palazzo dei Celestini, il progetto di rifunzionalizzazione del bacino portuale alti fondali, comunemente detto “porto industriale”. Un progetto di grande respiro la cui credibilità era garantita dalla dotazione finanziaria di 121 milioni di euro. Dopo poco più di tre anni (una bazzecola rispetto alle lungaggini che accompagnano le opere pubbliche) quel progetto ha cominciato a prendere forma. Le attività di risanamento delle strutture sono «concretamente e visibilmente iniziate», rimarca un comunicato dell’Autorità di sistema portuale del mare Adriatico meridionale, della quale il porto di Manfredonia fa parte assieme a quelli di Bari, Brindisi, Monopoli, Barletta e Termoli.
«I LAVORI sono finalizzati – viene ribadito – non solo a conservare l’opera, tramite interventi corticali, di riparazione e di ripristino delle originarie condizioni di protezione delle armature e delle sostituzioni delle stesse, ma anche la contestuale rifunzionalizzazione che sarà ottenuta attuando, in particolare sul pontile di approccio e con modalità diverse anche sulle banchine, provvedimenti che riguardano il consolidamento strutturale degli elementi e il miglioramento del loro comportamento sotto l’azione sismica».
GLI INTERVENTI progettuali previsti riguardano: lavori manutentivi di riparazione corticale; ripristino e protezione delle superfici in calcestruzzo, interventi di rifunzionalizzazione della struttura, allargamento della carreggiata del pontile di approccio al bacino portuale, consolidamento strutturale, miglioramento sismico. Interventi strutturali sono stati altresì progettati per il porto commerciale “storico” per i quali però non sono previsti al momento finanziamenti.
L’OBIETTIVO è quello di attrezzare adeguatamente lo scalo sipontino per trasformarlo in un hub moderno ed efficiente, conformandolo alle nuove sfide dei traffici marittimi e dunque di allargare gli orizzonti economici della città e del territorio di riferimento. Una prospettiva confermata e sostenuta nel luglio scorso in un summit allargato alle massime autorità regionali, provinciali e territoriali svoltosi nell’area portuale. «Con l’avvio di queste opere si scrive una pagina importante della storia di Manfredonia, del suo porto» ha sintetizzato il contrammiraglio Vincenzo Leone succeduto a Patroni Griffi nella guida dell’AdspmAm.
DOPO oltre mezzo scolo rinasce a nuova vita un porto dalla struttura ardita proiettata nel golfo adriatico voluto dall’Eni, uno degli assetti portanti assieme alla superstrada garganica, al sistema di protezione dalle alluvioni, alla conduttura dell’acqua, che hanno fatto fare un salto di qualità al territorio. Il rilancio del porto e delle relative attività mercantili, confermano la centralità di un impianto che sia pure in misura ridotta, ha continuato a sostenere il lavoro portuale.
TRA GLI INTERVENTI nel nuovo allestimento portuale, è previsto lo smantellamento del complesso sistema di nastri trasportatori che corrono lungo i tre chilometri del pontile fino alle banchine operative. Non sono mai entrati in funzione, né tanto meno collaudati. All’epoca fu un grosso spreco di denaro pubblico e non poco ce ne vorrà per eliminarli. Ne guadagnerà il panorama che da quella parte si ferma sulle lamiere di quella inutile barriera.
SE sul piano tecnico ci sono prospettive molto incoraggianti, su quello gestionale regna invece il buio più nero. Ai vari livelli istituzionali e non, comunale e provinciale, si continua a non mostrare granché interesse per una opportuna gestione di una struttura che da sola sarebbe in grado di sostenere l’economia di un vasto terrritorio.
Michele Apollonio