Che fatica affrontare questi giorni! La potenza stravolgente del “sole belva”, come Ungaretti descrive nelle pagine delle prose daunie quel bollore africano che sprigiona nel luglio pugliese, ci ricorda che abitiamo una terra straziata da una calura sempre più impietosa, prepotente e folgorante, che ti spinge in uno spazio angusto in cui non puoi aver tregua, un luogo assetato ed arido. E tuttavia, nonostante quest’afa insolente, trovo refrigerante almeno sul piano spirituale quell’ardore pieno di nuovi fermenti culturali che va attraversando la piana del Tavoliere, per poi salire il promontorio del Gargano sino a scendere sulla costa baciata dal mare. Sono piccoli ma nitidi segnali di cambiamento. Un nuovo passo che a volte la buona politica riesce pure a cogliere realizzando una contaminazione culturale vitale, necessaria quanto difficile perché non sempre riesce a far breccia dove dovrebbe. A Manfredonia un nuovo sindaco proverà a mettere in scena il tentativo di una seconda disperata operazione Lazzaro in una città alle pezze. Lui, Domenico La Marca, è giovane, bravo, volenteroso ed onesto. Mica poco! Certo bisognerà attendere per capire, ma a pelle si sente un nuovo entusiasmo, si percepisce almeno l’idea di una svolta in una città martoriata. Ne ho avuta la sensazione seguendo il premio internazionale Re Manfredi che l’omonima Fondazione ha presentato dando lustro a talenti nostrani del calibro di Fabrizio Gifuni, dei maghi della cantina d’Araprì, del cantante Antonino, del procuratore Ludovico Vaccaro, il magistrato che guida con orgoglio e con chiari risultati la lotta contro le mafie. Ho anche apprezzato il Festival delle Terre d’Acqua e condiviso la IV edizione della rassegna letteraria “Ti Porto un Libro”, due format studiati da Michele De Meo, manager del Gruppo Gelsomino, che va dando alla Fondazione una spinta innovativa di qualità e passione. È stato bello ascoltare Tony Di Corcia con “Mina Viva Lei”, Gabriella Genisi con Giochi di Ruolo e poi Gianfilippo Mignogna, davvero geniale quel suo racconto scritto in un libro fantastico sul miracolo che ha restituito una nuova speranza di vita agli abitanti di Biccari, “Ospitare fa bene”. Più giù, a Mattinata, nello scenario mozzafiato di Monte Saraceno che si apre nella piana degli ulivi sconfinando in una baia bellissima, ho seguito e preso a cuore Conversazioni dal Mare. Anche qui annoto che il sindaco Michele Bisceglia ha saputo ben fare dando alla sua comunità e non solo qualcosa di diverso e di gradevole, opzionando con tenacia intuitiva un prodotto culturale di pregio, cucito con la raffinatezza di cui sono capaci Alessandro Camporeale e Giulia Murolo di Artemia e seguito con la migliore attenzione di Paolo Valente, operoso assessore alla cultura. Vedere Silvia Visciano e Alessandro Piemontese parlare con Rocco De Franchi di un futuro meraviglioso e sino a ieri inimmaginabile per la Puglia, ascoltare la disarmante tenerezza di Gino Cecchettin con le pagine di “Cara Giulia. Quello che ho imparato da mia figlia”, l’eloquenza dannunziana di Marcello Veneziani, le intuizioni sulla modernità di Andrea Prencipe, la storia di Federica Angeli e il coraggio genuino di Sigfrido Ranucci è stato come respirare aria pura.
E a Foggia?
Qui c’è qualcosa che ancora non capisco, ma che di certo funziona poco e male. L’euforia del dopo elezioni sembra essersi dissolta, come svanita in una morta gora perché tutto fa pensare ad una sorta di normalità al ribasso come la migliore cifra possibile per la giunta guidata da Maria Aida Episcopo.
Il cartellone di Foggia Estate ne è la riprova: non trovo parole per spiegare che ai cittadini del Capoluogo serve ben altro per riprendere a sognare. Possono bastare queste adunanze paesane che lasciano solo baci, abbracci e una stucchevole sequela di improbabili selfi? Lascerei in disparte per carità di patria la sfrontatezza utilizzata per divulgare l’evento con un dileggio disgustoso su ciò che di bello si è pur visto in passato. Ma perché? Cui prodest? Non è per me semplice fare una riflessione così triste né lo dico a cuor leggero ma se il nuovo rivela il marchio della mediocrità bisogna aver pur il coraggio e l’onestà di dirlo. È come se di colpo ogni certezza fosse svanita in una notte, giusto il tempo di salire nel Palazzo ed assaporare il gusto di un potere che rimane effimero se si dimentica quello che realmente serve per governare una Città come Foggia, che è ancora lì, ferma al palo, inchiodata sui problemi che la costrinsero in ginocchio. Un quadro triste che mi ricorda un bel libro di Ernest Hemingway, un mito per le generazioni del mio tempo. Si chiama Vero all’alba. Un romanzo autobiografico che lo scrittore statunitense non vide pubblicato perché sopraggiunse la morte nel ‘61. In quel libro c’è scritto che “esiste un luogo dove una cosa è vera all’alba e falsa a mezzogiorno, e per questa cosa non si ha più rispetto di quanto se ne abbia per il bel lago dalla eretta corona d’erba che si è visto oltre la pianura salina cotta dal sole”. Sembra ispirato a Foggia! Il resto lo sa la lingua, ma non vuol dirlo! Meglio non pensarci, almeno per ora. Preferisco tornare nella mia ridente Pescasseroli dove a fine luglio seguirò il Premio Croce. Qui la grandezza di Dacia Maraini e la genuina passione del Sindaco Giuseppe Sipari offriranno davvero un bel vedere per una rassegna letteraria giunta alla XIX edizione. Ci andrò di corsa perché sarà presentato un inedito di Pasquale Croce, padre di Benedetto. Un quaderno segreto che Benedetto Croce ritrova nel 1916 sotto le macerie del terremoto di Casamicciola di Ischia dove perse tutta la famiglia. Il libretto ha per titolo “Il Redivivo”. Che meraviglia. Poi anche l’estate passerà con le sue gioie e le sue disillusioni. E a settembre Foggia riprenderà a respirare a pieni polmoni il buon odore che i Fiori Blu di Alessandra Benvenuto hanno preso a coltivare. Il 19 tornano Paolo Mieli, Neri Marcorè, Ritanna Armeni, Luciano Canfora, Marco Ferrante, Lidia Ravera, Silvia Truzzi, Sandra Petrignani e Giuliano da Empoli. Che bello! Per il resto, di che parliamo?
di Micky dè Finis