Sì, i giochi sono fatti, ma solo in parte. La prima, quella per così dire propositiva. Ora bisognerà attendere che la pallina si fermi. E la casella dove si arresterà lo deciderà l’elettorato. Questa tornata elettorale manfredoniana come il gioco alla roulette. Molto è affidato al caso, alla fortuna. Non è certo edificante, ma è, stringi stringi, la realtà di Manfredonia andata maturando negli anni, da un paio di decenni a questa parte e in modalità sempre più gravosa e preoccupante. Improvvisazione, sotterfugi, interessi obliqui, impreparazione, opacità e via di questo passo, sono stati gli ingredienti che di volta in volta hanno minato la credibilità di una città che aveva, e osiamo dire che ha, tutto il necessario e oltre, per aspirare a posizioni più confacenti al suo ruolo strategico riguardo all’economia, alla politica, alla socialità, alla cultura. Quel che è mancato è l’indispensabile apporto e supporto umano, del personale preposto ai vari ambiti in grado di comprendere e gestire quanto di volta in volta necessario alla bisogna. È venuta meno una onesta e virtuosa amministrazione della cosa pubblica cittadina. Un governo che sapesse governare il territorio. Èemblematico, la storia acquisita lo evidenzia, quello che di positivo e di concreto è stato realizzato su questa sponda del golfo adriatico, lo si deve a organizzazioni e a gente arrivata da fuori. Quando è dovuto intervenire il locale, le cose sono andate a ramengo. Un fallimento diffuso. Dall’industria al turismo. Basta guardarsi intorno senza i paraocchi del sentimentalismo. La situazione di grande incertezza ammantata di angoscia che si vive oggi, è la naturale conseguenza delle mistificazioni e delle illusioni accumulate fin qui. Una vigilia elettore ansimante, mandata avanti a tentoni, priva di quei capisaldi sui quali impostare un discorso chiaro, abbozzare quanto meno una programmazione organica, seria, concreta, agganciata alle esigenze della gente e del territorio. Si è appena riusciti con grande fatica, tanta improvvisazione, feroci lotte e dissidi, a indicare i candidati sindaci. Gli strascichi irrisolti e pronti a scattare non sono neanche mascherati. Di tutto il resto, delle liste, dei programmi e via discorrendo niente. I cittadini, gli elettori sono all’oscuro di tutto. Soccorrono pure poco o niente, voci e sussurri, gossip e cicalecci. Il tempo della preparazione è scaduto: occorre presentare le liste all’ufficio elettorale. Rimane un mese e poi le urne. Più che l’interesse per conoscere le proposte e farsi una idea, prevale la curiosità di vedere che cosa si è combinato, quali sono i concittadini che, va detto, con coraggio e certamente con persuasione hanno aderito al simbolo che li ha attratti. In questa trentina di giorni prima dell’appuntamento con la scheda elettorale, saranno bruciati i tempi per organizzare tutto e di più. Come, lo si vedrà. Sarà una campagna elettorale sui generis. Sarebbe stato più che necessario conoscere, attraverso dibattiti pubblici, di comizi non se ne parla, il pensiero, l’orientamento sui problemi di fondo, di quelli che sorreggono tutti gli altri. Problemi che attengono all’economia, alla legalità, alla trasparenza, all’innovazione. Problemi che hanno tutti un denominatore comune che è il lavoro. L’occupazione è il toccasana di tante storture, devianze, malaffare. Il lavoro previene e sana tutte le ferite. Un antidoto sicuro contro le mafie. Una endemia diffusa sottotraccia. Nella operazione contro la mafia garganica della Magistratura “Omnia nostra”, dei 45 processati, ben 26 (ventisei) sono di Manfredonia il che vuol dire la diffusione a rete della mafiosità che ha complicità insospettabili. E non è il solo esempio. Imprimere la inversione di marcia e rimettere sulla retta via questo carrozzone dissestato, traballante, inquieto ci vorrà l’impegno e la buona volontà di tutti. È necessario rincorrere e fermare la“boule”, la pallina della roulette nella casella giusta.
di Michele Apollonio