Doveva essere il quinto candidato sindaco nella corsa verso Palazzo San Domenico, ma il PD e il M5S che lo avevano posto a rappresentare il loro sodalizio fresco di conio, ci hanno ripensato. O meglio hanno rotto prima di cominciare. Un divorzio consensuale, o quasi. Il primo, il PD, ha trovato riparo nel gruppo di opposizione del quale faceva parte nella trascorsa amministrazione comunale, ovvero la coalizione “Insieme per Manfredonia”. Del M5S non si sa dove approderà, se su altra sponda o rimarrà solitario. Più che una pensosa e ponderata proposizione di una proposta elettorale per un cimento di estrema importanza, pare un gioco al bussolotto. Non è serio, a dir poco. E tanto appena alla vigilia del deposito presso l’Ufficio elettorale della documentazione di rito: 30 giorni antecedenti la data delle elezioni e dunque dalle ore 8 del dieci maggio alle ore 12 dell’undici maggio. Ci siamo dunque (salvo imprevisti). Sono quattro i candidati che si presenteranno al giudizio delle urne elettorali: Domenico La Marca, sociologo, sostenuto dalla coalizione “Insieme per Manfredonia” costituita dalle civiche Molo 21, Manfredonia civica, Con Manfredonia, Progetto popolare, Europa Verde; Ugo Galli, avvocato, sostenuto dalla formazione di centrodestra “Manfredonia 2024” composta dai partiti Forza Italia e Fratelli d’Italia, e dalle civiche Forza Manfredonia, Italia Viva, Città Protagonista, Manfredonia al centro, Azione; Antonio Tasso, deputato nella trascorsa legislatura a capo della coalizione “Manfredonia, una sfida da vincere insieme” composta da Agiamo, Sipontum, Noi siamo Manfredonia; Vincenzo Di Staso, avvocato, consigliere nell’ultima amministrazione comunale, sostenuto da Strada facendo, Lega, Udc. Chi tra questi sarà il 22esimo sindaco di Manfredonia? Difficile immaginarlo: tutti e quattro i candidati non paiono riferibili a certi identikit abbozzati secondo le responsabilità che il ruolo richiama e che nel caso di Manfredonia sono elevate all’infinito date le ben note peripezie politiche, amministrative, economiche, giudiziarie che stringono la città e i suoi abitanti in una morsa infernale. Mancano riferimenti oggettivi che ne traccino il profilo se non quelli specifici riferiti alle singole professionalità personali. Tranne due (Tasso e Di Staso) non hanno trascorsi politici. Il che è un bene da un lato, un handicap dall’altro. E d’altra parte i cittadini, gli elettori che dovranno indicare il prescelto, non sono stati informati di nulla. Il Popolo “sovrano” è stato lasciato fuori da tutto: lo si chiamerà a gran voce quando dovrà apporre la croce sulla scheda. Tutto il lavorio dei vari gruppi interessati a conquistare il dominio comunale, si è svolto nel riserbo più impenetrabile dal quale tuttavia sono emerse le non poche diatribe, gli aspri conflitti, le profonde divergenze di vedute circa le scelte da operare. Frizioni che pare non siano state del tutto superate. Anche perché la preparazione al fondamentale e straordinario impegno elettorale non si riduce all’indicazione del candidato sindaco: ci sono le liste elettorali da riempire. Occorre dare contenuti ai vari simboli elettorali. Complessivamente sono 21 se non di più (si potrebbero aggiungere le liste dei candidati sindaci), per le quali occorreranno oltre cinquecento persone che andrebbero istruite su quelli che saranno, per chi sarà eletto a rappresentare la comunità sipontina, i compiti onerosi e delicati di quel ruolo. Il Vademecum delle elezioni amministrative sancisce che nelle liste dei candidati nessuno dei due sessi può essere rappresentato in misura superiore a due terzi. La legge stabilisce un riequilibrio di genere. Una presenza femminile che sarebbe stata interessante, oltre che opportuna, tener conto anche per le proposte alla carica di sindaco. Si è persa una occasione di apertura ad una innovazione culturale e strutturale che, come i tantissimi esempi operanti ad ogni livello e in qualsiasi campo dimostrano ampiamente, ha potenziali qualità che sarebbero tornate utili in questo momento di grande sbandamento. Probabilmente Manfredonia non è pronta per questo passo in avanti: le donne pur presenti e attive in tanti contesti di vario genere, rimangono indietro, non sono interessate ad assumere impegni indubbiamente onerosi, riguardanti la pubblica amministrazione cittadina. E laddove non prevale il buon senso, interviene la legge: per la formazione della giunta comunale prevede che il sindaco nomini i componenti nel rispetto del principio di pari opportunità tra donne e uomini garantendo la presenza di entrambi i sessi. Una opportunità di riserva da utilizzare nei modi migliori nel comune interesse.
di Michele Apollonio