Giovedì 21 Novembre 2024

Una Città piegata su se stessa 

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Ero intento ad ascoltare i commenti elettorali sul ritorno in pompa magna di Marco Marsilio alla guida dell’Abruzzo, l’uomo che aprì le porte della sezione romana di Colle Oppio del Movimento Sociale Italiano ad una ragazzina di nome Giorgia, oggi garage politico del melonismo, tornato ad essere luogo venerabile della destra postfascista. Ma, improvvisamente, arriva la notizia del nuovo patatrac che piomba nella già martoriata Manfredonia. Che destino incredibile per la nobile città tanto cara a Re Manfredi.

Che disastro! 

Chi lo avrebbe mai detto che un giorno quelle vestigia sarebbero cadute così in basso, tra la polvere delle meschinità di una classe dirigente incapace di reagire e la sporca fuliggine che traspare nella iattanza di personaggi in cerca d’autore. Un declino che pare inarrestabile, irrefrenabile, come se fossero venuti meno i rudimenti della civiltà di una comunità presa a pesci in faccia dalle sue stesse viscere.

Ma davvero i cittadini di Manfredonia meritano tanto? 

Possibile che manchi anche la percezione di un naturale istinto di rivolta sia pur pacifica ma ferma e risoluta che arresti una deriva penosa, tanto angosciante da avere la forza devastante di umiliare il tessuto collettivo di un’intera Città? Sono questi, non altri gli interrogativi che scivolano silenziosi tra le contrade di Manfredonia, oltre 50 mila abitanti, addormentata nel parco nazionale del Gargano e nell’omonimo golfo con i suoi porti, una natura ed una storia antica bellissima. É innegabile che la classe dirigente di questa città debba mettere la testa sotto la cenere, perché i conti con la storia prima o poi bisogna farli e questo tempo è abbondantemente scaduto. Negli anni andati troppi avventurieri sono saliti su un vapore già in avaria e che affondava giorno dopo giorno, anche perché il mondo che ha governato la città prima dello sfascio come fosse la gallina dalle uova d’oro non esiste più, é finito perché tutto è imploso. Era la casta politica che consentiva a chi era dentro il sistema di campare tutta la vita. Un po’ in parlamento, un po’ nei consigli di amministrazione, un po’ nelle segreterie, perché tutto avveniva come in un esercizio elastico. Poi quella molla si è spezzata e il Fattore Emme è saltato. E allora basta continuare a nascondere o misconoscere i fatti, basta parlarsi addosso, rinfacciarsi le colpe in un J’accuse che rischia di diventare ridicolo, patetico, basta vendere a buon mercato filippiche utili solo per mascherare soprusi e ingiustizie consumate sotto il sole, perché il vero tradimento compiuto sta tutto nella lunga serie di affari che la politica ha gestito in un conclave che sembrava perfetto sino a quando non è impazzito. La città è alle pezze. I suoi abitanti sfibrati, delusi, stretti in una morsa che sembra precludere ogni via d’uscita. Chiusa tra le carte lavora la Commissaria Straordinaria guidata da Rachele Grandolfo, persona straordinaria e di grandi capacità. Ma la tecnostruttura è spaventata, sente tutto il peso e la responsabilità di uno sfascio apocalittico che si è abbattuto ancora una volta su Palazzo San Domenico, per quattro secoli dimora dei frati, poi distrutto dai turchi nel sacco del 1620 e ora, quattro secoli dopo, nuovamente sfregiato.

di Micky dè Finis

Articolo presente in:
News · Venti ed Eventi

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