Alla fine si è messa di mezzo anche la pioggia a cercare di ostacolare una edizione del Carnevale che richiamasse in qualche modo quelle spettacolari degli anni passati. Diversi anni scorsi. Un allestimento confezionato alla svelta e alla men peggio dato il difficile e complicato momento in cui si dibatte Manfredonia. Uno scatto di orgoglio cittadino, il richiamo della tradizione millenaria hanno portato a coagulare volenterosi cittadini di varia e diversa estrazione lavorativa che si sono messi di impegno ad approntare una serie di manifestazioni improntate al Carnevale sipontino. Prima fra tutte, la classica sfilata delle maschere. In primo luogo quella delle “Meraviglie”, ovverosia un esercito di ragazzi delle scuole primarie cittadine abbigliati con costumi ispirati ad un particolare soggetto di fantasia che più che costumi carnevaleschi parevano opere d’arte sartoriale, interpreti perfetti di scenografie accuratamente preparate. Sono mancati i Carri allegorici che tanto lustro hanno dato al Carnevale di Manfredonia: una assenza dovuta all’insufficiente tempo a disposizione. Sono state presentate, apprezzatissime, delle mini composizioni in cartapesta a testimoniare la creatività e la maestria dei cartapestai locali. Una promessa per il futuro. E poi una miriade di iniziative con un occhio particolare a quelle di indirizzo culturale, come mostre, laboratori di cartapesta per bambini in collaborazione col Museo nazionale archeologico, visite guidate ai luoghi eccellenti della città, e musica, tanta musica. Insomma, una forma di rivalsa contro la malasorte, le difficoltà oggettive in cui si dibatte la città. La dimostrazione che volendo si può anche a dispetto delle contrarietà naturali come la pioggia anche questa del tutto straordinaria che non ha inciso più di tanto, ignorata anche dalla folla di spettatori che ha seguito le manifestazioni e vissuto il Carnevale di Manfredonia che ha dato l’impressione che tutto fosse normale, che tutto andasse bene. Il Carnevale come metafora di una città che non c’è. Almeno come potrebbe e dovrebbe essere. Una città che ha perso, o nelle migliori delle supposizioni, mitigati tutti quegli stimoli che rendono una comunità attiva e presente al divenire esistenziale. Sono anni ormai che Manfredonia tira a campare in una situazione di sussistenza economica, sociale, culturale. Una condizione di forte affanno che trova preoccupante riscontro in questi mesi che precedono un appuntamento decisivo per le sorti della città, che dovrà dire in che modo i manfredoniani vorranno uscire da questa situazione di lancinante impasse, a quale sorta di futuro si vorrà indirizzare un territorio sul quale si prospettano una miriade di opportunità di sviluppo tutte in un anacronistico assurdo colpevole stand by. L’aspetto peggiore, mortificante, di tale situazione è che non emergono àncore di riferimento, indirizzi da proporre ed eventualmente sviluppare. L’orizzonte di Manfredonia è pieno zeppo di nebbie da diradare. Si ripropongono i medesimi scenari che hanno mortificato la città da almeno un decennio con un picco paradossale nell’ultimo biennio, spingendola verso un abisso senza fondo. Quel che è trapelato dai vari assembramenti costituiti per preparare l’assalto al Palazzo di Città, non fa presagire niente di costruttivo. Si è in alto mare, o in fondo al mare, su tutti i fronti. Non ci sono persone, di quelle affidabili, oggettivamente responsabili, disposte a mettersi in gioco, a “sporcarsi le mani”. Troppi fantasmi estromessi, di forza e di diritto, da quel potere che non hanno usato con discernimento rivolto al bene comune, si agitano nell’intento di non mollarlo. Anzi! E intanto il tempo stringe. Di nomi che potrebbero far capire Manfredonia dove va, non se ne fanno. Non solo quello che dovrà guidare la nuova formazione amministrativa, ma anche quelli che devono coprire i vari ruoli di governo. Che succeda come per il Carnevale (anche se di Carnevale non si tratta), che alla fine si riesca a varare il bastimento?
di Michele Apollonio