Nel mio isolato esilio ascolto i silenzi, i rumori, i fermenti dei ragazzi che preparano, cibi, vivande, tresche…
E’ Santandunije, da noi: maschere e sune, si diceva… Arriva il Carnevale!, festa di piazza e di popolo, una volta motteggio spensierato, girovagare, girare, abbracciarsi.
Carnevale, rito propiziatorio di una primavera che è già primavera, palindromo, ossimoro, anastrofe, iperbato, “forse perché della fatal quiete/tu sei l’imago”… ze Peppe!: non è una maschera (come erroneamente si ritiene) ma uno zim¬bello, una sorta di “Pasquino”.
Ze Pèppe, cafone degli Sciali, che smaschera i veri cafoni, raffigurato su una sedia spagliata, con un gran fiasco di vino in mano e la lunga pipa in bocca.
Vino e tabacco, unici “ingredienti” per curare la malaria o la pendure (broncopolmonite), di cui egli è afflitto: mirre e trenchéte forte, per annichilirsi.
E a fronte di un sedicente ubriaco od anche di folle enormi di buontemponi che non mostrano rispetto per alcuno, c’era di che preoccuparsi.
E il carnevale sipontino, così, è divenuto anche caccia agli uomini da “smascherare” e non solo da parte degli sgherri politici (cosa che avviene tutt’ora), ma anche da parte delle autorità: le “socie” (i veglioni popolari di una volta, organizzati alla buona in casa), non dovevano stare aperti oltre la mezzanotte.
Il nostro Carnevale era il rito dello svergognamento, e in piazza del Popolo (cassa armonica), cuore della città, il Pasquino sbeffeggiava il potere recitando ‘u calannàrje.
Il povero cristo aveva la possibilità di affrancarsi un debito con la “poppata”, dichiarazione di mancato pagamento verso un maggiorente effettuata sulla cassa armonica, assisa su quella piazza (ora scomparsa… evidentemente dava fastidio), dopo l’emarginazione sulle scale di Teresina (di fronte, sotto Palazzo Mettola “i schéle de Teresine”: miseria più assoluta!).
Oggi è diventato tutto mera invenzione, infima copiatura, fragile e caduca, al cambiare di una presidenza, di un sindaco, di un impiegato, di un capetto, di un capo bastone, di un capo corrente, di un assessore od anche di un onorevole.
U Cumbasse, i Salmune… “…E videmi, e conobbemi e chiamava…” una fatal grazia, una perla del golfo… la Mazziera… Pasquina, 1976: comincia la passione… vederla e tremare… profumo di cipria, di borotalco, coriandoli dappertutto.
Folgorazione, epopea di una festa indescrivibile e sacra alla gens sipontina.
Il Carnevale la festa temuta… Sant’Antonio Abate, metafora della vita, il maialino ammansito ai suoi piedi simboleggia la vittoria dell’eremita contro le tentazioni carnali.
Nell’antica Roma questo periodo era considerato il più folle dell’anno nel quale ognuno poteva dedicarsi allo scherzo e al gioco. L’usanza di mascherarsi e travestirsi fu narrata da Apuleio, che la fa risalire ad una festa celebrata in onore della dea egizia Iside (iconograficamente utilizzata anche dai cristiani) usanza successivamente importata nell’antico regno di Roma e che resiste ancora oggi.
Carnevale, la festa proibita… il Senato romano, nel 186 a.C., dichiarò fuori legge il culto dietro iniziativa di Marco Porcio Catone.
I Baccanali venivano celebrati a Siponto… Vino, cibo, balli…
Non è Carnevale senza gli elementi essenziali dell’esistenza. Dopo tale sentenza del Senatus consultum de Bacchanalibus (186 a. C.), i templi furono distrutti, i capi del culto furono arrestati e i seguaci perseguitati, i beni confiscati.
Da allora in poi si assistette a una evoluzione dei baccanali, che da riti mistici ed orgiastici divennero riti per la semina e la raccolta, mantenendo dunque un significato di fertilità ma limitatamente a quanto riguarda i prodotti della terra.
Quasi per scherzo nel 1995 decidemmo (facevo parte del Comitato… allora mi era ancora permesso! prima di essere oggetto di una fatwā da parte di se… dicenti politici) di dare una edizione al Carnevale di Manfredonia e così sulla Rivista ufficiale apponemmo la data di 1995+186=2181 dei Ludi Sipontini. Siponto divenne Colonia Romana nel 194 a. C. e così i Ludi Sipontini diventarono 2189 (oggi 2218). Ma fu anche il primo anno in cui il Carnevale da Dauno venne chiamato “di Manfredonia…”. Ci costò una denuncia da parte di un “miserabile” rubagalline di allora che sedeva sullo scranno della Domus Palatiata.
E a proposito di galline, in una delibera decurionale, del 5 ottobre 1806, apprendiamo, tra l’altro, che presso il Conservatorio delle Orfane, mercè le buone maestre, si possono manifatturare pasta, panni, carne ed altro.
Una costante è oltremodo il rustico tipico del Carnevale sipontino, la Farrata, preparato sia dai Celestini e sia dalle Clarisse e di cui si hanno continui riferimenti nei “Cibari” dei periodi 1664-1670, 1765 e 1767.
Consuetudine corrente, da parte della Pubblica amministrazione, era fornire la popolazione (la “grassa” cittadina) di animali neri (tipo particolare di maiali), con i quali si potevano preparare i vari ragù e i vari arrosti.
E pure cura dell’Amministrazione era procurare la neve per le bevande da consumarsi nel periodo di Carnevale: neve occorrente al Comune per il Carnevale (1814).
Fra tanta varietà non mancavano i prodotti ricavati dalle seppie: Frutti delle seppie, Garofali e Menne (1775).
Ora mi ritiro nella mia Turris Eburnea… ma si direbbe: “io canto e suono, ma l’innamorata è sorda”. E qui pare che la “sordità” palazzesca abbia fatto purtroppo “sopire” gli “spiriti guerrieri”, che pur non mancano, lasciati a dormire, senza più sogni, senza più spirito agonistico e creativo.
E si dice e si diceva: “abbaste ca facime…” nella mera approssimazione!!!.
Giovanni Ognissanti*
*Giornalista-Pubblicista.
Direttore Editoriale dell’Archivio Storico Sipontino.
Componente del Comitato Carnevale in varie edizioni.
Ideatore dell’attuale formato ed edizione della Rivista del Carnevale nel 1995.
Scrittore di libri, saggi e riviste sul carnevale sipontino.
Presentatore di spettacoli e manifestazioni per il Carnevale Dauno e di Manfredonia.
Ideatore di trasmissioni radiofoniche e televisive sul carnevale.
FOTOGRAFIE:
1, La Rivista del Carnevale del 1995
2, Carro Allegorico del 1995, un esempio di manifattura della cartapesta sipontina
3, un figurante nella sfilata delle meraviglie del 1999
4, Carro Allegorico del 1999
5, Gruppo Mascherato del 1999
Le foto 4 e 5 sono state volutamente scattate con macchina fotografica analogica, con pellicola B/N, in notturna e senza flash.
Foto dell’Archivio Storico Sipontino
CARNEVELE
Carnevéle che sì tu?
fuche de giventù
o tembéste e furore
du core a pprime amore?
Purt’a gioje, na frinesije,
na mujine e n’allegrije…
na priscézze ai criature,
senza scambe pe nisciune.
Vine cume e nu ciclone
e sbatte e vatte custe core…
A chépe già m’aggire…
damme angore nu respire!
Pascalonia