Cosa faccio nella vita? Innanzitutto vivo! Andiamo a scuola dai bambini
di Michele Illiceto
Ieri pomeriggio, mentre a casa stavo guardando lo Zecchino d’oro edizione 2023, a un certo punto si presenta una bambina di nome Matilda, che viene dalla Sicilia. Carlo Conti, prima che cantasse, duettando con lei, a un certo punto le chiede: “Che cosa fai nella vita?”. Tuti ci saremmo aspettati riposte tipo “Vado a scuola”, “Gioco con le amiche”, oppure “Faccio danza”, “Vado a scuola di canto”, o ancora “Faccio sport”, “Vado a sciare”, etc… Ma lei, come solo i bambini sanno fare, con quella spontaneità e anche sincerità e franchezza che li caratterizza, spiazzando tutti, gli risponde: “Cosa faccio nella vita? Innanzitutto vivo”
Subito nello studio televisivo si è sentito un forte boato, uno scroscio di applausi accompagnato da una standing ovation. Anche io a casa, con mia moglie, sono saltato sulla sedia e sono rimasto senza parole.
Quella frase scarna e nuda, lapidaria, mi è apparsa come un fulmine a cielo sereno, Certo, si possono dare di essa tante e variegate interpretazioni. E infatti sui social le persone subito si sono scatenate dopo che in un post avevo fatto alcune riflessioni a partire da quella frase.
Dal canto mio, senza tuttavia forzare il fatto che sia stata detta da una bambina, senza mettere sulla sua bocca cose che forse non era nelle sue intenzioni voler dire, quella frase per me ha assunto ha un valore enorme.
Forse significa che i bambini sono stanchi di vedersi aggiungere cose che prendono il posto di ciò che invece è essenziale. Che forse manca una vera gerarchia delle priorità, una differenza tra ciò che è più importante e ciò che non lo è, o che almeno lo è di meno. Che forse è giunto il momento di smettere dl litigare o farci le guerre per ciò che, invece di aiutarci a vivere, ce lo impediscono, trasformando la vita un inferno.
Bisogna tenere conto che quella bambina non ha detto “Mi limito solo a vivere!”, come qualcuno ha cercato di interpretare, ma che ha detto “Innanzitutto vivo”.
E come se avesse detto, con un linguaggio da grandi: “L’importante è che io ci sia, e che sia quello che sono. Che io abbia la vita e qualcuno che mi vuole bene e non che mi vizi”. E’ come se avesse detto: “In un mondo dominato dagli oggetti, più importanti sono le persone, con la loro unicità e diversità, con la loro irripetibilità”.
Oppure sta a indicare che quella frase Matilda l’abbia detta pensando ai tanti bambini ucraini, palestinesi o israeliani, meno fortunati di lei, i quali non hanno neanche il permesso di vivere. E che ogni giorno il loro primo problema non è quale vestito mettere o a quale corso di danza andare, ma restare vivi sotto le macerie provocate dai tantissimi bombardamenti quotidiani.
Matilda ci ha provocati dicendoci che il primo potere è quello di vivere. Il primo diritto è il diritto alla vita. E che la vita è un dono è un valore che non riceve valore da niente, ma che al contrario, è essa stessa la base di tutti i valori.
E, visto che ci stiamo preparando alla festa del Natale, questa affermazione cade proprio nel momento giusto, visto che il Natale, sia per chi crede che per chi è scettico, comunque nell’immaginario collettivo, resta un grande inno alla vita. Un invito a partire dalle cose semplici.
E, allora, è proprio vero. Mi sa che sa che questa volta dobbiamo andare a scuola dai bambini. Mi sa che come adulti, dobbiamo ammettere che molte scelte sbagliate derivano dal fatto che abbiamo ucciso il bambino che è dentro di noi. E che noi i bambini non li ascoltiamo né lasciamo loro il giusto spazio.
Allora, forse, aveva ragione il rabbi di Nazareth, da Dostoevskij definito “idiota”, il quale, un giorno, in un momento di sana follia, disse. “Se non ritornerete come bambini, non entrerete nel regno dei cieli”. Essere bambini, per entrare dove? Forse dentro di noi. Dentro quella parte di noi che ci invita a un maggiore semplicità ed essenzialità. Dentro il mistero che siamo per noi. Dentro le cose e la bellezza che tutto ciò che è la vita ha per noi e oltre noi! Non per possedere e avere, ma per “essere” senza lasciarsi possedere, ed esercitare la difficile arte del vivere. Difficile certo, ma allo stesso tempo affascinante e intrigante.
Grazie Matlda per questa grande lezione di vita che noi adulti forse non ti abbiamo saputo dare!