Due e di segno contrario, sono i temi saliti prepotentemente sulla ribalta di Manfredonia in questi ultimi giorni: la mobilitazione popolare straordinaria, fragorosa, gratificante contro tutte le forme di mafie, di violenza e sopraffazione; la rissosa, turbolenta, astiosa disputa politica esplosa dopo la caduta dell’amministrazione comunale Rotice. Due aspetti di una realtà che Manfredonia vive con grande affanno e apprensione, sia pure attraversata da una finta leggerezza che distoglie o quanto meno maschera, una concretezza di situazioni al limite delle tollerabilità. Un equivoco di fondo che crea confusione e ipocrite situazioni indecifrabili nelle quali fatti e misfatti si mescolano e confondono. La manifestazione “LiberiAMO Manfredonia” organizzata da “Libera”, fondata e animata da don Luigi Ciotti per condurre la lotta alle mafie, in collaborazione con l’arcidiocesi di Manfredonia-Vieste-San Giovanni Rotondo dell’arcivescovo padre Franco Moscone, è stata una giornata di grande respiro sociale, di fede e di affermazione della volontà popolare di liberarsi di quel cancro che mortifica e uccide, di ragionata speranza di riuscire a rompere i tanti lacci e lacciuoli tacitamente diffusi delle mafie. La città, la popolazione ha risposto nella maniera più massiccia e convinta. Di slancio, come se non aspettasse che quel segnale per scendere per le strade e testimoniare la propria presenza in una impresa ardua ma possibile. Un impegno che è stato gridato a squarciagola, è stato scritto sui tanti striscioni e cartelli, sventolato con le mille bandiere colorate di “Libera”. Al popolo di Manfredonia si sono uniti folte rappresentanze di popolazioni dei centri limitrofi e oltre, a dimostrazione di come Manfredonia sia guardata con attenzione, ritenuta emblematica di situazioni in bilico tra decadimento e rigenerazione. Una giornata appassionata, illuminante di quello che la gente vuole e chiede. Per tanti versi un messaggio di allerta per lo stato di profonda incertezza in cui versa la città e per quello che deve affrontare nei prossimi mesi che sta creando un clima di cupa apprensione. La spettacolare e incoraggiante mobilitazione popolare dei giorni scorsi, se da un lato ha dato dimostrazione delle risorse umane e sociali del popolo sipontino, dall’altro ha messo il dito in una piaga che non si è rimarginata, ma è rimasta aperta e dolente tanto da sanguinare drammaticamente. Per la seconda volta consecutiva e a distanza di meno di due anni, la città è rimasta priva di un suo governo democraticamente costituito. Per le tante cause e ragioni accumulatesi in questo lasso di tempo, quello in carica è stato deposto ricorrendo alle norme previste dal sistema democratico. Una esautorazione maturata alla luce di una gestione della città catastrofica, caratterizzata da episodi che hanno disorientato anche i più ostinati sostenitori della coalizione arrivata a Palazzo San Domenico e dunque cacciate di assessori, scandali vari finiti nelle TV nazionali (non parliamo dei social), conflitti fiscali, crisi a ripetizione (goffe le finte dimissioni del sindaco), e via dicendo su questo passo mentre i problemi cittadini che premevano assillanti, rimanevano pesantemente fuori dalle stanze di governo. Fino alla decisa iniziativa delle opposizioni rafforzate nel frattempo da consiglieri che hanno abbandonato la maggioranza, di porre fine ad un contesto assurdo caotico, fuori della realtà conclamata cittadina, una deriva che ha toccato anche aspetti grotteschi. Uno stato di cose sconclusionato che si è riverberato con accenti ancor più pesanti, indecorosi se possibile, nel dopo caduta del governo cittadino con la stura di una serie raccapricciante e incredibili di accuse che hanno confermato tutte le riserve, anche quelle non rivelate e rilevate, sull’andazzo di una amministrazione che passerà alla storia cittadina come la più disastrosa. Una congiuntura che getta ombre niente affatto rassicuranti sul periodo nel quale si dovranno chiarire tanti aspetti delle prospettive non solo politiche che dovranno occuparsi del prossimo governo cittadino, di restituire a Manfredonia la dignità e il prestigio che gli competono. La presenza di ben tre vice prefette inviate come Commissarie prefettizie, in qualche modo rassicura, ma nel contempo attesta la gravità della situazione.
Michele Apollonio