Di Aldo Caroleo
Come è noto, il bacino archeologico della Siponto Dauna-Romana e Medievale è di straordinaria vastità, ma solo una piccola di tutta questa immensa area è stata oggetto di scavi sistematici. I più evidenti sono quelli dei resti romani e paleocristiani nei pressi della Basilica di santa Maria Maggiore (purtroppo ricoperti per una dubbia scelta di modernismo per far posto ad una struttura in rete metallica ) e qualche altro scavo è stato fatto di recente nell’area del cosiddetto Parco Archeologico di Siponto e nell’area dell’Anfiteatro.
L’altra area, molto vasta ,è costituita dai complessi ipogeici di Capparelli, Minonno, di Santa Maria Regina e di Scoppa I e II (adiacenti alla pineta di Siponto),questi ultimi sono stati ritombati dopo che erano stati ripuliti e resi fruibili anche questi per scelte alquanto discutibili e direi assurde. E questo è un argomento che mi propongo di trattare in un altro mio contributo.
Riprendendo……
Uno degli ipogei di Scoppa, secondo i più (e le fonti parrebbero confermare questa ipotesi) sarebbero i pochi resti di una chiesa paleocristiana del VI Sec. attribuita a Lorenzo Maiorano, che la costruì, “extra moenia” , nel luogo dove egli approdò venendo dall’Oriente, dedicandola ai Protomartiri Stefano a Agata. Resti di mosaico policromo, tipico del V-VI Sec. e basi di colonne, avvalorano questa ipotesi. ( foto mosaico , riscoperto (da me) e poi e poi d nuovo ricoperto).
La Siponto moderna, si può affermare, senza ombra di dubbio è molto vasta essendo stata per secoli la necropoli della Siponto Romana e Medievale nel lato sud est della città, mentre le grotte di Capparelli e Minonno, costituirono la necropoli ad ovest della città .
Quasi tutta l’area della Pineta di Siponto rivela, secondo alcune fonti certe (Mazzei, R.Di Sabato, Mastrobuoni, Labadessa ed altri), la presenza di grotte e sepolcreti, senza contare quelli che sono stati distrutti dalla costruzione delle ville negli anni -’30 e di quelle tombe che si possono vedere semidistrutte dalla costruzione, in questa zona, del Canale delle Acque alte.
Proprio nella zona in cui insiste, su Viale degli Ipogei il complesso Scoppa I, all’esterno si può notare (ai più sfugge), adagiato da secoli sul terreno erboso, un coperchio di sarcofago dalla forma strana e che si distingue dalla tipologia dei coperchi di tombe sia Daune che Romane, rinvenuti da queste parti ,e non solo. Tombe sub divo si possono notare in questa zona.
Questa insolita, misteriosa , copertura a sezione trapezoidale presenta un foro ,passante, posto lateralmente che attesta la consuetudine in alcune popolazioni, di introdurre alimenti dentro la tomba in giorni prestabiliti, con la credenza di una vita oltre la morte. Era il rito del ”Refrigerium.”
Il “Refrigerium” era uno speciale rito antico sulle cui origini non si hanno delle idee del tutto chiare. La parola, negli antichi testi, viene adoperata a volte in senso di ristoro morale e materiale (Tertulliano) che giovano agli indigenti, altre a volte in senso escatologico ( conforto della Sede Celeste), in altre ancora come carattere funerario (sorta di partecipazione o propiziazione e augurio di vita beata).
In pratica si facevano sacrifici e libagioni consistenti nel versare sulle tombe acqua, vino, latte, miele, olio e sangue delle vittime.
I liquidi non bagnavano solo l’esterno del sepolcro, ma non di rado si facevano penetrare all’interno , attraverso un foro passante nella pietra e quindi cospargendo l’inumato.
Come sappiamo, i Dauni (Enchitrimos o a forma di utero) avevano tutt’altra tipologia di tomba, così anche i Greci e i Romani.
Nell’area sepolcrale sipontina, finora, solo questo coperchio di sarcofago ha questa caratteristica.
Altri sarcofagi con queste caratteristiche sono stati rinvenuti in aree ben lontane da Siponto, come ad esempio, nella necropoli ci Cornus in Sardegna , ma anche in Spagna (San Fruttuoso a Terragona) o a Timgad in Tunisia,ma anche in aree Siciliane (Agrigento). (M.Mazzei)
Altra ipotesi è che queste tradizioni di libagioni dopo la morte siano state ereditate dal mondo pagano che sono sopravvissute ed arricchite di significati cristiani. L’esigenza di mantenere un legame con i defunti e il credere che la morte non costituisca l’annullamento della persona, ma il suo ingresso nella vita eterna, spiega l’usanza di depositare, anche in periodo paleocristiano, alimenti davanti alla tomba o, come nel caso del sarcofago sipontino, ad introdurli attraverso un condotto.
Per lo più i cristiani legarono il concetto di ristoro fisico a quello, traslato, del refrigerium spirituale.
Ma l’enigma rimane: forse un’etnia, prima pagana e poi cristianizzata (non Dauna non greca,),proveniente probabilmente da luoghi lontani, si era assestata a Siponto (crocevia di popoli e di culture) e poi, mantenendo i propri usi e costumi, si sia poi cristianizzata.
Solo ipotesi. E questo reperto, unico, maestoso e regale nella sua splendida solitudine sul suo verde letto di erba sembra dirci:
“Vuoi conoscere il mio segreto?…Scava, e troverai”
Aldo Caroleo